Omelia nella S.Messa per l’Ordinazione diaconale di Luca Bernardi e Vittorio Fiumana

Pennabilli (Cattedrale), 29 settembre 2018

At 8, 26-40
Sal 22
Ef 4, 1-7. 11-13
Gv 15, 9-17

(da registrazione)

1.
Oggi la Chiesa di San Marino-Montefeltro è in festa per l’ordinazione diaconale di Luca Bernardi e di Vittorio Fiumana; sente, gode e proclama che il conferimento dell’Ordine Sacro del Diaconato è un frutto della risurrezione di Gesù. Viene data, per l’imposizione delle mani del Vescovo, la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, allo scopo di edificare il Corpo di Cristo (cfr. Ef 4,11-12).
Secondo la testimonianza dei Sinottici (Marco, Matteo e Luca), Gesù aveva raccolto dodici uomini accanto a sé. «Salì sul monte – scrive l’evangelista Marco – chiamò a sé quelli che volle ed essi andarono da lui. Ne costituì dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demoni» (Mc 3,13-15). Contrariamente agli usi rabbinici Gesù stesso prende l’iniziativa della scelta: chiama a sé, chiama quelli che vuole, chiama sul monte. Questi sono gli amici speciali di Gesù e i suoi inviati, cioè apostoli. Sono con lui sia a motivo della permanenza con lui – «rimangono nel suo amore» (cfr. Gv 15,9) – sia per il fatto di essere mandati lontano da lui, ma non c’è contraddizione. Essi ri-presentano Gesù nella forza della sua venuta come Risorto: «Chi accoglie voi, accoglie me» (Mt 10,40). Questi amici di Gesù, nello stesso tempo, condividono il suo destino e vivono con lui un’esistenza pasquale, perché trovano la vita perdendola, passano dalla morte alla vita perché amano (cfr. Mt 16,25; 1Gv 3,14). Avete sentito, li chiama amici (cfr. Gv 15,15). Notate, le apparizioni pasquali sono per i discepoli degli invii in missione; lasciano in loro una forte impressione e li mettono in movimento, corrono (cfr. Gv 20,2-4). La risurrezione si ripercuote e si diffonde sotto forma di apostolato: «Mi è stato dato ogni potere – è il Risorto che parla – andate nel mondo intero» (cfr. Mt 28,18). Il modo di questi uomini di essere discepoli, di stare con lui, è di essere inviati. Attraverso loro la signoria pasquale si estende su tutte le nazioni. Dallo stare con lui, da questa immanenza, discende il loro andare, inevitabilmente. «Tutto ciò che fu visibile del nostro Redentore – l’abbiamo ripetuto tante volte in questi ultimi tempi – è passato nei segni sacramentali» (San Leone Magno, Tractatus 74, 2: CCL 138 A, 457). In voi, per la configurazione a Cristo, è dato di ripresentare il suo essere servizio d’amore: «Come il Padre ha amato me, io ho amato voi» (Gv 15,9).

2.
Avete sentito nella prima lettura qual è il servizio del diacono Filippo, e pure il vostro principale servizio, insieme alla carità e alla liturgia. È il servizio di cui ha più bisogno il nostro popolo: annunciare Gesù. Il diacono Filippo è docile allo spirito, è capace di salire sul carro e poi di andare al sodo nello spiegare le Scritture e quando scompare c’è grande gioia. La risurrezione impone alla predicazione un tema nuovo. Gesù annunciava: «Il Regno di Dio è vicino» (Mc 1,15) e i discepoli durante la loro “propedeutica” avevano ripetuto quell’annuncio. Adesso però è Gesù l’Annunciato, lui soltanto. Nel libro degli Atti, l’apostolo è definito come colui che è testimone della risurrezione. Colui che Gesù invia non è maestro in una dottrina, in una filosofia, in un’etica, ma annunciatore di un fatto. Ecco come un funzionario romano percepiva il crescente fenomeno cristiano: «Un certo Gesù, morto, che Paolo sosteneva essere ancora in vita» (At 25,19). Un bel biglietto di presentazione del cristianesimo! Preciso: non si trattava tanto del fatto della risurrezione in sé – magari su questo argomentiamo noi – quanto invece del risuscitato. Essi annunciano il Cristo Salvatore mediante la sua risurrezione. Se si fosse tolto loro quel nome non gli sarebbe rimasto più niente da dire. Sono apostoli perché proclamano Gesù Risorto. Come i Dodici, Paolo per divenire apostolo ha dovuto essere conquistato da Cristo e poi legato al suo mistero. Anche voi, ormai diaconi, siete apostoli per vocazione, per una chiamata, per una decisione, presa da Lui prima che da voi, «prigionieri a motivo del Signore» (Ef 4,1), come ci ricordava la seconda lettura. In altre parti Paolo dice prigioniero di Gesù Cristo, «ambasciatore del Vangelo in catene» (Ef 6,20), in catene per Cristo. Anche voi, prescelti, in catene per amore, per annunciare il Vangelo. Custodite in voi i segni di quel mistero. Nel vostro cuore risplenda la luce del volto di Cristo.

3.
Siete, e spero che lo restiate per tutta la vita, persone umili. Siete poveri, ma farete ricchi molti. Siete un sacramento della presenza del Risorto nel mondo. Non vorrei vi sentiste schiacciati, perplessi, imbarazzati per questo. Sentite quello che Gesù vi ha ripetuto: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate» (Gv 15,16). Azzardo: in un certo senso mi verrebbe da dire che Gesù muore perché siano fatti gli apostoli. Dice: «Per loro io consacro me stesso» (Gv 17,19). Gesù immola se stesso per voi, si perde in voi, perché voi siate Lui! Il sacramento che vi costituisce diaconi per sempre non si aggiunge come un optional, non è una semplice funzione esteriore, ma si identifica come una consacrazione pasquale. Il vostro servizio porterà frutto in questo: nell’essere in comunione con Cristo. Se rimanete in Lui, il chicco di grano che è Gesù, che è morto, porta frutto (cfr. Gv 12,24). È in questo modo che viene glorificato, ma porta frutto attraverso di voi, come attraverso i discepoli, i battezzati. In loro risuscita fecondo. Attenzione però, Gesù non è vivo perché voi lo annunciate, ma lo annunciate perché è vivo! Voi siete le mani, i piedi, il cuore del suo incontro con gli uomini. Allora «comportatevi in maniera degna della chiamata che avere ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità» (Ef 4,1-2). «Questo vi ho detto perché la gioia del Signore sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,11) e ne goda la nostra Chiesa tutta. Così sia.