Omelia nella S.Messa di apertura della Visita Pastorale a Domagnano
Domagnano, 6 novembre 2017
1Cor 1,1-13
Sal 22
Lc 5,1-11
(da registrazione)
Vi è sicuramente nota la motivazione per cui quest’anno ci dedichiamo alla lettura della Prima Lettera di San Paolo ai Corinzi. L’anno scorso avevamo letto il libro degli Atti degli Apostoli per vedere come la gioia del Vangelo aveva animato le prime comunità cristiane. Quest’anno abbiamo scelto di fare una sorta di zoomata su una comunità in particolare, quella di Corinto, comunità fervorosa e a volte un po’ irrequieta, comunità ricca di doni e di carismi, ma anche di tanti pettegolezzi e avversità. Una comunità reale. I primi versetti della Prima Lettera ai Corinti sono perfetti come inizio, starei per dire come “copertina”, della visita pastorale del vescovo alla vostra parrocchia.
Chi è il mittente della lettera? Che coscienza ha di sé? Chi sono io che mi rivolgo a voi in questo momento? Tra Paolo, l’Apostolo, e il vescovo Andrea che relazione c’è?
L’Apostolo si è presentato con il nome proprio greco-romano, Paulus (Paolo), (di per sé si chiamava Saulo, come l’antico re d’Israele). San Paolo ha preferito il nome Paulus, cioè “piccolo”. Un nome subito accompagnato dalla qualifica: apostolo. Una qualifica che esprime l’autorità che proviene dal fatto che è inviato, ambasciatore di Dio; ma, a differenza dei profeti biblici, Paolo è inviato da Gesù Cristo. Quindi l’autorevolezza di Paolo sta nell’essere chiamato per, secondo la volontà di Dio. Il vescovo Andrea che cosa può dire di sé? Che è un “piccolo”, che non ha altra qualifica se non quella che gli proviene dall’imposizione delle mani nell’ordinazione episcopale. Non viene con sublimità di parola, né con la presunzione di essere qualcuno; anzi, avverte profondamente di essere circondato di infermità, di fragilità e, tuttavia, in forza della successione apostolica, viene per proclamare che Gesù è vivo. Vorrei dirvelo con tutta la forza che ho dentro: Gesù è vivo! A volte questa certezza si offusca, è appannata, per questo vengo a “lucidarla”: Gesù è risorto, è in mezzo a noi. Poi vengo per confermare nella fede. Nel momento in cui svolgo il ministero, unito a tutti gli altri vescovi, posso darvi la garanzia. Tutto il corpo episcopale, insieme al Santo Padre, ci dà la garanzia assoluta. Inoltre, vengo per assicurare che lo Spirito Santo agisce, è all’opera. Questo lo credo per la verità della fede, ma la posizione che occupo di apostolo nella grande Chiesa diocesana mi fa imbattere tante volte in esperienze negative, per questo devo incoraggiare in questi tempi difficili. Oggi vediamo che le chiese si stanno svuotando. Ma lo Spirito del Signore è in mezzo a noi; siamo appena all’alba della Pentecoste. Il dopo-Gesù indica che siamo dopo la risurrezione di Gesù, ma Gesù è presente in mezzo a noi più di prima. Sono qui anche per ringraziare «il mio Dio»: questo modo di dire di San Paolo sta a dirci la necessità di un rapporto personale con il Signore. Perché ringraziare? Per il dono della grazia, il “dono del dono” (grazia vuol dire dono), l’eccedenza dell’amore di Dio in Cristo Gesù. San Paolo usa l’espressione «in Cristo Gesù» almeno 70 volte. Siamo proprio “collocati” in Gesù.
Chi sono i destinatari della lettera? Dove abitano? In quali condizioni di vita?
Paolo dovrà riconoscere, qualche pagina dopo, che «non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, molti potenti, non molti nobili, eppure, davanti a quella comunità di fratelli, Paolo trasalisce di stupore, di gratitudine, di gioia, di incanto, tra i Corinti. Il Signore si è scelto nella complessità di Corinto una comunità che si configura con tre qualifiche:
1. Chiesa di Dio. Noi siamo abituati ad avere uno sguardo giornalistico nei confronti della Chiesa, ma l’espressione Chiesa di Dio rimanda alla tradizione biblica, dove l’assemblea del Signore è il popolo convocato da lui per vivere nella sua Alleanza. I singoli gruppi cristiani, che a Corinto si riunivano nelle case per fare la cena del Signore, erano la Chiesa di Dio. Come la nostra assemblea di questa sera con Gesù Risorto. Non siamo in grado di vederlo, ma sentiremo la sua impronta nel cuore.
2. Santi per la chiamata. Dio ha scelto chi ha voluto liberamente. I suoi occhi su di noi ci vedono nella sua santità. Siamo usciti da lui come il Verbo, la Seconda Divina Persona, il tu che sta di fronte a Dio, la sua Parola. Anche noi siamo parole uscite dal suo cuore. Ognuno di noi, arrabattandosi come può nella vita, deve realizzare quella parola iniziale che ci ha fatto esistere, che ci dà consistenza. Se noi camminiamo sul raggio su cui siamo stati posti diventeremo santi.
3. Santificati in Gesù Cristo. Penso al dono della fede, cioè la nostra risposta, penso all’immersione battesimale, cioè il sacramento con cui siamo stati lavati, santificati, giustificati, separati dalla profanità del peccato. Sentiamo dentro di noi che siamo peccatori, ed è la nostra coscienza che ci avverte, ma non ne godiamo e ci rimettiamo sempre in quella consacrazione.
Eppure la comunità di Corinto soffre per le divisioni, le gelosie, i rapporti negativi. Questo è uno dei suoi mali. San Paolo scrive per aiutarli. Anche le nostre comunità hanno le loro difficoltà, non dobbiamo scandalizzarci. San Paolo diceva che siamo stati tutti rinchiusi nella disobbedienza per usare tutti misericordia (cfr. Rom 11,32). Allora usiamo misericordia, reciprocamente, e incoraggiamoci. Gesù ha detto: «Dove due o tre sono riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro» (Mt 18,20). Notate che non ha detto «dove sono due o tre santi…»! Con questa gioia viviamo insieme questa settimana. Sia lodato Gesù Cristo.