Omelia nella S.Messa in Coena Domini
Cattedrale di Pennabilli, 29 marzo 2018
Es 12,1-8.11-14
Sal 115
1Cor 11,23-26
Gv 13,1-15
1. Dopo tanto desiderio, dopo tanta preghiera, domenica scorsa – domenica delle Palme – sono risuonate le grida: «Ecco il re d’Israele: andategli incontro». E noi siamo usciti per andare incontro al Signore, abbiamo udito il lieto annuncio: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (Mc 11,10). Abbiamo accolto anche noi, tutti insieme, nel cuore, il nostro Dio.
2. Ma l’accoglienza non è che uno dei movimenti del nostro spirito. Quali altri movimenti ci vengono proposti in questa settimana santa, in particolare in questa sera di ineffabile intimità? Non c’è che una risposta, a mio avviso. Per un Dio che si è fatto uomo, che ha dato tutto, lasciandoci se stesso, la risposta si concretizza nel contraccambiare il dono. E se il dono è amore, la risposta è amore. Egli non fece altro che amare.
3. «Dopo aver amato i suoi, li amò sino alla fine» (Gv 13,1): espressione che indica la natura dell’amore, amore che ama in continuazione («dopo aver amato i suoi»), in forme sempre nuove, inedite, sorprendenti, per concludersi («li amò») con un atto di amore riassuntivo, inaudito, che rinnova e porta all’estrema conseguenza il precedente.
Egli non fece altro che amare. E noi, altro non dobbiamo fare che amare. All’amore, l’amore. Al dono, il dono.
4. Anche il nostro amore dev’essere «sino alla fine». È la prima delle note caratteristiche dell’amore di Gesù. Un amore sempre in sviluppo, dinamico e, quando occorre, anche esternamente travolgente. Un amore che non ha bisogno di parole; si manifesta anche nel silenzio.
5. Un’altra nota circa questo amore: è un amore che non dice mai basta. Un amore – a volte non pare – vittorioso, sempre vincitore, sempre stravincente (cfr. Rom 8,37). Un amore fedele; ma, nella sua fedeltà, non monotono, mai arrivato, perché sempre nuovo, sempre bello, sempre più bello. Un amore la cui misura – così dicono gli esperti dell’amore divino (cfr. Gv 3,14) – è quella di essere senza misura. Un amore che ha come meta il più, il meglio, il sempre, il tutto, la libertà. Potessimo davvero amare così! Amare sino alla fine.
6. Ma anche il cammino dell’amore incontra le sue difficoltà. Il Vangelo, ad esempio, ci attesta la ritrosia di Pietro. L’amore è esigente, categorico, definitivo: «Se non ti laverò, non avrai parte con me» (Gv 13,8). Un amore che vuole tutto, che vuole subito. Un amore che non vuole incontrare ostacoli, impedimenti, diaframmi. Un amore che domanda di arrendersi. Un amore, allora, il cui corrispettivo è l’abbandono totale, confidente, sicuro. Un amore il cui partner è un altro amore che si concede, si lascia invadere. Se il nostro amore fosse così, ci sarebbe più facile l’adempimento del comandamento di Gesù: «Se mi amate, osservate i miei comandamenti» (Gv 13,15).
7. Un’altra nota caratteristica di questo amore è l’imitazione. L’amore rende simili. Fossimo, davvero, presi da Cristo, dalla sua verità, dalla sua missione, lo imiteremmo spontaneamente, liberamente, perché allora l’amante diventerebbe l’amato. Contempliamo Gesù nel nostro cuore. Prima di sedere a tavola con gli amici, egli ama concretamente: si toglie la veste, indossa un grembiule, versa acqua, lava i piedi… Fermiamo nel cuore l’immagine di Gesù in ginocchio davanti a ciascuno di noi. Si sta accingendo a lavarci i piedi. Ci guarda con immensa tenerezza. Lui si è abbassato, noi siamo collocati in alto. «Non voi avete scelto me – dice Gesù – io ho scelto voi» (Gv 15,16). Che il suo sguardo e il nostro restino sempre in questa atmosfera di amore, in questa reciprocità. Così sia.