Omelia per la Festa della Presentazione del Signore

Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi

Chiusura dell’Anno dedicato alla vita consacrata

Cattedrale di Pennabilli, 2 febbraio 2016
Ml 3,1-4
Sal 23
Lc 2,22-40

Celebriamo di cuore, con tutto il cuore, questa festa: la presentazione del Signore al tempio, Giubileo dei consacrati, nel giorno che conclude un anno intero dedicato a loro, alla loro vita e alla loro missione nella Chiesa e nel mondo.
Indico tre parole che ritornano nella liturgia; tre parole da portarci a casa: presentazione, purificazione, sacrificio.

  1. Celebriamo con la nostra luce (quella che portiamo nelle nostre mani), quella della fede e dell’amore, la rivelazione del Signore-luce, tutto luce, gloria di Israele, «luce delle genti»! Egli viene presentato dalla Vergine Madre. E si presenta nel tempio in sacrificio, sostituito, allora, dal sacrificio di una coppia di tortore o di giovani colombi. Si presenta al sacrificio e, sulle labbra di bambino, possiamo raccogliere le parole (senza parole!) del Salmo ripreso dalla Lettera agli Ebrei: «Tu non hai voluto né sacrificio, né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti, né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: “Ecco, io vengo… per fare, o Dio, la tua volontà”» (Ebr 10, 5ss).
  1. Egli viene per purificare. La purificazione è azione di misericordia, perché di noi si prende cura. «Purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possono offrire al Signore un’oblazione secondo giustizia» (Mal 3,3). Egli è fuoco purificante, fuoco che brucia le scorie perché l’oro risplenda. Prima, però, vuole assimilarsi a noi che dobbiamo essere purificati e – pur non avendo peccato – accosta noi peccatori, mangia e beve con noi. «Gesù sorprende i suoi ascoltatori. Turba e disarma il peccatore. Converte, conquista, fa crescere e abbraccia. È un crescendo. Così è stato con Levi Matteo, intento al suo compromettente lavoro di esattore di tasse; con la donna silenziosa che non smette, riconoscente, di baciargli i piedi, di bagnarli con le lacrime e di asciugarli coi capelli. Così è stato con Zaccheo, scovato, tra le foglie della sua curiosità, al passaggio del Maestro, poi suo ospite; così con Maria di Magdala, la discepola dalla quale erano usciti sette demoni; così con l’adultera, rimasta sola con Gesù; così col ladrone canonizzato all’istante: «Oggi sarai con me in Paradiso»! (dalla Lettera pastorale del Vescovo Andrea per l’Anno Giubilare 2016, p.10).
  1. Come si compie la sua purificazione? Può essere sintetizzata così: dalla “condiscendenza”, cioè dal suo “abbassamento” (cfr. Fil 2,6ss), al dono di sé, al sacrificio! Il sacrificio di Gesù è il dono che fa di sé. «Poiché dunque i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe, per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, (…). Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura. Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo. Infatti, proprio per essere stato messo alla prova e avere sofferto personalmente, egli è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova» (Ebr 2,14-18). In tal modo, egli, che è puro, purifica: purifica perché fuoco d’amore; purifica perché purificato dal dolore. Egli, che è luce, illumina e trasforma in luce. Quella luce che il vecchio Simeone vide e da cui fu avvolto e invaso al termine della sua vita: «I miei occhi han visto… » la luce! (Lc 2, 32).
  1. Questa è la presentazione di Gesù, quella che Gesù fece di sé; quella che Maria fece di Gesù, quella che, nel giorno della sua purificazione legale, la Madre fece nuovamente di sé (secondo un’antica tradizione, era già stata presentata al tempio). Questa presentazione di Gesù e di Maria, oggi si attualizza ancora tra noi, in forme diverse ma con sostanza unica. I religiosi e le religiose, tutti i consacrati, che vivono e operano tra noi, nella nostra diocesi, rinnovano insieme il dono della loro professione e vengono ripresentati al Signore, a Cristo, Cristo sposo, come Chiesa, come “vergine casta” (2Cor 11,2). E noi tutti, fedeli e battezzati, siamo chiamati a offrirci in coerenza con la dignità del sacerdozio regale e della missione affidataci. Ricordate San Pietro? «Quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo» (1Pt 2,5). E San Paolo: «Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale» (Rom 12,1). Cogliamo la grazia che ci viene offerta di rivivere la nostra presentazione al tempio: «Signore, siamo qui alla tua presenza. La tua misericordia ci avvolge come una marea di luce e di grazia». A nostra volta ci dichiariamo disponibili, con le opere della misericordia, ad andare verso i fratelli. Dio voglia che tanti giovani sappiano ascoltare la voce del Signore e impegnarsi con colui, servire il quale è regnare e consumarsi così per la vita del mondo (cfr. Gv 6,51). Una vita eucaristica. Dio voglia che tante ragazze abbiano il coraggio, in risposta agli appelli dello Spirito, di consacrarsi con la pienezza delle loro doti ed energie alle aspirazioni più profonde del loro cuore, alle più vere esigenze della nostra società e del nostro tempo. Per essere tutti insieme carezza di Dio per la nostra gente. Così sia!