Omelia nella Solennità dell’Immacolata Concezione
Caprazzino, 8 dicembre 2018
Chiusura della Visita Pastorale a Caprazzino
Gen 3,9-15.20
Sal 97
Ef 1,3-6.11-12
Lc 1,26-38
(da registrazione)
Grazie per l’accoglienza che mi avete riservata, so che non riguarda tanto la mia persona quanto chi rappresento, il Signore Gesù. Come ha detto un bambino ai suoi genitori: «Ho capito chi è il Vescovo: è un amico di Gesù». Così ha sintetizzato la teologia della successione apostolica! La vostra accoglienza va a Gesù, di cui siamo perdutamente innamorati. Siamo suoi discepoli, lo seguiamo e siamo i destinatari di quella beatitudine che Gesù ha dedicato a noi parlando con Tommaso: «Beati quelli che crederanno in me senza avermi visto» (cfr. Gv 20,29).
Vi ringrazio anche per l’incoraggiamento che mi date con la vostra amicizia, aiutandomi a fare il vescovo.
Martedì sera ho incontrato gli amici del coro e del Consiglio Pastorale Parrocchiale e ho dato dei “voti”. Tutti “voti” pieni. La chiesa è tenuta bene: i fiori (sempre veri, vivi), le tovaglie splendenti, il canto ben eseguito, ad esprimere cuori che traboccano. Complimenti! Continuate così.
Come in tutti i paesi e le comunità ci sono le inevitabili incomprensioni; confido sappiate superarle. Siate uniti tra voi. Stiamo attraversando momenti non facili, anche nella Chiesa. Ci sono sempre meno sacerdoti. Forse il Signore vuole che la nostra Chiesa sia un po’ meno clericale, vuole che valorizziamo di più i laici e i ministeri laicali. Una volta i sacerdoti facevano tutto; erano preparati e intraprendenti, ma trattavano i battezzati come un generale tratta i suoi soldati. Si è scoperto pian piano – c’è voluta la grande lezione del Concilio Vaticano II – che il Battesimo costituisce i fedeli laici nella corresponsabilità. Un conto è la delega e un conto è la corresponsabilità. Un insegnante di religione mi ha raccontato che un giorno aveva detto ai ragazzi: «Fate un disegno col quale esprimere i vostri sentimenti spirituali più profondi». Un bambino aveva disegnato una barca in mezzo ai flutti del mare. L’insegnante chiese al bambino cosa c’entrasse con lui quella barca. Il bambino rispose: «Ho disegnato la Chiesa». E aggiunse: «La Chiesa mi appartiene!». Quel bambino aveva ragione. Faccio un appello a tutti voi: «Ognuno, per la sua parte, si senta corresponsabile».
Nella Chiesa “ad intra” ci sono vari ministeri: c’è chi legge la Parola di Dio, chi canta, chi lavora nel settore della carità, chi cura i bambini nella catechesi… Poi, ciascuno di voi, là dove vive e dove lavora, è la Chiesa. La Chiesa poggia su ognuno di noi. Ognuno di noi ha il compito di portare Gesù.
Oggi abbiamo la gioia di celebrare la festa dell’Immacolata. Vorrei incentrare l’attenzione sui nomi che diamo alla Madonna. Noi la diciamo “Madonna”, che vuol dire “mia signora, mia donna”. In realtà la Madonna ha tre nomi propri che sono tutti racchiusi in questa pagina di Vangelo. In ciascuno dei tre nomi vi sono i tratti di un’autentica spiritualità mariana.
Il primo nome gliel’ha dato la famiglia, il babbo e la mamma, san Gioacchino e sant’Anna. Un altro nome gliel’ha dato il Cielo: il nome con il quale l’ha chiamata l’angelo. Il terzo nome è quello che la Madonna ha dato a se stessa. Il primo nome è Maria, o Miriam. Gioacchino ed Anna pensando al nome della neonata hanno ricordato Miriam, la sorella di Mosè. Nella Bibbia ci sono tre episodi importanti riguardanti Miriam. Il primo fu collocato nella vicenda triste dell’uccisione dei primogeniti degli Ebrei. La mamma del piccolo Mosè lo sottrae agli aguzzini, nascondendolo in una cesta che abbandonerà alle acque del fiume Nilo. La sorella Miriam, stando sull’argine e tra le canne, segue premurosamente il cestello. È un’adolescente, ha dodici anni, però è già capace di “uscire da sé” per custodire il fratellino. Mimetizzandosi, vede quando la figlia del faraone raccoglie il bimbo e si offre per cercare chi potesse allattarlo. Così, la mamma di Mosè, senza essere riconosciuta, allattò il suo piccolo.
Nel secondo episodio Miriam ha ottantaquattro anni; gli Ebrei sono appena passati attraverso il mar Rosso. Miriam intona le danze e i canti in onore del Signore che ha liberato il suo popolo. Nel suo cuore di profetessa di 84 anni c’è ancora giovinezza. Talvolta, ci sono miniere di giovinezza anche nei cuori feriti dal dolore. Miriam è così: esplode in un inno di giubilo!
Terzo episodio. Durante la peregrinazione nel deserto Miriam muore e la Bibbia annota: «Miriam morì e non ci fu più acqua» (cfr. Nm 20,1-2). La presenza di Miriam accanto al profeta Mosè fu una presenza discreta: il condottiero è lui, ma Miriam c’è, semplicemente. Noi ricorriamo spesso alla Madonna. Sappiamo che solo a Gesù spetta l’adorazione; ma Maria, proprio perché madre di Gesù, è affidata a noi come sorella che veglia su di noi, come Miriam con Mosè. Noi siamo come Mosè, traballanti in un cestello tra le onde, ma sappiamo che sull’argine c’è lei, la sorella più grande, pronta ad intervenire. Come nelle nozze di Cana, quando venne a mancare il vino. Lei se ne accorge, è attenta, si preoccupa, si prende cura dei due ragazzi. La Madonna prevede, previene, predispone. È accanto!
Il secondo nome della Madonna viene pronunciato dall’angelo: è quello che festeggiamo oggi. Il suo nome è “kekaritomene”, in greco; “piena di grazia” in italiano. È il nome che gli ha dato il Cielo. Il Cielo si è stupito davanti alla bellezza di Maria. L’Immacolata, senza macchia perché preservata dal peccato originale. Oggi è la festa della bellezza di Maria, una bellezza che tracima nel suo volto, nel suo corpo, ormai risorto, in Cielo.
Veniamo al terzo nome. È quello che la Madonna ha dato a se stessa: «Io sono l’ancella del Signore». La Madonna ha cercato di fare la volontà di Dio. A volte protestiamo con la volontà di Dio, è comprensibile. Pensate a Gesù nel Getsemani, quando sudò sangue e pregò: «Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu» (Mt 26,39). Nei momenti difficili chiediamo al Signore la forza. C’è una volontà di Dio di “permissione”: continuiamo a credere al suo amore. C’è una volontà di Dio “significata”: i comandamenti, i doveri del nostro stato. Non parliamo di “rassegnazione alla volontà di Dio”, ma facciamo festa alla volontà di Dio! Dio vuole solo il bene, vuole solo la nostra pace, la nostra gioia. «Sia festa la tua volontà, come in cielo così sulla terra»!
Concludo con il mio grazie alla Madonna, contemplando i suoi tre nomi (uno più bello dell’altro): Miriam, cioè la sorella; “la piena di grazia”, ossia “la tutta bella”; l’ancella, pronta a fare la sua volontà.