Omelia XIX Domenica del Tempo Ordinario
Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi
Dovadola (FO), 9 agosto 2015
Celebrazione in ricordo della Venerabile Benedetta Bianchi Porro
1Re 19,4-8
Sal 33
Ef 4,30-5,2
Gv 6,41-51
Stiamo leggendo un’altra pericope del lungo discorso sul pane della vita tenuto da Gesù nella sinagoga di Cafarnao (cfr. Gv 6). Gesù afferma chiaramente di essere il pane adatto e indispensabile per la fame dell’uomo. Una pretesa? Il pane che ha saziato i cinquemila è solo un segno della risposta alla nostra fame di senso, di futuro, di autenticità. Persino i vuoti di Dio (dubbi, inconsistenze, fragilità, peccati), se offerti umilmente come “ceste di fame” diventano vuoti per Dio che Gesù colma con sovrabbondanza (sono rimaste dodici ceste di pani avanzati!).
Ma gli ascoltatori sono scettici. Vedono Gesù come uno di loro, profeta – senza dubbio – dotato di poteri particolari (hanno assistito alla moltiplicazione dei pani), ma pur sempre un uomo. Ne conoscono le umili origini, il padre e la madre. Come può dire: Sono disceso dal cielo? Gesù tana il mormorio sommesso dei suoi ascoltatori: non mormorate, dice. La prima forma della mormorazione è il chiacchiericcio alle spalle di qualcuno come indisponibilità a fidarsi. Mormorazione (ed è quella cui fa riferimento l’evangelista) fu quella degli Ebrei nell’Esodo, scontenti persino del dono quotidiano della manna. Mormorazione è l’incredulità dei contemporanei di Gesù di fronte alla sua pretesa di venire dall’alto: una pretesa “eccessiva” a riscontro della sua così umile e normale condizione.
La manna è il dono di Dio che fa seguito alle proteste di un popolo dalla dura cervice; eppure questo dono ha permesso agli Ebrei di sopravvivere per quarant’anni nel deserto. Ma la manna non era che un’immagine del vero pane che viene dal cielo: dono totalmente gratuito di Dio. Questo pane è Gesù. Nutrirsi di questo pane vuol dire credere in lui, nutrirsi della sua Parola e della sua Eucaristia. Come la manna doveva essere raccolta e consumata in giornata, così ci è chiesto di nutrirci del pane di vita ogni giorno… anche nei giorni della vacanza!
Gesù sta parlando anche a noi ed alla nostra scarsa fiducia nel credere che lui veda, venga e possa cambiare le cose… Gesù invita alla fede: Credete in Dio e credete anche in me. Così dicendo, si colloca nell’ambito concreto della relazione e dell’amicizia, come facciamo anche noi quando, amando una persona, gli diciamo: io ti amo e so di amarti. Non ci sono prove “scientifiche”. Tutto si gioca sulla fiducia. La risposta di chi si fida è la gratitudine. Il salmo 32, che preghiamo nella liturgia di questa domenica, è uno stupendo rendimento di grazie sulle labbra di chi non è stato deluso. E’ la preghiera di un cuore colmo di Dio: Benedirò il Signore in ogni tempo, la sua lode per sempre sulle mie labbra… Gustate e vedete – continua – come è buono il Signore. È un invito a sperimentare il sapore di Dio attraverso la dolce energia che ci comunica, la pace che ci infonde. Affamati, siamo stati saziati. Saziati, gustiamo. Il Signore è buono! Buono come un pane fresco. Buono come un sorso d’acqua pulita. Buono come un’amicizia schietta e sicura.