Omelia nella Solennità delle Ceneri
Pennabilli (RN), Cattedrale, 14 febbraio 2024
Gl 2,12-18
Sal 50
2Cor 5,20-6,2
Mt 6,1-6.16-18
La Quaresima si apre con un gesto semplice e austero, ma assolutamente eloquente. Dice più di molti discorsi: è l’imposizione delle ceneri sul nostro capo davanti a tutti. Un po’ di cenere per ricordare chi siamo. Un invito alla verità su noi stessi: siamo polvere e cenere. Un’esortazione al pentimento per i nostri peccati. Una ripresa del cammino verso il Signore. Due parole, a scelta del sacerdote, accompagnano l’imposizione delle ceneri: «Ricordati, uomo, che sei polvere e in polvere ritornerai» (cfr. Gn 3,19), «Convertiti e credi al Vangelo» (cfr. Mc 1,15). Con la prima parola ci viene ricordata la nostra condizione, fragile e precaria; con la seconda viene riproposto l’essenziale: credere al Vangelo di Gesù.
È esperienza comune, prima o poi, quella di essere sopraffatti dalla constatazione del nostro limite: venir meno della salute, crisi delle nostre relazioni, distacchi, fallimenti. Non ci si pensa di solito. Il lavoro e gli impegni, il tempo travolgente, il frastuono attorno a noi, ci tiranneggiano. In questo senso la Quaresima è un tempo di libertà per riprendere in mano le redini della nostra persona, con sano realismo.
L’altra parola invita a ricentrarci su Gesù, è Lui il Vangelo: «Credete a questo Vangelo» – dice Gesù – che è Lui.
Tante religioni conoscono riti e tempi di austerità, di purificazione, di penitenza. Ad esempio, c’è qualche somiglianza tra il Ramadan, che viene praticato dai nostri amici musulmani, e la nostra Quaresima, ma è una somiglianza esterna: il digiuno, l’astinenza, la solidarietà, ecc. Ramadan e Quaresima sono due esperienze profondamente diverse. Per noi cristiani fare Quaresima comporta penitenze, elemosine, preghiere, ma sono tutte realtà nell’ordine dei mezzi, il fine è altro: rimettere Gesù al centro, fare la scelta di Dio. Siamo peccatori, è vero; il peccato – come dice la Genesi – sta accovacciato alla porta del nostro cuore (cfr. Gn 4,7). Come combattere il peccato? Come contrastarlo? Come vincerlo? A volte pensiamo di cavarcela con un po’ più di impegno, con la forza della volontà, col dominio di noi stessi, con una maggiore attenzione ai nostri atti, salvo poi cadere nei medesimi difetti, restare impigliati nei nostri vizi, constatare la nostra inconsistenza. Per questo c’è chi si affligge, si abbatte, è deluso. Mi viene in mente l’immagine dei ragazzi che vanno in giostra, quelle giostre con i seggiolini che volano in alto, in cerchio. Man mano che il seggiolino viene lanciato, si può arrivare a cogliere un peluche che si trova più in alto. Chi è bravo a sbilanciarsi fuori può arrivare a prenderlo e se lo porta a casa. Si tratta di sapersi allungare e cogliere l’attimo. Per tantissimi la delusione, perché non riescono a prenderlo. Qualcuno, allora, smette di puntare così in alto: «Non fa per me», pensa. Fuori di metafora: lasciamolo fare ai santi, a quelli che sono straordinari… Una metafora per la nostra vita interiore, ma anche per dire che l’opposto del peccato non è tanto la virtù, che pur ci vuole insieme all’impegno e all’attenzione, ma la fede: credere al Signore Gesù, affidarsi alla sua grazia. La conversione è possibile perché è un dono, un dono da chiedere e da ricevere attraverso i sacramenti: «Tutto ciò che fu visibile del nostro Redentore è passato nei segni sacramentali» (San Leone Magno), per questo l’accostarci ai sacramenti ci dà la forza, la capacità di crescere. I sacramenti arrivano dove le nostre risorse si inceppano. Si potrebbe pensare: «Se l’opposto del peccato è la fede, basta che io creda…». No. Non dobbiamo essere passivi, considerando la santità come una grazia che piove dal Cielo, come una magia; al contrario l’impegno penitenziale è teso ad esprimere la nostra fede. Signore, sei così importante nella mia vita che pongo dei segni che lo esprimano, che proclamano che veramente tu sei più importante, più importante del cibo, più importante della carriera, più importante di tutto. Davanti a tutto c’è il nostro desiderio di incontrare Gesù: lui e la potenza della sua risurrezione (cfr. Fil 3,10).
Infine, Quaresima è un cammino ecclesiale, che si fa tutti insieme e in un tempo preciso: non ci si mette a fare Quaresima in agosto… La Quaresima comincia oggi e finisce con la Veglia pasquale (culmine del Triduo pasquale). È un cammino da fare insieme, una cordata, dove a turno tutti facciamo la locomotiva e tutti, a volte, siamo anche vagone. In cima a questa cordata vedo la Vergine Maria e i Santi, che ci incoraggiano e fanno piovere grazie su di noi con la loro grande carità. Poi ci sono i cristiani, i cristiani di Pennabilli, i cristiani che sono a San Marino, i cristiani che sono in Belgio, i cristiani che sono negli Stati Uniti, i cristiani che sono ad Acerenza (la Diocesi del nostro futuro Vescovo), ecc. Siamo un corpo che cammina insieme!
Com’è bello stasera, insieme a chi non ha potuto venire, fare l’ingresso in penitenza. Terremo vivo l’impegno delle cinque domeniche che ci preparano alla Settimana Santa. Ogni domenica ci consegna un messaggio che arricchisce la nostra vita cristiana. In tutta la Chiesa ci sono le stesse letture, lo stesso pasto della Parola di Dio.
Lungo la Quaresima avremo delle “tappe di luce”. Penso ai nostri giovani che si raduneranno venerdì prossimo per la Veglia di adorazione nella chiesa di San Francesco in San Marino. Poi vorremmo entrare nella Giornata internazionale della donna con un pensiero e un grido di pace; la Commissione di pastorale sociale ha studiato l’argomento e propone: «Pace e donna: quale contributo?». La Commissione dà la parola alle donne, portatrici della vita, che gridano e sostengono la speranza. A Pennabilli vivremo il Venerdì Bello e a Monte Cerignone la Marcia missionaria di solidarietà: la nostra Chiesa sente la sua fraternità con le Chiese più povere; in particolare, quest’anno, si è deciso di aiutare, con le nostre penitenze e i nostri sacrifici, la Diocesi di Bondo, che vorrebbe costruire un Seminario per i suoi seminaristi. Ogni parrocchia, poi, organizza catechesi, preghiere, Vie Crucis. Infine, la notte fra il 30 e il 31 marzo, la Veglia pasquale, il punto d’arrivo. È il momento in cui i cristiani rinnovano il Battesimo e decidono di essere cristiani. Tutta la Quaresima non è altro che preparazione alla Veglia pasquale. Stiamo facendo molta fatica, dopo più di cinquant’anni, a far passare l’importanza della Veglia, la notte più bella dell’anno liturgico, di cui la Chiesa vive. Noi ci saremo!