Omelia V Domenica di Quaresima

Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi

Cappella del vescovado, 13 marzo 2016

Is 43,16-21
Gv 8,1-11

Anzitutto oggi vogliamo ricordare il terzo anniversario della elezione di papa Francesco al soglio pontificio. Ringraziamo il Signore per il dono di questo papa alla Chiesa. Proprio ieri, una rappresentanza della nostra Diocesi lo ha incontrato durante il pellegrinaggio giubilare a Roma. Papa Francesco ancora una volta ci ha raccomandato l’amore che si fa servizio, mettendoci di fronte all’icona di Gesù che lava i piedi agli apostoli. C’è un servizio a cui siamo particolarmente chiamati; è il servizio del perdono: lavarci reciprocamente i piedi (cfr Gv 13,1-ss). Tema che possiamo ben collegare con i testi della liturgia odierna.
Siamo nella domenica in cui contempliamo la «Misera e la Misericordia» una di fronte all’altro: l’adultera restituita ad un amore diverso e più grande e il Signore Gesù. Un messaggio forte per tutti noi: avere fiducia, non guardare a noi stessi, contare su di Lui. E’ la domenica nella quale risuona l’appello consegnato al profeta Isaia per tutti noi desiderosi di un nuovo inizio: Non ricordate più le cose passate… Ecco io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? (Is 43,19).
Gustiamo interiormente i verbi attorno cui si condensano le frasi del Vangelo: nutrono la preghiera. Il verbo esprime l’azione compiuta dal Soggetto (“Soggetto” con la maiuscola: è Gesù!). Esemplifico col brano di questa quinta domenica di quaresima.

* Gesù scrive col dito per terra. E’imbarazzato, ma non per la donna che gli sta di fronte; semplicemente non vuole incrociare gli sguardi che giudicano e accusano; non sopporta gli sguardi di morte. Il gesto dello scrivere per terra allude ad un oracolo: Sarà scritto sulla polvere chi si allontana da te, Signore (Ger 17,13).
* Di nuovo si china. Responsabilizza i presenti. Sono sotto il giudizio di Dio: Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra. Anche per loro Gesù è salvatore: Non giudicate per non essere giudicati (Mt 7,1). Cadono le pietre dalle mani.
* Si alza. E’ rimasto solo con la peccatrice. Si alza come si fa davanti ad una persona attesa e importante. Che cosa vede nei suoi occhi? La paura? La vergogna? La speranza?
* Le parla. Nessuno, fino a questo punto del racconto, ha parlato alla donna o le ha chiesto qualcosa. La chiama «donna» (come quando si rivolge a sua madre). In lei, prima della peccatrice, vede la creatura, fragile certo, ma vera, che vuole vivere ed è capace di amare molto. Gesù non la condanna, non per depenalizzazione dell’adulterio che resta tradimento, ma perché quella donna non è il suo errore.
* Va’ e non peccare più. Toglie la donna dal suo passato e la restituisce al futuro, ad un pulito e nuovo progetto d’amore. Va’: devono ripartire la vita e il futuro da quel grembo. Ciò che conta, adesso, è andare (il Vangelo usa molte volte questo verbo: va’ e vendi quello che hai; va’ a riconciliarti col tuo fratello; va’ dai miei fratelli e dì loro…). Chiudo con una preghiera ritagliata da un giornale: «Non darmi, Signore, l’innocenza: è un miracolo che non so portare; conservala per i tuoi santi che sanno custodirla senza orgoglio. A me concedi la grazia di vederti mentre ti alzi in piedi davanti a me e mi parli, l’umiltà di lasciar cadere di mano tutte le pietre che avevo preparato, la gioia di sentirmi perdonato da te. E non lancerò mai più pietre» (E. Ronchi, Avvenire, 2007).