Omelia nella Solennità dell’Ascensione

#FlashdiVangelo, 16 maggio 2021

At 1,1-11
Sal 46
Ef 4,1-13
Mc 16,15-20

In ogni pagina di Vangelo il protagonista è indiscutibilmente Gesù. Tuttavia, a volte si direbbe che ci sia un altro protagonista, un co-protagonista: nella pagina odierna è il Cielo. Siamo subito avvertiti da due messaggeri, gli angeli, che compaiono sulla scena della Ascensione di Gesù, di non equivocare: quando si parla di Cielo non si intende tanto la dimensione cosmica, spaziale, ma la realtà divina. «In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio, il Verbo era Dio… E il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,1.14). Oppure come canta l’antico inno incastonato nella Lettera ai Filippesi: «Lui, che era di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso e divenendo simile agli uomini è apparso in forma umana… » (cfr. Fil 2,6-7). Il Cielo è sceso sulla terra. C’è del Cielo sulla terra, a partire dalla bellezza che ci avvolge. Ora Gesù ritorna al Cielo; dopo aver parlato con i discepoli per l’ultima volta, «sedette alla destra del Padre» (Mc 16,19): espressione di una forte caratura teologica. C’è terra nel Cielo!
C’è un bellissimo midrash, un commento al Salmo 8, dove l’orante, Davide, canta la bellezza del cielo e della natura; descrive le stelle, lo splendore della luna nella notte, gli animali che, nella notte, cercano un riparo e, soprattutto, l’uomo, «fatto poco meno degli angeli» (Sal 8,6). Il commentatore si fa una domanda: «Perché Davide parla di tutte le creature e non nomina la realtà più splendida che c’è, il sole?». Dà questa spiegazione: Davide è stato svegliato nel cuore della notte dalla brezza che accarezza le corde della sua arpa e non ce la fa a resistere, va davanti alla grande finestra del suo palazzo e, accompagnato dal suono dell’arpa, intona questo bellissimo Salmo. Poi, il commentatore conclude in una maniera sorprendente, quasi impertinente: «Se comprate una casa, prendetela con finestre grandi!». È evidente la proposta simbolica: dobbiamo coltivare lo sguardo verso il Cielo, perché siamo fatti per il Cielo; anzi, per il dono del Battesimo e per l’effusione dello Spirito, è certificato che siamo fatti di Cielo. L’etimologia della parola “desiderio” è suggestiva: de-sidera, dove “de” indica la separazione, la distanza, la tensione verso le stelle, “sidera”, come un elastico lanciato verso quella che è la sua origine. Noi veniamo dalle stelle, dal Cielo: «Come in cielo, così in terra». Ecco perché Gesù, oltre che insegnarci questa preghiera perché ci sia Cielo sulla terra come c’è terra nel Cielo in Lui, vuole che evangelizziamo, che facciamo questo racconto del Cielo a tutti, non solo a quelli che vengono in chiesa, o a quelli che sono ben disposti o che sono della nostra opinione… Dobbiamo annunciarlo soprattutto a chi è povero di cuore, a chi è in difficoltà, a chi è ammalato. Poi, guardando noi stessi, possiamo dire: «C’è anche una parte di me che non mi piace, nella quale nascondo quello che mi opprime, quello che tendo ad emarginare, la parte per la quale provo imbarazzo o vergogna». Paradossalmente è proprio lì che si è più ricettivi, più disposti ad accogliere la Parola di vita del Signore. Se facciamo questa operazione, a nostra volta diventiamo capaci di parlare «le lingue nuove» a cui allude Gesù, cioè di incontrare la persona là dov’è, non dove vorremmo che fosse. Annunciate il Vangelo! Ecco dove possiamo incontrare Gesù che ha detto: «Avevo fame, mi avete dato da mangiare; grazie per il bicchiere di acqua fresca che mi hai dato: l’hai dato ad un fratello, è come l’avessi dato a me; che bello che sei qui e mi riconosci nel dono di questo pane spezzato…».
C’è chi ha tentato di trattenere Gesù; penso all’amore prepotente di Maria di Magdala che, riconoscendolo, fa per abbracciarlo e lui si sottrae dicendo: «Non continuare a tenermi stretto così!». Anche gli apostoli sul monte dell’Ascensione volevano quasi fermare Gesù… Gesù adesso è presente in un’altra dimensione. Che bello poterlo riconoscere! «Tutto ciò che fu visibile del Nostro Redentore è passato nei segni sacramentali» (Leone Magno). E il primo segno sacramentale è il fratello che vive accanto a noi: c’è del Cielo sulla terra!