Omelia nella Veglia dei giovani per San Marino
San Marino Città (RSM), chiesa dei Santi Pietro, Marino e Leone, 3 settembre 2020
Sir 14,20-15.4
Sal 47
At 2,42-48
Mt 5,13-16
Cari ragazzi,
la trama di quello che vorrei comunicarvi questa sera ruota attorno a tre parole che iniziano con la lettera “C”: camminare, contemplare, costruire. La parola “insieme” fa da avverbio che accompagna tutt’e tre le parole: camminare insieme, contemplare insieme, costruire insieme. Questa sera parlerò poco del santo Marino, perché conosco quello che hanno scritto i divulgatori e quel poco che la storiografia ci può dire: non si può fare un restauro “interpretativo”, oggi il restauro lo si concepisce come “conservativo”.
Camminare. È metafora del “divenire interiore”: ciascuno di noi diviene, sboccia, cresce, viene fuori. Far questo è fatica. Ho letto un apologo attribuito alla tradizione buddista. Siddharta Gautama si intrattiene con un bruco e gli propone di diventare farfalla; per farlo deve perdere la crisalide. L’apologo racconta che quel bruco non accettò l’avventura di spaccare la crisalide e venir fuori. Così, per il resto della sua vita, non ha fatto altro che passeggiare su e giù dal cavolfiore. Nei Vangeli quando Gesù chiama non dice: «Venite, che sto fondando una nuova scuola di spiritualità, una scuola di filosofia…». No, Gesù chiede un movimento: «Vieni e seguimi» (Mc 10,21). E c’è uno spostamento reale. Chi ha avuto fiducia e ha tenuto dietro a Gesù ha dovuto fare “salti mortali”. Così è stato anche per san Marino: viene dalla Dalmazia (Croazia) e va a Rimini; da Rimini viene sul monte Titano. Un esodo: il coraggio di camminare.
Contemplare. Mi spiego meglio con l’esperienza che ho fatto con un gruppo di giovani. C’era un ritiro; sono venuti con la Bibbia, la matita, il quaderno, la bottiglietta con l’acqua… Dopo esserci seduti ho detto: «Adesso uscite, andate in città; avete due ore di tempo. Dovete liberare la mente e osservare la vita attorno a voi. Quando tornerete ci rimetteremo in cerchio e ognuno racconterà se c’è stato qualcosa che ha suscitato meraviglia, stupore, incanto». Al termine delle due ore i ragazzi sono rincasati; avendo osservato con attenzione la “vita” attorno han trovato cose di sempre che hanno suscitato meraviglia. Un ragazzo ha raccontato di aver visto due fidanzati che stavano insieme su una panchina e attorno a loro si vedeva come un’aura che li avvolgeva: una scena di grande tenerezza. Un altro si era fermato all’angolo delle “4S”, dove c’era la gioventù più squattrinata. Era rimasto incantato a vedere il movimento della città, le auto che si fermavano e ripartivano tutte insieme al semaforo. Si era chiesto dove andassero quelle persone, che cosa pensavano, come le vedeva il Signore… Un altro ancora confidò che fino a pochi minuti prima niente l’aveva colpito, ma mentre rientrava aveva fiancheggiato un orto e aveva notato su una foglia una goccia di rugiada che indugiava ad evaporare; il sole la illuminava, sembrava un rubino. La contemplazione è l’attitudine allo stupore, alla meraviglia. Ricordo il discorso di papa Benedetto XVI ai giovani, nel 2011: parlò dell’attitudine ad aprirsi all’infinito. Siamo come davanti ad una finestra. San Marino era un contemplativo: siete mai stati al Sacello? La tradizione dice che era il luogo privilegiato per la sua preghiera. Però vorrei fossimo contemplativi insieme. Bisogna che torniamo alla Messa, ai nostri momenti di incontro, di spiritualità, perché la contemplazione è un’attitudine che abbiamo tutti, ma va educata.
Costruire. Molti di voi sicuramente hanno cominciato a pensare: fino ad ora sono stato oggetto delle cure. C’è una quantità di persone impegnate alla costruzione della mia persona, del mio avvenire; non sarà arrivato il tempo che mi prenda la responsabilità di costruire io stesso il mio futuro? Vocazione vuol dire chiamata, chi segue la vocazione è uno che risponde. Vivere è rispondere. Ognuno di noi ha dei talenti che può mettere in gioco. Mi guardo intorno e vedo tante cose da costruire. San Marino fu costruttore addirittura di una Repubblica.
È bello snocciolare i 14 verbi contenuti nella pagina del libro del Siracide che abbiamo letto; in essi si descrive l’intraprendenza creativa di colui che è sapiente. È bello anche il quadro programmatico del libro degli Atti degli Apostoli sulla comunità: erano uniti, tenevano ogni cosa in comune, chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti (cfr. At 4,32-35). Ognuno costruttore della comunità.
Le nostre comunità hanno voglia di voi ragazzi, di voi giovani, soffrono della vostra assenza quando non ci siete. Dico questo non perché voi siate il futuro, siate la speranza di domani… siete adesso una profezia per noi adulti.
Vi ricordo le tre “C”: camminare, contemplare, costruire… Sì, ma insieme!
Evviva: siamo insieme questa sera!