Omelia nella Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria
Pennabilli (Santuario della B.V. Maria delle Grazie), 15 agosto 2018
Ap 11,19; 12,1-6.10
Sal 44
1Cor 15,20-26
Lc 1,39-56
(da registrazione)
«Risplende la regina, Signore, alla tua destra» (Sal 44).
Maria è assunta in cielo. Ma oggi vorrei invitarvi ad entrare in punta di piedi nella casa di Nazaret per respirare l’atmosfera familiare e spirituale di quella dimora. Mi dovete perdonare: avrei dovuto parlare del Cielo, dove Maria ci precede, ma preferisco accompagnarvi – una visita guidata! – alla casa di Nazaret. La visita consiste in tre passaggi. Il primo è l’avvicinamento a Nazaret. Poi entreremo in punta di piedi nella casa della santa famiglia e infine proveremo a cogliere qualche tratto dell’indirizzo che Maria e Giuseppe danno alla loro casa. In ogni famiglia ci sono regole, tradizioni, ricordi… C’è uno stile.
1.
Partiamo da Nazaret, un minuscolo villaggio annidato tra i monti della Galilea (nord della Palestina, territorio di confine con popoli e tribù pagane; lì vicino ci sono la Fenicia, Tiro, Sidone). Nazaret non è mai nominata nell’Antico Testamento. Se ne parla solo nei Vangeli e l’archeologia si imbatterà con Nazaret solo nel 1962, col ritrovamento di un frammento marmoreo a Cesarea Marittima in cui compare il nome di questo borgo. Dunque, Nazaret è ai margini della geografia e della storia di Israele: «Può mai venire qualcosa di buono da Nazaret?» (Gv 1,46), sentenzierà un giorno con scetticismo Natanaele, poi chiamato da Gesù a divenire apostolo. Eppure, la vicenda terrena di Gesù, di Maria e di Giuseppe gira attorno a questo villaggio. Ancora oggi, Nazaret, pur essendo diventata una grande città, ci parla di Maria: una fontana antica viene segnalata come “la fontana della Vergine”.
Gesù viene da Nazaret, scende a Nazaret, a Nazaret dimora. Tra le stradine, i cortili e le siepi di quel povero villaggio è racchiusa per trent’anni la vita del Messia. Da Nazaret Gesù prenderà anche il suo secondo nome: Nazareno. Sulla croce, nel cartiglio che dichiara il motivo della condanna sta scritto: «Gesù Nazareno, Re dei Giudei». Possiamo immaginare quanto gli fosse caro il suo villaggio, com’è per tanti di voi che tornate a Pennabilli con emozione: volti, vicende, tradizioni, suoni, colori, profumi… tutto quanto si imprime nella fantasia di un fanciullo e nella memoria di un giovane.
Quando Gesù sarà nel pieno della missione, ambienterà le sue parabole sullo sfondo di Nazaret e dintorni: la donna che spazza la casa per cercare una monetina tra le fessure del pavimento, la pecora smarrita del pastore sbadato, la massaia che impasta la farina col lievito, il datore di lavoro che a tutte le ore va in cerca di operai, il figlio scapestrato che, stanco di Nazaret, va verso l’ovest, sulle città delle riviera, a cercare fortuna, ecc.
Quando Gesù dirà ai discepoli che dovranno lasciare tutto per lui, indicherà come la cosa più difficile da fare, il «lasciare la propria casa», il proprio paese. Ne sanno qualcosa i missionari…
2.
Entriamo ora nella casa della Santa Famiglia. Molti di voi sono stati a Loreto: secondo un’antichissima tradizione, assai probabile, le pietre custodite a Loreto sono le pietre della casa dove sono vissuti Maria, Gesù e Giuseppe. La prima cosa che ci colpisce è che è povera. È una casa fra le altre case – non è speciale – si confonde con le altre. Probabilmente è stata costruita approfittando di una grotta, è una casa senza finestre. Vi troviamo una bottega da artigiano; c’erano in casa anche gli attrezzi per cucire e per tessere. Gesù, durante la Passione, viene spogliato di una veste tessuta tutta d’un pezzo, tessuta da Maria.
