Omelia nella Solennità dell’Assunzione di Maria

Pennabilli (RN), Santuario B. V. delle Grazie, 15 agosto 2020

Ap 11,19; 12,1-6.10
Sal 44
1Cor 15,20-26
Lc 1,39-56

Maria fa visita alla cugina Elisabetta: il Vangelo ci descrive l’incontro delle due madri. E poi la visitazione dei due bimbi che esse portano in grembo. Le due donne sono felici di ritrovarsi, ma non si fermano a questo: dilatano il loro cuore ben al di là. Elisabetta – dice il Vangelo – è piena della presenza dello Spirito e le esce dal cuore una “beatitudine” dedicata a Maria: «Beata colei che ha creduto al compimento delle parole dell’Onnipotente». Già aveva salutato Maria come la «benedetta fra tutte le donne» dandone anche il motivo: Maria ha creduto, ha messo tutta la sua fede nel Signore. Chi di noi non ha delle prove nella fede? Ho trovato pace quando ho compreso che la fede è un dubbio superato. Maria ha messo tutta la sua fede, la sua fiducia, nelle mani del Signore. Così si è compiuta l’incarnazione: «Il Verbo si fece carne». Ecco perché Maria è beata! Nell’indirizzare a Maria questa beatitudine Elisabetta riconferma che la vera beatitudine è la Parola del Signore creduta e vissuta. Anche noi, nella Solennità dell’Assunta, veniamo invitati di nuovo a credere. A credere di più, a credere meglio, a credere che sono vere le parole che Gesù ci ha detto. Accettiamo la sfida.
Maria prorompe in un canto bellissimo, incomparabile, il “Magnificat”. Tante parole di quel canto di lode sono ricavate da preghiere dell’Antico Testamento, ma hanno una intonazione assolutamente nuova. Maria non parla quasi mai nei Vangeli e, se parla, è con poche e brevi parole. Unica eccezione: il “Magnificat”, dove Maria si mette davanti a Dio per cantare la sua azione in lei e nel suo popolo.
Se chiedessi a qualcuno, in confidenza: «Come vedi Dio? Cosa sai di lui?». Verrebbero fuori immagini frutto della fantasia, delle paure, delle angosce. Ben altre le immagini di Dio che Maria ci offre. Le tratteggio come in una fotografia.
Primo scatto: Dio è un Dio d’amore che fa meraviglie per noi, in noi e attraverso di noi.
Secondo scatto: Dio è l’Eterno, l’Onnipotente, che «disperde i superbi, rovescia i potenti, esalta i piccoli, gli affamati». Ho letto in un testo di p. Ermes Ronchi che, durante una dittatura latino-americana, venne vietato il canto del “Magnificat”! Indubbiamente è forte l’immagine dell’Onnipotente che rovescia i potenti dai loro troni, dalla loro presunzione e si prende cura degli affamati, degli umili, dei piccoli che ricolma di bene.
Terzo scatto: Dio è il Dio fedele all’Alleanza siglata con i Padri. L’esaudimento nella preghiera non è automatico, ma è certo. Dio ascolta la preghiera. Come diceva un caro amico sacerdote: «L’hai detto col Signore?»; allora basta così, ci pensa Lui, quando e come vuole». La preghiera fa sempre centro, perché è la voce di un figlio che penetra il cuore del suo papà.
Quarto scatto: Dio è il Dio della mia felicità. «L’anima mia magnifica il Signore». Così Maria vede Dio. E noi lo vediamo così? È questa la sostanza del cammino di fede: arrivare ad una conoscenza del Signore così luminosa! Può darsi che l’educazione ricevuta ci abbia portato a mettere in evidenza il “dito di Dio” puntato contro di noi. Ho avuto un periodo nel quale vedevo Dio come colui che scrutava per cogliermi in fallo. Cancellate questa idea! Qualcuno una volta mi ha detto: «Ma lei la fa facile!». Quando ti senti amato, stimato, valorizzato, dai il meglio. Invece, quando ti senti punito, osservato, inquisito, può nascere la malattia spirituale che si chiama ipocrisia. Davanti al Signore possiamo andare senza maschere… La Madonna fa il catechismo più bello che ci sia. Una persona che contempla i misteri del Rosario, pian piano mette a fuoco il volto di Dio: il Dio di Gesù Cristo. Provate a fare questo esercizio: rintracciare quello che il Signore ha fatto nella vostra vita, e poi magnificarlo. L’abbiamo fatto anche come Diocesi: ci siamo dati un Programma pastorale, abbiamo cercato di attuarlo e alla fine dell’anno ci siamo raccontati quello che il Signore ha fatto nelle nostre comunità. Sono emerse tante esperienze di Vangelo vissuto: quando vivi il Vangelo, il Vangelo ti trasforma in Gesù. I responsabili di questo incontro di fine anno pastorale hanno iniziato a chiamare quell’incontro il “pomeriggio del Magnificat”. Non sarebbe il nome ufficiale, ma ha assunto questo nome e ne sono felice. Ogni cristiano dovrebbe sapere a memoria il “Magnificat”. Proviamo ad impararlo, ma soprattutto impariamo a contemplare la fotografia di Dio che ci dà Maria