Omelia nella S.Messa di chiusura della Visita Pastorale nella parrocchia di Sartiano
Sartiano, 20 maggio 2018
At 2,1-11
Sal 103
Gal 5,16-25
Gv 15,26-27; 16,12-15
Pentecoste: è il vertice della storia della salvezza. Dalla creazione alla storia del popolo eletto, dall’incarnazione del Verbo alle giornate di Gesù sulla terra, fino alla sua morte e risurrezione… a che cosa mirava tutto questo? All’effusione dello Spirito Santo. E ora lo Spirito del Signore riempie l’universo.
La Pentecoste è anche il culmine dell’anno liturgico iniziato con l’Avvento. Lo Spirito Santo non si vede e, per raffigurarlo, si usano spesso metafore: la colomba, le lingue di fuoco, il vento gagliardo, il profumo… Con la sua invisibilità, lo Spirito Santo dice l’assoluta trascendenza di Dio. Dio è impossibile da catturare, come il vento. Impossibile da raffigurare, come il pensiero. Impossibile da circoscrivere, come un volto creato. Invisibile, semplice, trascendente, inaccessibile, eppure presentissimo.
Consentitemi il paragone: chi di noi, questa mattina, ha pensato all’aria con tutti i suoi componenti (ossigeno, idrogeno, ecc.)? Nessuno, ma abbiamo continuato a respirare. Così lo Spirito del Signore. Noi viviamo in lui. Lo Spirito è respiro del nostro respiro, anima della nostra anima.
Consentitemi anche un’altra metafora. Se fosse possibile avvicinarsi ad un bimbo ancora nel grembo della sua mamma, e si potesse parlare con lui, gli chiederei come sono gli occhi della mamma, il colore dei suoi capelli, il tono della sua voce. Quel bimbo mi risponderebbe: di chi parli? Eppure, quel bimbo è il più intimo che ci sia a quella donna. Così siamo noi rispetto allo Spirito di Dio. Lo Spirito è come il grembo nel quale siamo. Non lo vediamo, non lo sentiamo, non lo tocchiamo, eppure siamo intimi a lui e lui intimo a noi.
Tra le tante metafore che raffigurano lo Spirito Santo ne pesco un’altra. L’ho intravista negli scritti dei Padri della Chiesa, i grandi maestri dell’antichità. Essi rappresentavano lo Spirito Santo come “il bacio”. Proviamo a contemplare la Santissima Trinità, che nominiamo ogni volta che facciamo il segno della croce. Il Padre, che è la prima Divina Persona, è colui che ama per primo, è l’amante, è il principio dell’amore. Il Figlio, la seconda Divina Persona, è l’amato, perché il Padre, per tutta l’eternità, riversa il suo amore, anzi se stesso, in colui che gli sta di fronte, quel “tu” divino, che è il Figlio; in lui tutto è stato creato, anche noi siamo figli nel Figlio: il Padre amando il Figlio, ama noi, con lo stesso amore. Lo Spirito Santo, la terza Divina Persona, è il bacio, l’amore che unisce il Padre e il Figlio. Il bacio ha due caratteristiche fondamentali. Il bacio è la forma di comunicazione più alta che ci sia; con un bacio dici più di quanto dice un’enciclopedia; con un bacio dici tutto: «Tu sei vita della mia vita, respiro del mio respiro, tu sei il mio tutto». Quando due innamorati si baciano esprimono questo; quando una mamma bacia il suo bambino vuol dirgli che lui è tutto suo e lei è tutta sua. Nello stesso tempo il bacio è la cosa più muta che ci sia. Quando baci non puoi parlare.
Ecco lo Spirito Santo, il bacio di Dio: eloquente e silenzioso. Vorrei che questa settimana ci ricordassimo dello Spirito Santo e ogni mattina immaginassimo di essere svegliati dal suo bacio, un bacio che ci fa essere spirituali, che ci fa essere pietre vive di una Chiesa viva.
In occasione della Visita pastorale sono solito lasciare un messaggio, suggerire un impegno. Vi chiedo di essere “persone di spirito”, cioè persone consapevoli di essere piene della potenza e presenza dello Spirito Santo. In concreto: non solo restaurare – qui avete fatto grandi opere di restauro e altre vi aspettano, dalla statua di Sant’Antonio Abate al Tabernacolo e alla chiesetta di San Biagio – ma far rivivere. A che serve avere una chiesa splendida, restaurata, lucidata, se poi non ci sono i fedeli? Non siamo per il recupero dei musei: la chiesa la vogliamo riempire di presenze. Anche questo, dunque, è parte del mio messaggio: non solo restaurare, ma far rivivere. Così sia!