Omelia nella XXXIV domenica del Tempo Ordinario
Solennità di N.S. Gesù Cristo Re dell’Universo
Pennabilli (RN), Cattedrale, 22 novembre 2020
Benedizione e consegna della Terza Edizione del Messale Romano
Ez 34,11-12.15-17
Sal 22
1Cor 15,20-26.28
Mt 25,31-46
Un saluto anche a tutti coloro che ci seguono in streaming e partecipano a questa liturgia solenne che avrà il suo momento culminante nella benedizione e nella consegna alle comunità cristiane della Diocesi della nuova edizione del Messale Romano.
Questa domenica, Solennità di Cristo Re, più di ogni altra è dominata dalla figura del Signore Gesù nella sua signoria, nella sua regalità. È una festa, quella di Cristo Re, istituita da non molto tempo per contestare il secolarismo invadente, le dittature, per richiamare alla coscienza dei cristiani la considerazione della trascendenza di Cristo. Egli è l’Altissimo («Tu solo l’Altissimo»), è la Luce delle genti (Lc 2,32), è il Re dell’Universo e di tutti gli sterminati mondi creati, conosciuti e sconosciuti, per i secoli eterni.
Che Cristo sia re lo affermiamo continuamente, sia nella proclamazione della Parola di Dio, sia nelle preghiere liturgiche. La Sacra Scrittura, la predicazione di Gesù, la Rivelazione, sono tutte intessute di metafore, esplicite o equivalenti, che trattano il tema della regalità. Sono metafore ed espressioni ricorrenti anche nei testi racchiusi nel Messale. Appena qualche rimando. Nel Credo diciamo: «E di nuovo verrà nella gloria a giudicare i vivi e i morti, e il suo Regno non avrà fine». Nel Padre Nostro una delle invocazioni è: «Venga il tuo Regno» e, nell’acclamazione successiva, «tuo è il Regno, tua la potenza e la gloria». Poi, nella conclusione delle orazioni, diciamo ogni volta: «Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio che è Dio e vive e regna con te». Quante volte! Ma spesso, abituati o distratti, non ci pensiamo. Di questa verità che ne sanno la nostra fede, la nostra preghiera, la nostra vita?
Ci aiuta la meditazione della Seconda Lettura; inizia così: «Se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo». Cristo, dunque, è il nuovo Adamo. Cristo è il nostro Re, il nostro Redentore! Notate: Cristo è nostro Re nella sua umanità. Delicatezza, sorpresa del disegno divino che vuole l’uomo salvatore dell’uomo, salvatore di se stesso e che, a tal fine, ha disposto che il Verbo eterno, il Figlio, si spogli della sua dignità e si faccia uomo: «Pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso» (Fl 2,6-11). Quel Gesù, che si è spogliato delle sue prerogative per assumere la nostra umanità e farsi povero, è il Re. L’umanità assunta dal Verbo è la via di mediazione stabilita per il ritorno al Padre dei figli dispersi (cfr. Gv 11,52). Dunque, c’è una mediazione umana esercitata in due modi: quello della lotta, della riduzione a nulla di ogni principato, potestà, potenza e della vittoria sulla morte, frutto del peccato, e quello della infusione di una vita nuova in coloro che sono con Cristo e di Cristo: «Coloro, infatti, che sono con Cristo e in Cristo, risorgono con lui». La stessa mediazione si esercita anche in due tempi: quello terreno, contrassegnato appunto dalla spoliazione di sé e dalla lotta, e quello celeste, quando Cristo, avendo sottomesso tutto a sé, consegnerà il Regno a Dio Padre. Allora «Dio sarà tutto in tutti». Tutto, tutti colmi della pienezza divina, beatificante, per sempre! Stupendo è contemplare e pregare il nostro Re, Gesù, re di cuori.
San Paolo, nella Prima Lettera ai Corinti, dice che tutto questo avverrà per la risurrezione di Gesù dai morti. Abbiamo dedicato anni a mettere al centro della nostra meditazione e del nostro impegno pastorale, il “Big Bang della nostra fede”, che è la risurrezione: «Cristo è risuscitato dai morti» ed è la «primizia di coloro che sono morti». Cristo è il primo anello di una catena, il capofila. Quanti sono con Lui e in Lui riceveranno la vita, costituiranno il Regno eterno che il Figlio presenterà al Padre.
Accogliamo la Vita: Cristo! Saremo risuscitati alla sua venuta, proprio perché siamo con Lui. Anzi – sentite cosa dice san Paolo in un’altra pagina delle sue Lettere – consideriamoci già dei «morti tornati alla vita» (cfr. Rm 6,13). Eravamo morti e abbiamo già cominciato la vita nuova, ma la nostra vocazione, la vocazione di ciascuno di noi, è quella di essere «sacerdoti e regno per il nostro Dio (Ap 1,6; 5,10)».
