Omelia V domenica di Quaresima – Funerale di Andrea Dini
Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi
Macerata Feltria, 2 aprile 2017
Funerale di Andrea Dini
Ez 37,12-14
Sal 129
Rm 8,8-11
Gv 11,1-45
Anche se fisicamente siamo a Macerata Feltria, proviamo ad immagine di essere a Betania, il villaggio distante da Gerusalemme tre chilometri appena. Betania è, anzitutto, il luogo dove si piange, dove si vive un grande dolore. È anche il luogo dove si protesta e per ben due volte: sia Marta che Maria rimproverano Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Eppure Marta si sbaglia, Gesù non ha detto che Lazzaro non sarebbe mai morto, ma che non sarebbe morto per sempre.
Oggi siamo qui con un grande peso nel cuore, paragonabile alla grossa pietra che stava davanti al sepolcro di Lazzaro. E chi può muovere quella pietra? Soltanto un Dio!
Mi ha commosso il vostro parroco, don Graziano, che per l’emozione non riusciva a terminare la lettura del Vangelo. Ho visto come vuole bene ai suoi ragazzi.
Anch’io soffro con voi sotto questo peso e, quando si è schiacciati da un masso, non si sussurra, si urla. Ma con tutte le mie forze accetto la sfida di Gesù, quando mi dice: «Tuo fratello vive». Mi succede spesso, durante le mie giornate – permettete la confidenza – di dar credito alle sue parole; per esempio quando dice: «C’è più gioia nel dare che nel ricevere» (At 20,35), oppure: «Non c’è amore più grande che dare la propria vita» (cfr. Gv 15,13), «Voi siete il sale della terra» (Mt 5,13). Credo alle parole di Gesù – ahimè ad intermittenza – ma ogni volta constato che sono vere; vedo che è proprio come dice lui. Allora perché non dovrei credergli in una cosa di così grande importanza come quella che stiamo vivendo in questo momento? Vedo che Gesù non fugge la sofferenza, ma non si lascia imprigionare da essa. Altrettanto domanda a noi.
Betania è anche il luogo dove si consola. A casa di Marta e di Maria ci sono tante persone, come oggi qui. Sebbene sia una bellissima domenica di primavera, in una vallata stupenda, anche i ragazzi hanno preferito essere qui; non per curiosare, non per chiacchierare, ma semplicemente per essere vicini, consapevoli che nessuno potrà mai rimpiazzare quel posto rimasto vuoto. Siamo tutti qui per aiutarci. Vorrei rappresentare, come fanno i registi, in modo plastico, la scena di Gesù in uscita verso Betania. Anche lui va per consolare. Vorrei fare delle zoomate su ciascuno dei gradini che portano Gesù all’incontro. Prima Gesù sembra tergiversare; poi decide di andare quando gli sussurrano che ormai è inutile, perché è già accaduto tutto. Gesù si avvicina a Betania, affrontando il rischio della cattura, nonostante gli apostoli gli suggeriscano di essere prudente. Non ha paura di andare dove si piange, affronta la disperazione. Si fa condurre al sepolcro. Fa togliere la pietra. Vince anche le riserve della famiglia: «È già lì da quattro giorni». Gesù compie dei passi anche dentro di lui. Lazzaro era suo amico. Di per sé, la parola “Lazzaro”, nella lingua ebraica, significa “Dio soccorre”, ma, quando gli mandano a dire che l’amico è malato lo chiamano “Colui-che-tu-ami…”. E Gesù piange. Discende gradino dopo gradino, s’avvicina sempre di più. Gesù c’è, si fa trovare al momento buono, arriva sempre in tempo.
Vorrei anche raffigurare il cammino che fanno le persone verso Gesù. Betania è il luogo dove si sente l’annuncio della risurrezione, della vita che non finisce. Lazzaro è stato rianimato, poi è morto di nuovo. Il segno compiuto da Gesù indica un’altra realtà futura: la risurrezione. Marta va per prima incontro a Gesù; Maria, che è in casa, come morta per il dolore, si mette in cammino appena sente che Gesù sta arrivando al villaggio; allo stesso modo i cittadini di Betania e gli apostoli; Tommaso, che all’inizio del brano aveva detto a Gesù di non andare in Giudea perché correva rischi, successivamente, con una velata rassegnazione, decide: «Andiamo anche noi a morire con lui!». Dunque, anche nelle persone vicine a Gesù c’è fatica, c’è cammino, c’è desiderio e, nello stesso tempo, la razionalità che frena e fa rallentare. Infine avviene l’incontro tra Gesù, che è disceso dove c’è il pianto, e le persone che salgono con la loro flebile fede. Siamo nel cuore del Vangelo. Gesù dice: «Io sono la risurrezione e la vita». E ripete oggi anche a noi il dolce rimprovero rivolto a Marta: «Non ti ho detto che se credi vedrai la gloria di Dio?».
Ecco la nostra Betania. Anche noi aspettiamo Gesù. Ora è qui; vogliamo incontrarlo: «Signore, fa che ogni giorno impariamo a morire e a risorgere». Quando si ama in qualche modo si muore a se stessi per far spazio all’altro; questa dinamica ci prepara alla vita per sempre con il Signore.