Omelia XV domenica del Tempo Ordinario

Omelia nella Chiusura della Visita Pastorale
nella parrocchia di Casteldelci

Senatello, 15 luglio 2018

Am 7,12-15
Sal 84
Ef 1,3-14
Mc 6,7-13

(da registrazione)

Contraccambio le parole del diacono Antimo per ringraziare e salutare tutti voi. Un saluto particolare al signor Sindaco che rappresenta la cittadinanza di questo vastissimo comune. Ringrazio dell’accoglienza. Ringrazio il coro che ci sta aiutando nella preghiera.

1.
Il Vangelo che abbiamo ascoltato incrocia la mia vita, la mia storia. Gesù chiama a sé e poi manda nel mondo. Ecco, modestamente, con i miei pochi mezzi, sono stato chiamato dal Signore e mandato a “fare strada” (gr. odon poiein): non solo a camminare – come diremmo in italiano –, ma anche letteralmente a “fare strada”, perché a volte bisogna “farsi strada” in mezzo ad un bosco o ad un territorio difficile. Quando il Signore chiama – questo vale per ognuno di noi – ti fa sentire nel cuore che ha una certa confidenza con te; non ti chiama per cullarti ma per mandarti a “fare strada”. “Fare strada” non va inteso in termini di chilometri, perché anche quello che si vive in casa, nelle piccole o grandi aziende, nella scuola, nella famiglia, è tutta “strada” che si fa, “strada di dentro”, cammino interiore. Anche un perdono esige un cammino interiore profondo, anche le diversità di opinione, di sensibilità, esigono che dentro si faccia strada per incontrarsi. Il Signore chiama per farci “fare strada”, per indicarci un cammino. Il cammino è il futuro, è creatività, è generatività. Il Signore toglie dalla situazione di “panchinaro”, per metterci in azione.

2.
Come manda il Signore il suo camminatore? Il Signore non manda mai navigatori solitari, li «manda due a due», perché a parlare non siano le parole, ma la testimonianza della carità reciproca. Due a due, insieme, facendo comunità. Li manda con un equipaggiamento molto leggero; le uniche eccezioni consentite sono il bastone e i sandali, già un’allusione alla missione fuori da Gerusalemme. Questo testo, dunque, non è antichissimo, è già in una fase di sviluppo del cristianesimo, fuori da Gerusalemme e dalla Giudea. Lì occorreva andare col bastone per tanti motivi, per sorreggere il passo, come gli amici sorreggono il cuore. L’equipaggiamento è molto leggero, perché il Signore vuole che la Parola che viene annunciata si imponga da sé; non sono i mezzi, le attrezzature che rendono convincenti, neanche la cultura del predicatore, che pur deve esserci. Il Vangelo farà breccia non sui mezzi. Un minimo di mezzi di sussistenza è necessario, ma anche se avessimo tutti i network del mondo e se avessimo la possibilità di esibire ricchezze, non per quello il Vangelo prenderebbe piede. Il Vangelo attecchisce di per sé, per la sua forza interiore, ma anche per la testimonianza. Quindi, la prima predica, la più convincente, è la propria povertà. Il Signore, nonostante i nostri dubbi, le nostre fragilità, le nostre fatiche, dice: «Vai!».

3.
Dove ci manda il Signore?
Gesù Risorto dirà: «Andate in tutto il mondo a predicare il Vangelo» (cfr. Mc 16,15). Ma voglio sottolineare una frase di questo Vangelo in cui Gesù dice di andare «nella casa». La casa anche storicamente fu il luogo dove il cristianesimo è nato. «Si radunavano nelle case» (cfr. Rm 16,3-5). Alla chiusura della Visita Pastorale posso dire, dopo aver girato molte case dove ci sono anziani e ammalati, che la casa è il luogo dove il mistero di Gesù morto e risorto è quanto mai significativo, spiega la nostra vita, perché dire “Gesù morto e risorto” in moneta corrente è dare la vita, è l’amore che passa attraverso il dono di sé. Potremmo anche dire attraverso “la morte” di noi stessi, come dice la parola del Signore: «Siamo passati da morte a vita», la risurrezione, non solo alla fine, quando Dio vorrà che ci sia la grande risurrezione, ma in ogni attimo «passiamo dalla morte alla vita» quando amiamo i fratelli (1Gv 3,14). «Siamo passati dalla morte alla vita perché amiamo»: questo vorrei lasciarvi come ricordo della Visita Pastorale.
Sulla Terra stiamo per arrivare a 8 miliardi di esseri umani: 8 miliardi di bocche da sfamare, ma anche 8 miliardi di cervelli e di cervelli connessi fra loro. Che potenza! Bisogna che questi 8 miliardi di cervelli siano indirizzati verso il bene, verso l’amore.