Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi nella veglia di preghiera per e con i politici
Chiesa dei Santi Pietro, Marino e Leone di Murata, 21 giugno 2014
Gv 13, 1-17
Accade spesso che la parola servizio venga legata al sentimento della tristezza; invece è la gioia la prima caratteristica del servizio: «Il Signore ama chi dona con gioia» (cfr. 2Cor 9, 7).
Anche se il contesto di questa preghiera ci riporta alla fine tragica di una persona molto generosa come San Tommaso Moro e la memoria della Lavanda dei piedi è nel contesto dell’Ultima cena di Gesù, tuttavia vogliamo considerare il servizio come una parola di Vangelo, cioè una parola di gioia (il Vangelo della gioia o la gioia del Vangelo).
Sgombrato il campo da questo “equivoco”, entriamo nella situazione che sta vivendo Gesù la sera della sua Ultima cena. E’ scoccata la sua ora. Colgo due piccole suggestioni. La prima: «è giunta l’ora»; è il momento in cui Gesù raccoglie tutti i suoi insegnamenti, sintetizza tutta la sua vita e sta per consegnare il suo testamento. Quello che sta dicendo è la cosa più importante. Sembra quasi dire “dimenticate tutto, ma questa cosa non dimenticatela”, perché è la mia vita.
La seconda suggestione: «è giunta l’ora nella quale il Padre mi glorificherà»; è il momento in cui il Padre gli dona la sua gloria, gli dona il suo potere. Ma qual è il potere di Gesù? Qual è il momento della sua intronizzazione? Il momento in cui lava i piedi ai suoi discepoli.
Ecco il potere di Gesù: il potere di servire. Gesù ci dà l’esempio. Lo vediamo inginocchiato davanti ai discepoli nell’atto di lavare i loro piedi. E’ un gesto forte di servizio; era infatti il compito dello schiavo, l’ultimo della casa.
E’ un esempio da imitare, perché Gesù dice: “Fate anche voi come ho fatto io”.
Queste sono tra le ultime parole che ha detto. Ci coinvolgono. Coinvolgono proprio noi che siamo qui, sia le persone credenti sia quelle di altra convinzione (che ci onorano della loro presenza). E allora, coerenza vuole che ci laviamo i piedi l’un l’altro. E’ ovvio, non si tratta di riprodurre il gesto alla lettera, ma domandiamoci: siamo disposti a lavare i piedi, a metterci sinceramente in relazione di servizio con chi ci passa accanto con i suoi problemi concreti, con la sua povertà, con la sua fragilità? C’è la politica grande, statale, ma c’è anche il rapporto quotidiano con chi ci è più prossimo.
Gesù ci chiama al servizio.
Esistono servizi sociali, associazioni politiche e umanitarie, forme organizzate di volontariato. Essi stanno a ricordare a noi cristiani che non siamo per forza tra i migliori o migliori degli altri.
Qual è la modalità di servizio che chiede Gesù? Gesù chiede di fare come ha fatto lui, chiede di assumere il suo essere totalmente “fuori” di sé, il suo essere totalmente donato per servire l’uomo, tutto l’uomo. Gesù chiede di continuare la sua incarnazione anche oggi per l’uomo d’oggi. Questa è la forma della politica.
Poi c’è il mistero di Giuda. Giuda tradisce la fiducia posta in lui, passa sopra ad ogni scrupolo, mercanteggia… verrebbe da dire “come è possibile?”, Giuda è stato con il Maestro per tre anni, ha mangiato con lui, era entusiasta di lui, ha avuto compagni di viaggio uno più generoso dell’altro… La tentazione è sempre in agguato. Accade che si metta a tacere la coscienza, che allo spirito di servizio subentri l’avidità e all’ideale la corruzione. La corruzione politica esiste, almeno come accusa; è un fenomeno doloroso. Allora noi siamo chiamati a metterci di fronte a questa realtà con spirito evangelico. Come va combattuta? Non dobbiamo aver la pretesa di una società assolutamente perfetta… è utopica, per far riferimento ad un libro scritto da San Tommaso Moro intitolato: Utopia. Però chiediamo un impegno rinnovato per contrastarla. Non ci si può esonerare dalla denuncia del male, soprattutto quando danneggia gli altri, quando ferisce la verità, quando opprime l’innocente e con arroganza calpesta i diritti altrui. Anche la neutralità, in certi casi, è complicità.
E’ sbagliato anche l’atteggiamento di chi pensa che tutti siano corrotti – non è vero, tutti conosciamo carissimi amici che si comportano con rettitudine, per i quali nutriamo stima e riconoscenza. A parte che Gesù ha detto «chi è senza peccato, scagli la prima pietra» (cfr. Gv 8,7). In quella circostanza se ne andarono tutti.
Credo sia pericolosa la forma indiscriminata di critica che genera fatalismo e rassegnazione. E’ importante, a questo proposito, usare un linguaggio attento, serio, non irresponsabile.
Infine vorrei cantare – se fossi capace – i verbi (ben sette) che descrivono minuziosamente l’atteggiamento di Gesù Servo con tutta la simbologia che vi sta dietro: si alza da tavola, depone le vesti, prende un asciugatoio (l’attrezzo che connota il servitore), se lo cinge, versa acqua (per purificare), comincia a lavare, asciuga.
Il servizio comporta dedizione fino alla dimenticanza di sé (in vista del bene). Nel servizio c’è sempre un aspetto di gratuità, intesa come atteggiamento del cuore – anche se, nel caso della politica, la persona va remunerata – e si guarda al raggiungimento della giusta causa anche se c’è da fare un passo indietro, da non far comparire la propria firma, purché vada avanti l’ideale. E poi, quando si è fatta la propria parte, si esce di scena, si ha il coraggio di dire: “missione compiuta”, “servi inutiles sumus”(cfr. Lc 17,10). Certo, chi riceve una delega, ha una responsabilità in più. Inoltre, bisogna mettere in conto, insieme al sacrificio, la possibile ingratitudine. Ma – riprendendo ciò che è stato detto all’inizio – è bello pensare al servizio come gioia, perché un servizio intelligente è sempre fatto “a corpo”, insieme.
Allora, stasera, accogliamo le parole di Gesù: «Avendo amato i suoi, li amò sino alla fine» (cfr. Gv 13, 1). L’amore chiama amore.