Omelia nella Solennità dell’Epifania
San Leo (Cattedrale), 6 gennaio 2019
Is 60,1-6
Sal 71
Ef 3,2-3.5-6
Mt 2,1-12
(da registrazione)
È sempre bello celebrare l’Eucaristia nella cattedrale di San Leo, ma è bello soprattutto vedere i vostri volti, la vostra partecipazione, accompagnata e incoraggiata dal coro che dà slancio alla preghiera.
Abbiamo sentito l’annuncio della Pasqua, sarà il 21 aprile, centro di tutto l’anno liturgico. Il Natale e tutte le altre feste non sono altro che una espansione, un approfondimento, un riverbero della grande festa della Pasqua. L’Epifania, in modo particolare, è il preludio della Pasqua di Gesù che si manifesta a tutti i popoli della terra. Abbiamo ripetuto nel canto: «Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra» (cfr. Sal 71). Il profeta Isaia intravvedeva, tanti secoli prima, l’invasione di Gerusalemme – non un’invasione minacciosa – di uno stuolo di cammelli e dromedari provenienti da Madian e da Efraim, portatori di doni, oro e incenso, per proclamare la gloria del Signore. L’Epifania è festa pasquale in cui si compiono le attese dell’Antico Testamento. È una festa missionaria. In ogni comunità si invitano persino i bambini ad aprirsi ad una prospettiva missionaria. È anche festa dei bambini, contro tutti gli Erode di turno che vedono i bambini come clienti interessati o, peggio, gli Erode che violano la loro purezza. In questo giorno diciamo ai bambini che li amiamo davvero, li rispettiamo, li ascoltiamo e vorremmo fargli il dono più grande: l’amicizia di Gesù!
Il Vangelo racconta come i Magi, maestri di astronomia, giungano a Betlemme e, pieni di gioia – così dice il Vangelo –, onorano Gesù come Signore e Salvatore. Eppure, i Magi, come i pastori, non sempre sono stati ben visti.
Che cos’hanno in comune i pastori e i Magi? Il fatto di mettersi in cammino. «Andiamo fino a Betlemme», si dicono l’un l’altro. I Magi giunsero da Oriente, da lontano. Il Signore si fa trovare da quelli che lo cercano. La ricerca di Dio esige un esodo personale, faticoso e a tratti doloroso, perché bisogna rimettere in discussione se stessi, le proprie convinzioni, i pregiudizi, le abitudini, le priorità.
Chi è colui che non trova il Bambino Gesù? Erode. Non perché non cerchi il Cristo. Lo cerca eccome! Consulta i suoi esperti, incarica i Magi di una missione ricognitiva, ma è troppo attaccato al suo palazzo, al suo trono. Lo cerca, ma sconvolto – dice il Vangelo – dalla paura di dover cambiare. Sente minacciato il suo potere che lo fa ricco e rispettato. Che hanno ancora in comune pastori e Magi? Hanno in comune la saggezza di lasciarsi guidare. I pastori non giungono a Gerusalemme perché buoni, ma perché sono obbedienti alla voce degli angeli. Così i Magi non sono partiti dalla loro terra per spirito di avventura, ma perché hanno visto la stella e l’hanno seguita fedelmente.
Ecco una parola per noi. Chi ha la presunzione di essere l’unica guida di se stesso, oppure di cercare Dio da solo, non trova nulla. Se avremo l’umiltà di lasciarci guidare – la stella è il Vangelo, gli angeli sono le nostre guide – avremo la gioia di trovare e potremo dire con sant’Agostino: «Quaesivi et inveni (ho cercato e ho trovato)».
Vi consegno due verbi: prendeteli come parola di vita, che vi accompagni tutta la settimana: «Alza il capo e guarda». Due verbi bellissimi. Ricordo distintamente il discorso che Benedetto XVI tenne sulla piazza di Pennabilli, quando venne il 19 giugno 2011. Adoperò una metafora adatta al cuore e all’intelligenza dei giovani. Parlò di finestre aperte sull’infinito. Vorrei concludere con un commento un po’ singolare al Salmo 8, lode cosmica a Dio che sale anche dalla bocca dei bambini e dei lattanti. Un midrash dice: «Come mai l’autore del Salmo chiama a raccolta le creature della natura, nomina le stelle, gli animali e non nomina il sole? Perché Davide lo compose nel cuore della notte, nella notte d’Oriente quando il cielo, nella sua oscurità, rivela l’infinità delle stelle. Davide si era alzato, svegliato dalla brezza che accarezzava l’arpa che teneva nella sua stanza. Andò alla finestra. “Oh, il cielo!”. Il cielo appariva in tutta la sua bellezza: le stelle, le ombre, gli animali che si muovevano nel bosco. Davide prese l’arpa e compose il Salmo 8». L’autore del midrash conclude, in modo un po’ bizzarro, dicendo: «Se comperate una casa, o la prendete in affitto – mi raccomando – prendetela con finestre grandi». Un’allusione alla nostra ricerca di infinito, al nostro sguardo che deve essere ampio. Ecco la fatica dello studio per gli studenti, per tutti noi un invito a buone letture, all’attenzione verso le creazioni artistiche, ad imparare a ragionare criticamente su quanto vediamo in televisione, al turismo intelligente. Il turismo intelligente – come qui a San Leo – è una bella finestra aperta all’infinito. Ancora di più lo studio serio delle Sacre Scritture, come fate nella vostra parrocchia. «Alzate il capo e guardate». Così sia.