Omelia nella S.Messa per l’Insediamento degli Ecc.mi Capitani Reggenti

Eccellentissimi Capitani Reggenti,
Eccellenza Rev.ma Mons. Petar Rajič, nunzio apostolico a San Marino,
Eccellenze e Onorevoli ospiti,
Autorità civili e militari,
sorelle e fratelli tutti,
l’occasione mi è propizia per esprimere la gratitudine e gli auspici di benemerenza ai capitani reggenti eletti e a chi, avvicendandosi nella secolare tradizione della nostra Serenissima Repubblica di San Marino, ha custodito fino ad oggi i valori e i fondamenti del dono della libertà e della giustizia, cosi come abbiamo pregato all’inizio di questa Celebrazione Eucaristica, invocando per essi, gli Ecc.mi Capitani Reggenti, la grazia «di adempiere fedelmente al loro incarico, di custodire e assicurare sempre al popolo loro affidato la libertà, nell’ordine e nella pace» (Cfr. Colletta Santa Messa).

Il Vangelo di oggi ci presenta il cammino di Gesù e i suoi discepoli verso Gerusalemme, «Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto» (Lc 9,51): un percorso fatto di attraversamento di villaggi, incontri, accoglienze e rifiuti, proprio come nelle vicende di tutte le donne e gli uomini, di ogni epoca, chiamati a corrispondere alle sfide che il tempo e la storia rivolge loro. Nella narrazione di Luca assistiamo ad una reazione di incomprensione, disgusto e inclinazione alla vendetta, che coinvolge particolarmente i discepoli, in una situazione di rifiuto da parte dei Samaritani, che culmina in una contraddittoria e infedele richiesta, rispetto allo scopo della missione del loro stesso Maestro: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?» (Lc 9,56). Gesù voltandosi verso di loro, li rimprovera, per poi riprendere il cammino.

In questa dinamica di fedeltà allo scopo e di richiamo ad esso, possiamo cogliere il senso del servizio, che affida, all’incarico e compito di “guida e custodia” delle sorti di un Paese e di una comunità, la distinta responsabilità di cura del proposito ispiratore e fondante, cioè di “ciò che è posto innanzi, davanti a noi” (Cfr. etimologia del termine proposito) per essere attuato.
Guardando davanti a noi si progredisce e si avanza nel desiderio di garanzia del bene comune, purché, come mostra Gesù ai suoi discepoli, la meta del nostro percorso sia chiara e definita: essa ci eleva al di sopra delle traversie e delle incomprensioni, temperandoci nella saggezza fondamentale di quel legame essenziale e vitale, che fonda e costituisce la nostra identità.

San Paolo VI, nell’indirizzo di saluto ai Capitani Reggenti, all’indomani della Conclusione del Concilio Vaticano II, evidenzia le peculiarità dell’ideale costitutivo a cui il nostro Santo Fondatore Marino consacra la nostra Serenissima Repubblica. «La storia secolare della benemerita Repubblica – afferma San Paolo VI – trae di qui il segreto della sua vitalità, la forza dei suoi ordinamenti, e soprattutto la freschezza di quelle prerogative, che la rendono ammirata anche davanti alle più grandi nazioni: il desiderio sincero e tenace della libertà e della giustizia»[1].

Questa fondamentale precisazione formula il senso del mandato odierno, che trae illuminazione, motivo e slancio dal cuore di ogni sammarinese, il cui senso di appartenenza è fortemente radicato nei principi ispiratori della libertà, nutrito dagli ideali del Santo Fondatore, Marino, che, mosso dallo Spirito Santo, tradusse l’anelito di pace e giustizia fondando una comunità-popolo regale, la cui nobiltà di rango ha radici molto più profonde e lungimiranti delle classificazioni sociali discriminatorie e causa di conflitti, perché tale sovranità comincia e si nutre all’affermazione della dignità e sacralità di ogni essere umano, la cui libertà è innanzitutto liberazione da ogni logica di oppressione e morte.

La meta di Gesù, nel suo cammino verso Gerusalemme, è chiaramente la croce, l’offerta totale di sé per liberare ogni creatura dal potere della morte e questo anelito sostenga e illumini il cuore e la mente di tutti nel promuovere, soprattutto in questo tempo, con l’offerta e il contributo del proprio incarico e missione, la giustizia e la pace, che, proprio da questa “terra della libertà” vogliamo unanimemente implorare, perché cessino le guerre e i conflitti in ogni parte della Terra, così come, senza tregua, il nostro amato Papa Francesco continua a scongiurare.

L’auspicio e i voti augurali, in questa circostanza, ottengano per gli Ecc.mi Capitani Reggenti il dono della fedeltà alla custodia della libertà, fondamento della pace, della giustizia e promotore del bene comune.

[1] PAOLO VI, Discorso ai Capitani Reggenti della Repubblica di San Marino, Udienza del 03 luglio 1963