XXIII Domenica del Tempo Ordinario – Omelia S.E. Mons. Andrea Turazzi
Savignano Monte Tassi, 7 settembre 2014
“Sono forse il custode di mio fratello?” Sono le infelici parole che ha ucciso il fratello e ha peggiorato la situazione smarcandosi dal dovere dell’assistenza fraterna. L’invito di Gesù alla correzione fraterna ci responsabilizza e ci illumina proprio su questo: “se tuo fratello pecca…”. Gesù vuole che ci prendiamo cura gli uni degli altri anche spiritualmente.
Sull’insegnamento di Gesù è sintonizzata anche una delle sette opere di misericordia: ammonire i peccatori. Chi non lo fa pecca di omissione. Anche nella società civile c’è un reato – perseguibile penalmente – che si chiama omissione di soccorso. Il profeta Ezechiele diceva d’essere stato chiamato da Dio come sentinella per il suo popolo, quindi corresponsabile della sua salvezza. Intendiamoci: sentinella, non spione dei fatti altrui, né inquisitore ma un amico che protegge, che comprende, che perdona, che corregge. La nostra indifferenza e il nostro individualismo sono la causa prima dell’abbandono dei più deboli ai tranelli dei “predatori”. La correzione fraterna è una espressione della carità; è carità raffinata a patto che sia proposta come un sincero atto d’amore: schietto, ma rispettoso. E’ un dovere dei genitori verso i figli, degli educatori verso gli allievi…
Ma Gesù propone qualcosa di più. Propone di guadagnare un fratello! Per questo dobbiamo accostarci agli altri ricordando che tra noi c’è una fraternità che il peccato e l’errore non annullano. Sorprende, l’espressione usata da Gesù: “guadagnare un fratello”; può significare varie cose: prima di tutto la premura che “nessuno di questi piccoli vada perduto” (Mt 18,14) o resti emarginato o estraneo o travolto dal male. “Guadagnare un fratello “è obiettivo di chi vuole spalancare le porte ed allargare il cuore alla accoglienza; “guadagnare un fratello” è un vantaggio anche per se stessi, si è più ricchi! E’ bello chiudere la giornata tenendo stretto nelle mani il grappolo di vita che il Signore ci ha dato. Se manca qualcuno, chiediamo al Signore di offrirci altre chances per riallacciare rapporti. E se questo non sembra realizzarsi affidiamo ogni fratello, ogni sorella, al Signore: nessuno è lontano da lui!
Il peccato altrui rimanda alla nostra personale condizione di peccatori. Non siamo santi che si piegano su un peccatore; ma peccatori che prendono un altro per mano. Non si tratta di togliere la pagliuzza dall’occhio altrui, né di regolare i conti in sospeso… Senza amore sincero, senza umiltà e pazienza, si ottiene il risultato opposto: si perde un fratello anziché guadagnarlo!
Il peccato del fratello può essere motivo di uno slancio di solidarietà. Riflessioni di questo tipo ci aiutano a stare in una condizione di parità e non di giudizio. Ci sono santi che – come Gesù – hanno amato fino al punto da prendere su di sé l’espiazione dei peccati altrui e si sono offerti per essere “membra di redenzione”. La strategia proposta da Gesù ci suggerisce di non lasciare il fratello isolato. Uno degli effetti del peccato è appunto quello di recidere la relazione con gli altri e con Dio. Allora proviamo a creare le condizioni perché il fratello senta la nostalgia e il desiderio della famiglia, della comunità e della relazione.