Chiediamoci: Cristo – che è il Re – regna in noi, regna nella nostra mente? È nostro il suo modo di pensare (cfr. 1Cor 2,15)? Se è il nostro Re, siamo Cristo-dipendenti!
Regna nel nostro cuore? È nostro il cuore di Cristo (Fil 1,8)?
Regna nei nostri sentimenti? Si agitano in noi, non i nostri, ma i sentimenti di Cristo (cfr. Fil 2,5)?
Regna nella nostra vita? Viviamo con noi stessi, oppure è Cristo che vive in noi (cfr. Gal 2,20; Col 3,4)? Chi vede noi, vede Cristo?
Regna nella nostra tensione missionaria? Il nostro vivere annuncia e genera Cristo (cfr. Fil 1,28)? «Bisogna che lui regni», così sta scritto nella Prima Lettera ai Corinti, soprattutto nei cuori.
In chiusura di questo anno liturgico – da domenica prossima inizierà un nuovo ciclo liturgico e si profilano nuove grazie, nuove suggestioni, nuove ricchezze spirituali – mi sento di fare un ringraziamento all’evangelista Matteo che ci ha preso per mano, ci ha accompagnati; in particolare è l’evangelista che ci ha dato messaggi forti su Gesù come re. Di Gesù ci ha ripetuto che è il «Dio con noi, l’Emmanuele», così ci riferisce dell’Annunciazione dell’Angelo a Giuseppe (Mt 1,23), così nel congedo del Risorto sul monte: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni…» (Mt 28,20). E soprattutto, nel cuore del Vangelo: «Dove due o più sono uniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18,20).
In questa Solennità di Cristo Re san Matteo si congeda da noi con una pagina stupenda, che ora non posso commentare.
Sottolineo solo tre “effetti sorpresa” contenuti nel brano.
- Il contrasto fra la grande manifestazione (teofania), quando viene il Figlio dell’uomo sulle nubi e attorno a lui gli angeli, poi si siede sul trono della gloria, e davanti a lui vengono convocate tutte le genti. Di che cosa parla il Re celeste attorniato dalla corte splendente? Si richiama alle realtà più comuni del nostro vivere quotidiano: la fame, la sete, l’aver freddo, l’essere straniero, l’essere malato, l’aver sbagliato…
- Sorprende quando il Signore dice: «Io ho avuto fame, io ho avuto sete, io ho avuto freddo… ». Ci si aspetterebbe, essendo Gesù il giudice: «Essi avevano fame, essi avevano sete, essi avevano freddo…». Invece Gesù proclama che quelli sono carne sua: Lui si vede in loro. Dobbiamo considerare Lui in loro. È un esame difficile quello che fa e, nello stesso tempo, facile perché sappiamo tutte le domande.
- All’inizio il personaggio celeste viene chiamato Figlio dell’uomo, poi Re, poi appare come Giudice, alla fine si identifica con un piccolo: «… ad uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me». Si autoproclama un piccolo, un re in cerca di uomini!
Ringrazio per la vostra presenza. Accoglierete voi, a nome di tutti i diocesani, il gesto che farò tra poco: benedirò i volumi del nuovo Messale (una nuova edizione) e lo consegnerò simbolicamente ad ogni comunità eucaristica della nostra Diocesi. A partire dalla prima Domenica di Avvento (28 novembre) entrerà in uso sostituendo l’attuale. Questo in sintonia con le Diocesi dell’Emilia Romagna.
Il nuovo Messale è un dono di inestimabile valore, frutto di un accurato lavoro di traduzione (dal latino all’italiano), di arricchimento di testi, di aggiornamento di feste e memorie dei nuovi santi, di recente canonizzazione: mai come in questi cinquant’anni sono state fatte tante canonizzazioni di santi. Non ci stavano più nel Messale!
Il nuovo Messale è anche una grande responsabilità, perché esige nuova attenzione al modo di celebrare e di partecipare nello spirito del rinnovamento conciliare.
Presiedere, servire, partecipare alla liturgia è un’arte, ma più ancora uno stile che nasce “da dentro”!
L’aggiornamento e la nuova traduzione testimoniano come il Messale sia qualcosa di vivo che accompagna il santo popolo di Dio nel tempo. L’introduzione del nuovo Messale è un fatto che riguarda tutta la comunità e, direi, tutti (anche quelli che non vengono in chiesa), perché la liturgia ha molto a che fare con la missione evangelizzatrice della Chiesa.
Il Messale è lo scrigno che racchiude un tesoro immenso, patrimonio di duemila anni di fede e di preghiera, ma anche di audace e filiale esperienza di vita trinitaria: si prega rivolti al Padre, attraverso Gesù Cristo, nello Spirito Santo. Insieme!
Concludo con le parole di san Paolo: «Al Re dei secoli, incorruttibile, inviolabile, unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli! Amen» (1Tm 1,17).