Omelia nella S. Messa per la festa della Santa Famiglia

Ferrara (chiesa della Sacra Famiglia), 30 dicembre 2018

1Sam 1,20-22.24-28
Sal 83
1Gv 3,1-2.21-24
Lc 2,41-52

(da registrazione)

Nel brano del Vangelo che è stato proclamato c’è la prima registrazione di una parola pronunciata da Gesù. La prima parola di Gesù, secondo Luca, entrata nel Vangelo canonico è una domanda: «Perché mi cercavate?». Gesù ama molto interrogare e, in questo, dimostra un’arte squisita, perché stimola ad intervenire. Nei Vangeli ci sono tante altre domande di Gesù, in contesti diversi. Ad esempio, Gesù provoca i farisei dicendo: «Il battesimo di Giovanni è dal cielo o è dalla terra?» (cfr. Mt 21,25). A proposito del tributo: «Di chi è l’iscrizione?» (Mt 22,20). Ai discepoli chiede: «Che cosa cercate?» (cfr. Gv 1,38). A Maria di Magdala: «Chi cerchi?» (Gv 18,4). E al cieco Bartimeo domanderà: «Cosa vuoi che io ti faccia?» (Mc 10,49). Agli apostoli, dopo il discorso di Cafarnao: «Volete andarvene anche voi?» (Gv 6,67).
Tutto questo vale anche per noi che vogliamo metterci a seguire Gesù. Gesù ci fa domande. Ci educa attraverso le sue domande. Dobbiamo prevederle: lasciamoci mettere in questione volentieri, non si tratta di un esame, ma sono necessarie per andare in profondità. «Perché mi cercate?» (cfr. Gv 6,25-26). Si potrebbe pensare che già il cercare Gesù, di per sé, sia una cosa meritevole e buona, soddisfacente, sufficiente. Ma c’è, nella domanda di Gesù, anche un velo di rimprovero, come per risvegliarci. In effetti, ci sono modi e modi di cercare, ci sono motivazioni e motivazioni per cui cerchiamo Gesù. Anche Erode cerca il bambino, ma per ucciderlo. Lo cercano i beneficiati dopo la moltiplicazione dei pani, per avere il pane assicurato a buon mercato. Ci sono anche quelli che lo cercano per curiosità, per vedere qualche sua performance miracolosa, ma ci sono quelli che lo cercano con umiltà e soltanto per amore. Penso, ad esempio, alle donne la mattina di Pasqua, quando vanno al sepolcro e vengono rassicurate da un angelo che indovina lo scopo del loro pellegrinaggio all’alba. «Il crocifisso che voi cercate non è qui. È risorto! Cercatelo altrove» (cfr. Mt 28,5). Sono stato qualche giorno fa a Napoli nella cella in cui viveva uno dei più grandi geni dell’umanità, san Tommaso d’Aquino, grande teologo e filosofo medioevale. Aveva due segretari a disposizione quando dettava la teologia e la filosofia… Nella sua cella c’è un’icona dalla quale – si racconta – gli giunse la voce di Gesù: «Tommaso, tu hai scritto molto bene di me. Che cosa vuoi?». E Tommaso: «Nulla, Signore, voglio soltanto te». Questa risposta è bellissima. Provando a rispondere alla domanda che Gesù ci fa: «Che cosa cercate? Perché mi cercate?», vorrei rispondergli con voi: «Ti cerchiamo, Signore, per averti, per conoscerti di più e intimamente, per amarti, per avere la certezza, sempre crescente, che tu sei vicino a noi. Non ti consideriamo un “babbo natale”, cioè uno al quale si ricorre per avere salute, benefici, successo, vantaggi». Lui ci risponderebbe: «Per questi vantaggi va a cercarti altri dei. Io sono disteso sulla paglia, dentro ad una mangiatoia di legno; morirò attaccato ad un legno, ma sono con te, nella vita, nella tua famiglia». Queste domande e queste risposte vanno e vengono proprio all’interno delle nostre famiglie. Famiglie reali. C’è chi in famiglia non vede l’ora di andarsene e magari scappa da casa. C’è chi in famiglia lamenta solo la stanchezza. C’è chi tira a campare perché l’amore non c’è più, è sbiadito. C’è chi è alle prese con responsabilità educative impossibili. C’è chi teme di essere di peso. Poi, ci sono le difficoltà esterne alla famiglia: l’assedio di una cultura che la compatisce, le politiche famigliari insufficienti, il pensiero che dalla crisi si esce meglio da soli che con persone a carico. Ricordo che un anno avevamo come motivo della nostra festa parrocchiale questo slogan: «Famiglia, culla di Dio». Uno slogan suggestivo. Certo, Dio ha infiniti altri modi, luoghi, spazi nei quali manifestarsi, fare domande, attendere risposte, farsi presente. Ma nella Bibbia la rivelazione di Dio si intreccia spesso con storie di famiglie. Anzi, la Bibbia stessa, come un album, è piena di immagini che testimoniano le storie di Dio con le famiglie, da quella di Abramo fino a quella di Maria e Giuseppe. Anche la mia famiglia, come ogni famiglia, con le sue debolezze e le sue crisi, è un luogo privilegiato nel quale il Signore rinnova il dono della sua presenza. E noi siamo qui, questa sera, proprio per questo, per fare festa alla creazione divina che è la famiglia. All’inizio Dio creò l’uomo e la donna, una carne sola, per formare una famiglia e, da allora, non ha mai smesso di stare accanto all’uomo e alla donna che formano una famiglia. Il Signore fa delle relazioni famigliari addirittura il paradigma della sua manifestazione. Dio si dice, in alcune pagine della Bibbia, sposo. In altre, addirittura, madre, in altre ancora padre. Da allora, ogni famiglia, abbraccia il Signore nei bambini che nascono: «Chi accoglie uno di questi piccoli – dice Gesù – accoglie me» (Mt 18,5). Una casa aperta e solidale, che offre amore ed ospitalità, anche senza saperlo, accoglie il Signore (cfr. Ebr 13,1). La famiglia, lo ripeto, è culla di Dio, perché dove c’è amore, c’è lui. «Dove due o più sono uniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18,20). Sua delizia è abitare con i figli degli uomini (cfr. Prv 8,31).