Omelia nella XXIII domenica del Tempo Ordinario
Pennabilli (Cattedrale), 8 settembre 2019
(da registrazione)
S. Cresime
Sap 9,13-18
Sal 89
At 21-11
Lc 14,25-33
Riviviamo oggi quello che è accaduto nel Cenacolo. Gli apostoli erano riuniti tutti insieme quel giorno; c’era anche Maria, la mamma di Gesù, in mezzo a loro, e ci fu d’improvviso come un rombo, come un terremoto, accompagnati da un vento gagliardo e da un fuoco. Lo Spirito di Gesù, in quell’occasione, fu una cosa visibile, carismatica, accompagnata da segni esterni, che travolse il gruppo dei Dodici che avevano seguito Gesù.
Oggi è la stessa cosa, anche se non ci sono fenomeni straordinari; ma quel fuoco, quel fragore dentro di noi accadrà tra poco, quando verrete davanti ad uno dei successori degli apostoli, che vi imporrà le mani e vi profumerà la fronte con il sacro crisma: il bacio di Gesù che si imprime su di voi, un patto di eterna fedeltà da parte sua.
Che cosa ci ha detto Gesù questa mattina? Gesù aveva davanti la folla, ma non si lasciava condizionare da essa: cercava piuttosto l’a tu per tu. «Se vuoi, seguimi» (Mt 19,21). Gesù propone di seguirlo, di stare con lui, di stare in familiarità con lui. Chissà in quanti avranno risposto a quell’invito… Gesù si sarebbe accontentato anche soltanto dei Dodici. Dico una cosa paradossale: Gesù si accontenterebbe anche di un cuore solo, ma tutto. «Se vuoi, seguimi, diventami amico».
Ieri – scusate il confronto con un’altra comunità parrocchiale – c’erano 51 ragazzi che ricevevano il sacramento della Cresima; c’era tanta folla, dentro e fuori la chiesa. Mentre dicevo queste cose avevo dentro di me una specie di scetticismo: «Chissà se qualcuno potesse dire a Gesù: “Sì, io ti voglio bene”». «Non ho dubbi», ho pensato. Ecco il mio cuore. Un po’ come disse san Pietro. Non è stata molto edificante la compagnia di Pietro a Gesù, all’inizio, ma gli ha detto con tutto il cuore: «Signore, tu solo hai parole di vita eterna» (Gv 6,68). Quando ho finito di parlare ho pensato: «Signore, se non ci fosse nessuno dei presenti che ti dà il suo cuore, ti do il mio». Poi, nel momento della preghiera del Padre Nostro, in quella chiesa affollatissima, si è creato un clima profondo di intimità che era più clamoroso del chiasso che si avvertiva nella via davanti alla parrocchia. Ho capito che non c’era solo un cuore che diceva il suo “sì” a Gesù, ma ce n’erano tanti. Questo mi ha incoraggiato.
Gesù dice di seguirlo. Detta anche delle condizioni a questa compagnia. Gesù dice che vuole essere amato di più dei propri familiari. Non istituisce una sorta di gara, perché forse sarebbe perdente (amiamo tanto i nostri familiari!); Gesù intendeva dire che il tipo di amore che ci domanda è di natura affettiva; non è come quando si va di fronte ad una lapide a posare una corona di fiori, con una cerimonia ufficiale. Gesù vuole il cuore. Le corde da far vibrare sono le medesime dei nostri rapporti interpersonali affettuosi: vuole che lo amiamo così. Il centro della frase pronunciata da Gesù non è sulle rinunce prima di tutto; il centro è sull’amare di più. Non una sottrazione, semmai un’addizione: amare di più. Cari ragazzi, ad un parroco, come ad un vescovo, viene di fare anche delle raccomandazioni. Ad esempio, se vuoi seguire Gesù, vieni a trovarlo qualche volta durante la settimana. Nel tabernacolo c’è un segno vivo della sua presenza, l’Eucaristia. Non dimenticate, poi, che nell’assemblea domenicale c’è tutto un popolo riunito, un popolo che sente la propria identità e la genera nel più splendente dei modi.
Non posso tralasciare un’ultima raccomandazione. Continuate a trovarvi, a fare gruppo. So che c’è già una proposta insieme alle parrocchie vicine. Sarà in una forma più adatta alla vostra età. Sarà importante incontrarvi insieme a qualche adulto che vi cammina accanto, tenendo sempre il collegamento con colui che vi ama, il Signore Gesù. Così sia.