Omelia nella Solennità della SS. Trinità
Carpegna (PU), chiesa di San Nicolò, 4 giugno 2023
Sante Cresime
Es 34,4-6.8-9
Dn 3,52-56
2Cor 13,11-13
Gv 3,16-18
La pagina evangelica proclamata oggi conta solo due versetti. In questi due versetti mi soffermerò su tre parole. La prima è la parola “mondo”: ricorre ben quattro volte (è il perno del ragionamento dell’evangelista Giovanni). La seconda parola è il verbo “donare”: «Dio ha tanto amato il mondo da donare il Figlio». La terza parola è il verbo “salvare”.
Mentre facevo meditazione ho pensato all’universo nella sua immensità, nelle sue dinamiche, nelle molteplici forme che lo percorrono e lo abitano: viene da smarrirsi! di fronte alla sua infinità viene da smarrirsi. Giacomo Leopardi, nella poesia “L’infinito”, canta degli «interminabili spazi e sovrumani silenzi» e poi conclude: «Tra questa immensità s’annega il pensier mio e il naufragar m’è dolce in questo mare». L’universo è amato da Dio.
Nell’universo c’è un piccolo pianeta azzurro che è la terra (forse non è l’unico pianeta abitato). Il Signore ama questo mondo che, a volte, a noi non piace. Il mondo è come una foresta piena di sorprese, fa paura, mette ansia. «Dio ha tanto amato il mondo…». Nel mondo ha amato la terra, nella terra ha amato gli esseri umani. In che modo li ha amati? Li ha amati facendosi Lui uomo come loro. Gesù è il Verbo di Dio. Dio non dona “qualcosa”, perché in Dio «tutto è Lui». In Gesù si è dato all’uomo: Lui è la pienezza dell’essere.
Dio da sempre ha voluto l’uomo e l’ha creato capace di amare, di rispondere al suo amore. Rubo un’espressione a sant’Agostino: «Dio ci ha amato per amarci». Significa che Dio ama per veder accendere l’amore nella creatura che ama. Donando se stesso fa in modo che, liberamente e consapevolmente, l’uomo ami a sua volta. Se la creatura corrisponde all’amore, Dio può amarla ancora di più; se l’uomo si lascia prendere nel gioco di amore, Dio lo amerà infinitamente di più, come in una spirale infinita. Tutto in una reciprocità che ci sorprende e ci affascina. «Dio ha tanto amato il mondo», anche il mondo che a noi non piace, anche quello che a noi non piace di noi stessi!
La seconda parola è “donare”. «Dio ha tanto amato il mondo… da donare il suo Figlio». Il “tu” di Dio, il Verbo, si è fatto uomo, Gesù di Nazaret venuto in mezzo a noi. Dio l’ha donato a noi. La relazione più intima, più cara, più preziosa la partecipa a noi. Il dono di Dio è irrevocabile: è per sempre! È un dono totale: si dà tutto! È un dono gratuito: lo si accoglie stupefatti! È mistero, mistero grande. Ed è realtà, realtà che noi viviamo, che noi godiamo, che noi vediamo già grazie agli occhi luminosi e illuminanti della fede (cfr. Ef 1,18), grazie all’intelligenza che ci viene dall’amore, per cui crediamo e conosciamo (cfr. 1Gv 4,16) «finché egli, il Signore, ritorni» (1Cor 11,26).
La terza parola è “salvare”. Salvare non è semplicemente estrarre dalla melma o impedire la caduta nell’inferno. Salvare vuol dire custodire per sempre, conservare, mantenere; è un po’ come quando il computer ti chiede: «Vuoi salvare?». Quando si salva, quel file rimane, non va perduto, non cade nell’oblio.
«Dio ha tanto amato il mondo, ha tanto amato ciascuno di noi, per salvare, perché non vada perduto nulla». Ci vuole la fede: attorno a noi, vediamo realtà caduche e dimenticanze; vediamo la morte. L’annuncio della fede è questo: «Dio ha tanto amato il mondo da mandare il Figlio per salvare»: come? Assumendo tutto in sè.
Se scriviamo una serie di note su un cartellone restano mute, ma, se tracciamo il rigo musicale, quelle note segnate una dopo l’altra formano una melodia. La fede ci svela la melodia di questo mondo e la vocazione di questo mondo. Lodiamo il Signore, diciamo grazie. Vogliamo entrare in questo gioco d’amore: Dio è Trinità d’amore e da sempre ci ha pensati partecipi della sua vita.
C’è un momento della Messa che ogni volta mi emoziona: è quando alzo il calice con il vino e il piatto con il pane e pronuncio parole che sembrano uno scioglilingua: «Per Cristo, con Cristo, in Cristo, a te Dio Padre la lode». In quelle parole è racchiusa la nostra destinazione: essere proiettati nel seno del Padre. Figli nel Figlio ci avvolge una forza ascensionale: lo Spirito Santo. «Per Cristo, con Cristo, in Cristo, a te Dio Padre la lode nello Spirito Santo».
Cari ragazzi, tra poco riceverete il sacramento della Cresima. Verrete davanti all’altare e risponderete ad alcune domande. In questi anni vi siete preparati per rispondere in modo più consapevole. Poi stenderò le mani per invocare la discesa dello Spirito Santo su di voi e sulla comunità. Attraverso di me è Gesù che vi guarda negli occhi, vi vuole bene e vi dona il suo Spirito. Lo Spirito è raffigurato da un profumo, il crisma, con cui vi ungerò la fronte dicendo: «Ricevi il sigillo dello Spirito Santo». E voi risponderete: «Amen». Vi darò un piccolo schiaffo per incoraggiarvi: «Hai ricevuto lo Spirito, adesso devi essere un cristiano coraggioso».
L’olio profumato svanirà subito, ma il segno spirituale della Cresima si imprimerà in voi, rimarrà per sempre, molto più di un tatuaggio: rimarrà per l’eternità: appartenete al Signore.