Omelia nella S.Messa per la Festa del Crocifisso

Talamello (RN), 1° giugno 2020

Num 21,4-9
Sal 77
Gv 3,13-17

1.

«Bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo» (Gv 3,14). L’evangelista Giovanni allude alla Passione mentre Gesù, in questa conversazione con Nicodemo, gioca piuttosto sulle parole “salire” e “scendere” (cfr. Gv 3,13), senza mai ricordare la realtà della croce. «Il Figlio sarà innalzato», conferma più avanti, ma qui non è precisato se nella gloria o sulla croce (cfr. Gv 12,32). Tuttavia, lo strumento di supplizio diventa, attraverso il cambio di prospettiva che nasce nella fede e nell’amore del Padre, una scala verso la glorificazione, cioè l’effusione di questo amore sul mondo, lo Spirito Santo. Proprio per questo i nostri padri hanno voluto collocare la festa del Crocifisso di Talamello subito dopo la Pentecoste.

2.

In Occidente abbiamo insistito molto sulle raffigurazioni del “Christus patiens”, sottolineando che la sofferenza era necessaria per controbilanciare il peccato. Ricordo di quel bambino che, sfogliando un libro d’arte e guardando i Crocifissi e i particolari della crocifissione, sospira: «Gesù è morto così, che disgrazia!». Quel bambino, come tanti di noi, è stato educato ad esaltare il dolore, mentre è l’amore che salva!

3.

Chi si sa amato è in grado di uscire dal dualismo e sa percepire la presenza del bene anche nelle situazioni più tragiche, come quella di Gesù sulla croce. La sua morte, infatti, si rivela a chi guarda oltre come la guarigione dall’ingiustizia attraverso il perdono, in un atto d’amore supremo verso «chi non sa quello che fa» (cfr. Gv 23,34).
Come gli Ebrei nel deserto erano guariti dal veleno se guardavano il serpente di bronzo, così Gesù suggerisce di considerare la sofferenza e la morte, simbolo di ogni male, come il passaggio per scoprire l’amore del Padre. Si tratta di guardare a Lui (Sommo Bene), anziché guardare al proprio male!
Succede, talvolta, d’essere così ripiegati su noi stessi da ritenere necessario autoriscattare e pagare con la sofferenza il nostro “debito”, ma basta guardare il Bene oltre il male con una fiducia totale in Dio che non giudica ma salva… Preferiamo costruire la nostra salvezza con i nostri sforzi, i nostri mezzi e i meriti, anziché fidarci di un’altra salvezza.

4.

La croce è indicata da Gesù come il mezzo per guarire col potere trasformante dell’amore. Il virus più devastante è la sfiducia.
La croce di Cristo è gloriosa, come proclama la liturgia, perché segna il trionfo della salvezza attraverso la fiducia nell’amore del Padre. Non c’è in tutto il Vangelo e neppure nel resto delle Sacre Scritture una sola parola che consideri la croce gloriosa in se stessa. Ciò che è glorioso è unicamente il Crocifisso e lo è proprio perché è andato oltre i legni della croce mediante la risurrezione.
Due intuizioni del quarto Vangelo devono chiarire la nostra devozione alla Santa Croce:

  1. Quando guardiamo la croce non consideriamo tanto i due pezzi di legno perpendicolari (anche se d’oro… o artisticamente dipinti), guardiamo il “luogo” dell’azione salvatrice di Dio, dove si rende visibile.
  2. Mentre Gesù viene innalzato sulla croce passa per una tappa fondamentale della sua via verso il Cielo. Da qui il nostro atteggiamento di fede verso le croci che ci indicano la strada da percorrere e il nostro destino di risurrezione.