Omelia XXXI Domenica del Tempo Ordinario
Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi
Stellata di Bondeno (Fe), 30 ottobre 2016
La conversione di Zaccheo è tutto un gioco di sguardi. Che cosa è più efficace di uno sguardo? Che cosa è più fulminante di un’occhiata? Chi può misurare il voltaggio che sprigiona da occhi sdegnati, innamorati, stupiti, compassionevoli? Zaccheo è come me, piccolo di statura; eppure non rinuncia a cercare Gesù. Guarda tra le frasche del sicomoro. Il suo sguardo assomiglia a quello audace dei magi che cercano la traiettoria di una stella sperduta nel cielo d’oriente perché li introduca alla corte del Re Messia. C’è anche lo sguardo notturno di Nicodemo che voleva indagare senza farsi vedere. Anche Erode cercava di vedere Gesù. Gesù gli viene condotto incatenato; e delude perché non dà spettacolo, esibisce soltanto i lividi delle percosse ricevute e le catene. Almeno Zaccheo ha fatto la fatica di arrampicarsi su un albero, ha rischiato la reputazione di capo dei pubblicani comportandosi da ragazzino. Erode aspetta a casa sua, senza muovere un passo, senza mescolarsi tra la folla sudata e impolverata. C’è lo sguardo di Gesù che snida il pubblicano e vede in lui tutto il positivo. C’era tanta gente in quell’assolato viale di Gerico (città delle palme) ma Gesù vede soltanto Zaccheo. Il suo sguardo penetra e non fa male. Al contrario: va in profondità, oltre la maschera imposta dal peccato. E’uno sguardo che sorprende, turba, disarma, conquista, abbraccia, converte. E’ uno sguardo che cambia e fa crescere come la luce e il calore del sole; è già oltre i preliminari ed è bacio! Perdona preventivamente, prima che Zaccheo offra garanzie di conversione. Chi non si lascerebbe conquistare da uno sguardo così?
Potrei sintetizzare così il percorso della nostra meditazione.
C’è uno sguardo che cerca: non è solo curiosità. Zaccheo vuole sapere chi è Gesù. Il suo è lo sguardo di un cercatore di Dio. L’emarginazione religiosa e sociale in cui vive non ha spento in lui l’aspirazione a qualcosa di più grande. Il suo voler vedere Gesù è, in qualche modo, già fede. Come Nicodemo cerca nel buio della sua esistenza.
C’è uno sguardo che fa esistere: è lo sguardo di Gesù che non giudica e non condanna, ma scende nel profondo della creatura che ha davanti e vede il suo disagio e la sua speranza. Gesù non vede il peccatore che è stato (il suo passato), ma il santo che è chiamato ad essere (il suo futuro).
C’è infine uno sguardo trasfigurato: è quello di Zaccheo. Sembra l’unico fra tanti a vedere la vera identità di Gesù Salvatore della sua vita. Immediatamente Zaccheo vede fratelli al posto di clienti, amici al posto di concorrenti. Ecco il miracolo! Un orizzonte nuovo si è dischiuso davanti a lui.