Omelia nella Solennità del Corpus Domini
San Marino Città (RSM), Basilica del Santo Marino, 8 giugno 2023
1.
«I bambini domandavano il pane, ma non vi era chi lo spezzasse loro» (Lam 4,4). Gesù avrà pensato a questo grido del libro delle Lamentazioni quando si è trovato di fronte alla grande folla che lo aveva seguito affascinata dalla sua persona e dalle sue parole. Allora compie il segno della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Giovanni, l’evangelista, volutamente non lo chiama miracolo, ma segno; nel segno c’è della compassione, ma soprattutto c’è la sua autorivelazione: «Ecco chi sono io!». «Io sono il pane della vita, non come quello che mangiarono i vostri padri e morirono» (cfr. Gv 6,48).
Gesù è la risposta alla promessa – valida oggi come allora – del profeta: «Ecco, verranno giorni – dice il Signore – in cui manderò la fame nel paese, non fame di pane, né sete di acqua, ma d’ascoltare la parola del Signore. In quel giorno appassiranno le belle fanciulle e i giovani per la sete» (Am 8,11.13).
Quel giorno, sulle colline attorno a Cafarnao, si manifesta colui che sazia la fame e la sete esistenziale. Ma quella gente si ferma al dono, all’ammirazione per il miracolo – non si è mai sazi di miracoli! – e non va al Donatore. Se lo cerca, è per avere ancora di quei pani.
Evidentemente c’è un equivoco!
Sappiamo dal racconto evangelico che Gesù si sottrarrà a questa strumentalizzazione: «Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati» (Gv 6,26).
2.
Gesù riprende il discorso nella sinagoga di Cafarnao. Un discorso che sconcerta nemici ed amici. Un tratto di quel discorso l’abbiamo udito poco fa: «Mangiate la mia carne, bevete il mio sangue». Frase ripetuta almeno sette volte, accompagnata da una motivazione sempre più chiara, sempre più incalzante: «Per vivere, semplicemente per vivere, per vivere davvero»; la vita è il perno di tutta la spirale argomentativa di Gesù.
Gesù è consapevole di possedere qualcosa che può cambiare la direzione dell’esistenza; noi, talvolta, la sentiamo in discesa, verso il basso, verso il meno, verso il vuoto e la disperazione. Gesù non ci sta! Capovolge questo piano inclinato: «Mangia la mia carne, bevi il mio sangue per avere la vita». Qui sta la genialità del cristianesimo: «Dio viene dentro le sue creature come lievito dentro il pane, come pane dentro al corpo, come corpo dentro l’abbraccio» (E. Ronchi). Viene per dare speranza e senso, per dare capacità di amare, per dare una socialità aperta e nuova.
Gesù ci affida il compito di entrare nella sua ora: l’Eucaristia ci attira nell’atto oblativo di Gesù. Noi non riceviamo soltanto in modo statico il Verbo incarnato, ma veniamo coinvolti nella dinamica della sua donazione. Ci attira dentro sé! «L’ammirabile conversione del pane e del vino nel suo Corpo e nel suo Sangue pone dentro la creazione il principio di un cambiamento radicale (…) nel più intimo dell’essere, un cambiamento destinato a suscitare un processo di trasformazione della realtà» (Benedetto XVI, Sacramentum caritatis, 11).
3.
Oggi festeggiamo il Corpus Domini: una festa di luci, di ostensori raggianti, di tabernacoli aperti, di petali di rose che i più piccoli gettano al passaggio dell’Ostia consacrata. Ma centro e motivo della festa è il donarsi del Signore in quel pane spezzato in cui ha scelto di abitare: mistero della fede! Presenza, azione e donazione di Cristo.
C’è di più: festeggiamo il fatto che possiamo e dobbiamo mangiare questo pane se vogliamo vivere. Notate il verbo semplice, concreto, realistico: letteralmente masticare e quindi assimilare, assorbire, metabolizzare. Sorprendente e affascinante il dono che Gesù fa di sé quando prende il pane, lo benedice, lo spezza e lo dà… Ma ancora più grande il fatto che mangiamo quel Pane e lui viene in noi e noi diventiamo lui: oggi è la solennità del Pane preso e del Pane mangiato.
4.
Nel Pane preso e mangiato c’è un duplice frutto: il primo la comunione-dono con Cristo, il secondo, la comunità tra quanti si nutrono di lui. La Chiesa fa l’Eucaristia, ma è più fondamentale che l’Eucaristia fa la Chiesa e le permette di essere la sua missione, prima ancora di compierla. Questo è il mistero della comunione: ricevere Gesù perché ci trasformi da dentro e ricevere Gesù perché faccia di noi l’unità e non la divisione. Il primo effetto, diciamo, è mistico o spirituale. Il secondo effetto è quello comunitario: «Poiché vi è un solo pane – ci ricordava san Paolo nella Seconda Lettura – noi siamo, benché molti, un solo corpo» (1Cor 10,17). Si tratta della comunione reciproca di quanti partecipano all’Eucaristia. Siamo comunità, tutti nutriti dal Corpo e dal Sangue di Cristo. Non si partecipa all’Eucaristia senza impegnarsi in una fraternità vicendevole e sincera.
5.
È necessario, cari sammarinesi, che ci interroghiamo sulla qualità delle nostre relazioni sociali, sulle nostre responsabilità educative, sull’accoglienza della vita nascente e anche nei momenti della sua fragilità. Torno a ricordare che altro è ciò che è riconosciuto legale e altro ciò che è veramente morale. Abbiamo perso un’occasione per affermare la nostra originalità, la nostra significatività tra le nazioni. Dio non voglia abbiano prevalso condizionamenti esterni. Noi non possiamo pensarci fuori dall’Italia, fuori dall’Europa, ma partecipi essendo noi stessi, con la nostra originalità.
È importante per i fedeli una ripresa della partecipazione alla Messa domenicale.
È indispensabile per noi sacerdoti fare della celebrazione eucaristica il centro della nostra vita; non possiamo celebrare la Messa secondo i nostri gusti e il nostro individuale criterio, semmai è la liturgia a normare noi. Papa Francesco, con serenità e chiarezza, «ci guida alla comprensione dello sviluppo e dei cambiamenti liturgici dal post Concilio fino ad oggi, alla ricerca della comunione e dell’unità nella Chiesa. I libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II in conformità ai decreti del Vaticano II sono l’unica espressione della lex orandi del Rito Romano» (DD 31).
Ai sammarinesi, ai fedeli, a noi sacerdoti la perseveranza nella preghiera perché il Signore doni degni ministri dell’Altare e a tutti uno stile di vita eucaristico. Così sia.