Omelia nella XIX domenica del Tempo Ordinario
Schigno (RN), 8 agosto 2021
S.Messa con un Reparto Scout di Bologna
1Re 19,4-8
Sal 33
Ef 4,30-5,2
Gv 6,41-51
Ci sono varie esperienze di fame. Mi limito a nominarne tre. La fame di pane. Gesù è scandalizzato che ci sia gente che non può sopperire a questa necessità di base. Tant’è vero che, prima di fare il discorso che la liturgia ci presenta oggi, Gesù ha operato la moltiplicazione dei pani e dei pesci. E non solo: ha attivato i discepoli, incoraggiandoli a darsi da fare per soddisfare la fame della gente. Loro, come facciamo noi tante volte, hanno risposto: «Cosa c’entriamo noi? Avrebbero dovuto pensarci prima di mettersi in cammino…». Poi, uno di loro, Andrea, ha detto: «Qui c’è un ragazzo che ha cinque pani e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?» (Gv 6,9). Eppure, con quei cinque pani e due pesci Gesù ha compiuto la moltiplicazione. Ritorna l’appello di Gesù, preoccupato della fame della gente.
Nella rivista diocesana “Montefeltro” abbiamo deciso di dedicare un inserto mensile ai nuovi stili di vita. Il problema è mondiale, universale. C’è stato recentemente un Congresso della FAO (Food and Agriculture Organization of the United Nations), l’organismo internazionale che si occupa del problema della fame nel mondo. È importante valutare se il nostro stile di vita potrebbe essere più sobrio (e voi siete specialisti in queste cose).
Quando si dice fame si pensa subito al cibo da mangiare, ma non c’è solo la fame di pane. C’è un’altra fame importante: è la fame del cuore, la fame di amare e di essere amati. Si sta molto male quando non si è voluti bene, quando si ha una delusione nel campo affettivo… C’è chi si toglie la vita. Sono un appassionato lettore dei Miserabili di Victor Hugo. Il protagonista, Jean Valjean, muore per ingratitudine. Anche Gesù ha avuto questa fame. Ad esempio nel Getsemani, quando era alle prese con lo spavento per quello che lo stava per assalire, la Passione, e ha chiesto agli apostoli di fargli compagnia «almeno per un’ora». E invece dormirono. Non sono riusciti a fargli compagnia (cfr. Mt 26,40). Gesù aveva bisogno di cuori accanto al suo. Gesù ha avuto fame anche quando ha guarito dieci lebbrosi e solo uno è tornato indietro per dire grazie con riconoscenza. Gesù ci ha fatto caso: «Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono?» (cfr. Lc 17,17). Ci teneva.
C’è un’altra fame nell’uomo. Mi è venuta in mente la settimana scorsa, quando ho accompagnato i nostri ammalati in pellegrinaggio a Loreto. Sono andato anche a Recanati, sul colle dell’Infinito, e ho riletto la poesia bellissima, struggente, di Giacomo Leopardi: «Sempre caro mi fu quest’ermo colle…». Leopardi conclude esprimendo la fame profonda che ha il cuore umano, la fame di infinito, di assoluto: fame di Dio. Una fame che è implicita. Dieci anni fa è venuto il Papa nel Montefeltro, a Pennabilli. Era papa Benedetto XVI. Parlando con i giovani ha usato una metafora meravigliosa: ha detto che il cuore è come una finestra spalancata sull’infinito.
Per la fame di pane vi propongo uno stile di vita più essenziale, più responsabile, più fraterno. Per la fame del cuore vi dico di prepararvi ad amare, e ad amare si impara amando. Molti di voi sono chiamati a formare una famiglia, il presidio più formidabile che c’è per la fame di amore. Ci si prepara da adesso, cominciando a fare atti di amore concreti, ad essere aperti, a rifuggire dall’egoismo.
Per la fame di infinito vi propongo di sognare come spendere la vostra vita per gli altri. In questi giorni, al termine di un Convegno delle Superiore di tutte le Congregazioni religiose femminili, è stato detto con forza: «Non vogliamo più che sulla faccia della terra ci sia un bambino che non abbia una mamma». Quando sono andato a trovare mio fratello missionario nel Congo, a Goma, ho incontrato molti bambini “di strada” (ne ho visti anche di lebbrosi). Mi è capitato di pensare alla mia vita di sacerdote; da studente avevo meditato tante volte la figura di Abramo nella Bibbia e la Parola di Dio che diceva: «Offri tuo figlio Isacco, ti farò padre di una moltitudine» (Gn 22,17). Per me è stato proprio così! Ho fatto il responsabile della pastorale dei ragazzi nella mia Diocesi per tanti anni, poi il parroco e ho detto alla Madonna (c’erano solo 17 bambini in parrocchia): «Ti chiedo una grazia: voglio un cortile pieno di bambini, di ragazzi, di giovani». Sono andato a cercarli insieme ad alcuni ragazzi del quartiere. Adesso faccio il vescovo: incontro tanti giovani, tanti ragazzi, come voi questa mattina!
Fame di pane: vi ho suggerito una risposta. Fame di amore: vi ho fatto una proposta: voler bene, a cominciare da adesso, al vostro vicino e alla vostra vicina. Fame di infinito: vi ho invitato a sognare la vostra vita futura aperta ad un amore più grande.