Omelia Solennità Epifania del Signore

Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi

Cattedrale di Pennabilli, 6 gennaio 2015

 
Dio disse ad Abramo: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci» (Gn 15,5). Un amico astronomo mi ha detto che se ne contano 400 miliardi solo nella Via Lattea. Ma si tratta di un numero approssimativo. Incanto davanti al cielo stellato in queste serene notti d’inverno e incanto davanti al Bambino su cui si è posata la stella a Betlemme… Un’estasi vissuta dagli antichi astronomi, dai poveri pastori e dai poeti d’innanzi allo stesso cielo stellato. Baruc, un profeta dell’esilio, vede le stelle danzare di gioia: Le stelle brillano dalle loro vedette e gioiscono; il Signore le chiama e rispondono: «Eccoci!» e brillano di gioia per colui che le ha create (3,34-35). Isaia precisa che il Signore le chiama tutte per nome e nessuna manca all’appello (cfr. Is 40,26). Come si chiama la stella dei Magi? Troviamole un nome.
Io la chiamo Stella dei cercatori. Possono vederla quelli che, senza restare impigliati nel fare, sanno alzare gli occhi al cielo. É una stella fatale, che mette in cammino. Irresistibilmente. Assomiglia tanto al desiderio che ti lascia inquieto finché non trova riposo.
Per i Magi il cammino fu reale non metaforico. Hanno macinato molta strada; hanno fotografati, nella mente, tanti paesaggi. Dall’Oriente a Betlemme. Andata e ritorno. Hanno messo in moto non solo piedi e gambe, ma anche la mente e il cuore. É probabile non sia mancato chi s’è preso gioco di loro e della loro improbabile “storia di stelle”. Tanta strada per cosa? Non porteranno a casa né oro, né avorio, né marmi preziosi; troveranno solo terra sabbiosa e riarsa.
E poi non è l’Oriente la culla della luce? Perché cercare in Occidente?
Ma chi cerca trova, anche se può succedere di sbagliare. Ai Magi è capitato. All’inizio hanno mancato il bersaglio: credevano d’essere arrivati alla città del Messia, ma Betlemme era oltre, nella campagna. A Gerusalemme sono saliti a Palazzo, dove stanno quanti vestono in morbide vesti (cfr Mt 11,8) mentre il Bambino che li attende è adagiato sulla paglia. Incautamente interpellano Erode, la corte e i sacerdoti del tempio anziché interrogare i pastori. Errare humanum est! Hanno l’infinita pazienza del ricominciare. Interrogano di nuovo le Scritture e la Stella. Confermo: chi cerca trova e chi trova non smette di cercare; per chi trova, infatti, è molto importante anche il ritorno: è strada nuova, perché l’incontro li ha fatti nuovi. «Per un’altra strada fecero ritorno al loro paese». E noi? Come torniamo dal presepio?