Omelia nella S.Messa di apertura della Visita Pastorale a Dogana
Dogana, 16 ottobre 2017
1 Pt 2,4-9
Sal 109 (110)
Gv 15,1-8
Dalla cattedra il sacerdote spiega la Parola di Dio, non parla di sé, dei propri sentimenti; è discepolo come tutti dell’unico Maestro che è Gesù. Ma, in una sera come questa, si può cedere un po’ ai sentimenti, non sono estranei alla fede e all’esperienza ecclesiale: il cuore è il cuore!
Dal momento della partenza da Pennabilli – sede vescovile – fino a destinazione, non ho fatto che pensare alle visite degli apostoli alle prime comunità cristiane a Iconio, a Listra, ad Antiochia, per poi arrivare, al di là del mare, ad Efeso, a Corinto e, infine, a Roma. L’apostolo – uno dei primi compagni di Gesù – racconta, ogni volta come la prima, il suo incontro col Maestro, poi il cammino e le soste con lui. I cuori palpitavano per il desiderio di conoscere Gesù: non solo le parole e i miracoli, ma anche i dettagli – per chi ama, i dettagli non sono mai trascurabili! –, ad esempio com’era la sua veste, com’era l’erba quando furono sfamati i cinquemila, quanti erano i pesci raccolti quella notte in cui gli apostoli avevano osato tornare a pescare sulla parola di Gesù… Anche voi avete questo desiderio di conoscere Gesù, per questo venite in parrocchia. Ma perché conoscere Gesù? Per amarlo, per amarlo sempre di più. In questi giorni vorrei essere d’aiuto perché tutti facciano uno scatto in avanti nell’amicizia con Gesù, lo amino maggiormente e lo seguano. Se lui è il nostro punto di riferimento, se è la nostra pietra basilare, noi con lui formiamo un unico edificio. Da notare che coloro che fanno parte del suo gruppo, della sua comunità, non si sono scelti tra loro. La parrocchia è caratterizzata da un elemento fondamentale: la territorialità. Le persone che fanno parte di quel luogo preciso, come voi che vi radunate in questa bellissima chiesa, formano la comunità dei chiamati, cioè la Chiesa. Una metafora ancora più bella della Chiesa è quella della vite e dei tralci, dove scorre la stessa linfa: la vita di Gesù. La vita che è nelle sue parole e nei suoi insegnamenti, che diventano la nostra norma di vita, e quella che è nell’Eucaristia, il dono del pane spezzato in cui Gesù ha voluto essere presente. Ancora di più quella linfa è la vita stessa di Gesù che viene comunicata. Noi la chiamiamo grazia. La grazia ci fa santi, cioè ci fa come Gesù. È bello raccontarsi questo… Guai a chi dice con rammarico «siamo nel dopo Gesù»; semmai dopo la sua risurrezione, ma Gesù è vivo! Tante volte accadeva che il luogo dove si trovavano gli apostoli diventasse improvvisamente diverso, più luminoso; a volte c’era come un frastuono e lo Spirito di Gesù Risorto scendeva su una varietà di persone: qualcuno era un pescatore, qualcuno lavorava in campagna, qualcuno era soldato… Eppure, ognuno di loro diventava coraggioso. «Plebei illetterati» (At 4,13), sono detti negli Atti degli Apostoli, però capaci di dialogare anche con i sapienti, capaci di testimonianza, di audacia.
Il mio passaggio in mezzo a voi in questi giorni ha lo scopo di incoraggiare ed essere incoraggiato (anche voi aiutate me!).
Stamattina sono stato ad un convegno su Filone d’Alessandria. Questo personaggio, ebreo, cercava di dialogare con la cultura del suo tempo. Qual è la chiave per dialogare? Guardare Gesù crocifisso, perché lui, sospeso fra cielo e terra, perde tutto: perde il posto in sinagoga, perde gli amici – gli sono rimasti solo la madre e l’amico del cuore – e sente anche l’assenza del Padre: «Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?» (Mc 15,34). Non è un perdere la propria identità: ciò non sarebbe più dialogo; semmai è quella disposizione d’animo che è libertà e fiduciosa apertura, disponibilità all’essenziale senza compromessi.
Vorrei raccontare ora la storia di tre visite pastorali. La prima è narrata dal Manzoni nei Promessi Sposi. Una perla di quella visita fu l’incontro fra il cardinal Federigo e l’Innominato. Tutto comincia con il progetto malvagio dell’Innominato nei confronti di Lucia Mondella, un progetto che si tramuta in tormento interiore. Una notte di lotta e poi, al mattino, il suono delle campane che inondano la valle. C’è un popolo che si raduna festoso. L’Innominato – qui è certamente la grazia che ha l’iniziativa – scende, col suo tormento, ad incontrare il Cardinale. Ecco il celebre dialogo: «Dio, Dio, se lo vedessi! Se lo sentissi! Dov’è questo Dio?». E il Cardinale: «Voi me lo domandate? Voi? E chi più di voi l’ha vicino! Non ve lo sentite in cuore che v’opprime, che v’agita, che non vi lascia stare e, nello stesso tempo, vi attira, vi fa presentire una speranza di quiete» (cfr. A. Manzoni, I promessi sposi, cap. 23).
Alla vostra cortesia confido altri due racconti di visite pastorali, infinitamente più “casalinghi”. Il primo. Il vescovo vuole al centro della sua visita l’appuntamento coi giovani. Ma in quella parrocchia, pur popolosa, non vi è alcun gruppo giovanile. Il parroco da tempo ha lasciato perdere queste pecorelle del suo gregge. Si fa coraggio, va al bar centrale, offre da bere ad un gruppo di giovanotti e li prega di fare “presenza”. Si tratta di riempire il teatrino della parrocchia. Uno di loro si intenerisce per il suo vecchio parroco e sfida gli amici: «Andiamo! Con un’oretta ce la caviamo…».
Il vescovo, davanti a quella platea di giovani, si accalora e dà il meglio di sé. Da allora quel giovanotto reimpara il vialetto che porta alla chiesa. È un metalmeccanico con la terza media. Alla fine entra in seminario. Prende la maturità liceale e, dopo il percorso teologico, diviene sacerdote. Ora è parroco-abate di una importante comunità. Il secondo racconto è ancor più ingenuo. Altro il vescovo, altra la parrocchia. Secondo programma il vescovo fa visita ad alcune famiglie. Entrato in una casa, l’occhio episcopale, ad un tratto, si fa severo; alla vista dell’albero di Natale non trattiene la sua disapprovazione (altri tempi!): «Lo detesto». La mamma accompagna il vescovo nel sottoscala, tira una tendina. C’è un altarino con fiori, addobbi e odore acre di candeline appena spente. È uno dei suoi figli che gioca a fare il… prete! Il Vescovo va all’attacco, la mamma resiste. Alla fine quel bambino entra in seminario e diventerà vescovo! Attenzione: non tutte le visite pastorali finiscono così! Ma con le visite pastorali tante grazie arrivano. Non sappiamo che cosa accadrà durante questa settimana; la prendiamo dalle mani del Signore e siamo certi che lui farà meraviglie. Così sia.