Osserviamo ora i rapporti fra le persone che abitano nella casa: Giuseppe, Maria, Gesù. Il più grande – Gesù – è obbediente al più piccolo, Giuseppe. Strana dinamica. Maria, la mamma, «osserva e custodisce ogni avvenimento nel cuore», così dice il Vangelo. Giuseppe è premuroso custode di tutti. Va sottolineato che anche le parole non dette pesano, perché le parole dette sono pochissime. Maria e Giuseppe sono sposi a tutti gli effetti. Vorrei pensare Maria non come single, come l’ha dipinta in modo sublime Tiziano nella grande tela dell’Assunta, ma come sposa. Maria e Giuseppe vivono nel rispetto reciproco, nell’amore e nella più piena unità. I loro giorni e i loro destini si intrecciano. L’evangelista Matteo racconta l’annunciazione a Giuseppe, l’evangelista Luca riferisce l’annunciazione a Maria. Non c’è contraddizione tra le due annunciazioni: Dio parla alla coppia, marito e moglie.
3.
L’indirizzo che Maria e Giuseppe danno alla loro famiglia la rende aperta e ricca di relazioni. Partecipano ai pellegrinaggi e alle feste del paese. Salgono al tempio di Gerusalemme con la carovana paesana, con la semplicità e l’intraprendenza dei nostri pellegrinaggi popolari. Condividono le vicende di famiglia con i parenti e i conoscenti: si fidano, al punto che quando si smarrisce Gesù, dodicenne, lo pensano al sicuro tra loro. C’è anche tanto rispetto e considerazione che Maria ha per il ruolo di Giuseppe. Quando, nel vangelo dello smarrimento di Gesù, la Madonna rimprovera il ragazzo dodicenne dice: «Tuo padre ed io addolorati ti cercavamo…» (Lc 2,48). Ha messo davanti a sé Giuseppe. Maria e Giuseppe sanno affrontare le prove con coraggio e determinazione nell’amore e nella stima reciproca: dall’imbarazzante maternità al parto in condizioni precarie, dall’inseguimento della gendarmeria di Erode alla fuga in Egitto, dal rientro nella povertà di Nazaret al lavoro che procura sudore e calli alle mani.
Dagli accenni del Vangelo possiamo ricostruire qualche tratto, come si fa con gli affreschi delle nostre chiese rovinati dal tempo, del profilo umano di Maria. La sua impronta è ben visibile nell’umanità stessa del figlio Gesù, la cui umanità è frutto di una relazione, di uno stile che ha ricevuto in famiglia: Gesù che parla dell’amore al prossimo, Gesù raffinato nei rapporti (gli basta uno sguardo per dire tutto), amico affettuoso. Quel ragazzo dodicenne, a differenza del giovane Samuele, il grande profeta di Israele, non resta nel tempio. Gesù non ha fatto neppure un giorno di seminario; il suo seminario è la casa di Nazaret!
Maria e Giuseppe prendono poco a poco coscienza che il loro figlio ha una paternità misteriosa ed una missione da compiere. Lo accompagnano con discrezione verso la piena autonomia. È proprio dell’amore vero dei genitori fare spazio ai figli perché possano realizzarsi pienamente trafficando i loro talenti e avventurandosi nel loro destino.
Nella casa di Nazaret si prega. E nelle nostre? Maria ha la visione di un angelo, ma sarà per una volta sola in tutta la sua vita. Luca, che ci riferisce l’episodio straordinario dell’annunciazione, conclude così: «E l’angelo partì da lei» (Lc 1,38). Non ci saranno su quella casa svolazzi di angeli, ma tutto trascorrerà nella più grande normalità.
Talvolta Nazaret viene dipinta come ideale di vita umile e nascosta e, per Gesù, come tempo di propedeutica, cioè di preparazione alla missione. In realtà, a Nazaret risplende la verità dell’incarnazione, in tutte le sue tonalità. Nazaret, dove Gesù sta con Maria e Giuseppe, è già missione redentrice in atto. Nazaret proclama, con un silenzio assordante, che il Regno di Dio è già presente. Se si togliesse Nazaret dal Vangelo l’enfasi della rivelazione sarebbe tutta sui gesti miracolosi e sui grandi discorsi. Perderemmo le parole di Gesù su famiglia, lavoro e relazioni. Per noi le parole più importanti. “Nazaret” è ciascuna delle nostre case: luogo di fede, di amore e di intense relazioni. Così sia!