Quando si fa strada insieme
9 settembre 2017
Suor Lucia, una delle veggenti di Fatima, non è assolutamente contenta della scultura in cedro del Brasile che Josè Ferreira Thedim ha realizzato sotto sua dettatura. È una statuetta di appena un metro e qualche centimetro, che dal 1920 è stata collocata nel luogo stesso delle apparizioni. A darle valore è certamente il richiamo simbolico, ma sul posto ci si rende conto, come quell’immagine sia – per così dire – rivestita dei milioni di sguardi fissi su di lei. Anche tra i nostri pellegrini c’è chi l’ha guardata con le lacrime agli occhi e chi ha prolungato il suo sguardo quasi in contemplazione. È questione di fede: non ho visto effetti speciali. È tutto molto semplice. Anche il territorio attorno a Fatima appare come Nazaret, luogo dell’incarnazione. Protagonisti tre fanciulli, ignari di quello che sarebbe accaduto. La Via crucis che abbiamo percorso si snoda fra i campi. Un po’ d’ombra te la offrono gli ulivi che qua e là son cresciuti sul margine della strada.
Le tre giornate di Fatima stanno per concludersi. Oggi, sulla via del ritorno, incrociamo una lunga carovana di pullman che salgono a Fatima. Impariamo che sono oltre 550 (nell’anno del centenario si calcola l’arrivo di 8 milioni di persone).
Qualcuno insinua che a Fatima si concentri un cattolicesimo tradizionale, luogo di devozione popolare soltanto. Sì, c’è un popolo intero: famiglie, gruppi di ragazzini, preti rigorosamente in tonaca nera nonostante il caldo, preti più sbarazzini, persone che esibiscono senza complessi il loro entusiasmo, altre più compassate. Ci sono anche i turisti e i curiosi. È uno spaccato del popolo di Dio in questi giorni difficili.
La liturgia è semplice ma molto curata, rigorosamente conciliare. Le preghiere, ripetute in molte lingue nazionali, non ti danno la sensazione di una Babele, semmai di una Pentecoste. Il repertorio dei canti si aggiorna, ma di frequente rispuntano le intramontabili diciotto note dell’Ave Maria di Fatima che poi continuano a risuonarti e ad accompagnarti dentro. Ho imparato – non me n’ero accorto – che molti del nostro gruppo, la mattina presto vanno alla cappella delle apparizioni per un saluto più intimo alla Madonna di Fatima (prima ancora della colazione che viene servita puntualmente alle 6.30). Domando che cosa dicono, che cosa chiedono alla Madonna. Raccolgo qualche confidenza e qualche confessione. Un’amica mi riferisce d’aver sentito in tutta la sua verità la frase di Gesù a Santa Caterina da Siena: «Mi sei piaciuta soprattutto quando eri senza parole, in silenzio davanti a me».
In compagnia di una guida italo-portoghese abbiamo la possibilità di capire qualcosa della storia e della civiltà lusitana (del Portogallo) e del cammino contorto che l’ha resa una potenza tra le più importanti dell’Europa, aperta a quella che viene chiamata la stagione delle scoperte (attenzione, ripete la guida, è riduttivo parlare di scoperta dell’America). Abbiamo tempo per visitare due straordinari edifici religiosi, due chiese esempio del gotico cistercense: si slanciano per oltre cento metri con fasci di colonne che ne aumentano il misticismo. Misticismo, austerità, bellezza: uno shock per tutti!
Poi chiudiamo con una visita veloce alle città regali Coimbra e Oporto. Intanto la compagnia è sempre più coesa. Succede sempre quando si fa strada insieme. Ma qui c’è di più. Lo si è sperimentato nei momenti di comunione d’anima. Ti accorgi allora di come si vive della fede degli altri e si mette a disposizione la propria.
L’ultimo atto in terra lusitana è la Messa: c’è il Vangelo che riporta la promessa di Gesù: «Dove due o più sono uniti nel mio nome io sono in mezzo a loro». Noi ne abbiamo fatto esperienza.
+ Andrea Turazzi