Omelia nella S.Messa con i volontari della Colletta alimentare
Borgo Maggiore (RSM), 28 novembre 2019
Dn 6,12-28
Dn 3
Lc 21,20-28
(da registrazione)
Mi viene, anzitutto, questo pensiero. Ogni anno mi avete invitato con voi qualche sera prima dell’iniziativa della Colletta alimentare. Ricordo che la prima volta si trattò di una conferenza; eravamo a Domagnano, nella “Sala Montelupo”, con tanta gente. Un’altra volta, per la preparazione alla Colletta, si è visto un video insieme: il discorso che papa Francesco aveva rivolto a tutti gli amici della Colletta alimentare. L’anno successivo ho partecipato ad una conferenza stampa. Questa volta vengo coinvolto nel modo più bello di fare la preparazione, che è la preghiera.
Le letture che la liturgia ci propone per la giornata di oggi sono molto belle, ma anche impegnative. La pagina del Vangelo è quella che viene chiamata il “discorso apocalittico sinottico” (presente in tutt’e tre i Vangeli sinottici). La caratteristica dell’apocalisse di Luca parte da questo presupposto importantissimo: viviamo già nel mondo nuovo. Con la risurrezione di Gesù siamo entrati nel tempo nuovo; nel gergo dei biblisti si dice “nell’escaton”, nella pienezza. Noi, attraverso il Battesimo, configurati a Gesù, viviamo dello splendore di questa luce. Ma la vita nuova che viviamo la conosceremo a tappe. La prima è quando Gesù si è incarnato, si è fatto uomo. In seguito, un fatto clamorosissimo: la distruzione del tempio di Gerusalemme. Poi, il tempo della Chiesa: quanto durerà? Non lo sappiamo. Il quarto momento sarà il ritorno del Risorto. Dunque, siamo nell’escaton, siamo già dentro a questa luce, ma, con un procedimento tipico di Luca che ama periodizzare, nel tempo storico in cui siamo viviamo queste tappe.
L’accento viene posto sul tempo della Chiesa che, come avete sentito, non sarà un tempo né facile, né comodo per i cristiani: siamo stati avvertiti! Non c’è niente di assolutamente nuovo. Però, la tentazione di fronte ai fatti storici terribili che accadono (anche gli eventi naturali, come quelli di questi giorni) è quella di correre dietro alle ideologie e alle mistificazioni circolanti, ai “pettegolezzi” sulla fine del mondo, come il fare calcoli cabalistici nella speranza di facili quanto illusorie garanzie di salvezza. No, ogni momento è un momento decisivo.
L’apocalisse di Luca si conclude con la bella notizia che Cristo veglierà sul suo popolo, non permetterà che venga maltrattato oltre ogni limite. Sapendo questo, i suoi fedeli sanno mantenersi saldi nella difficoltà, fedeli al suo messaggio e alla missione che nel tempo lui affida loro. Certamente una missione che ci è affidata è quella di far sì che la terra somigli sempre di più al Cielo. Deve brillare sulla terra la fraternità, l’aiuto reciproco. Il gesto che ci prepariamo a vivere ci educa alla fraternità. Mi ha colpito una frase che ha detto il Papa la settimana scorsa, in occasione della Giornata dei poveri: «Io, cristiano, ho almeno un povero per amico?». Ma ogni persona può avere bisogno di noi.
Vorrei concludere con l’immagine che è stata ripresa più volte nell’archeologia cristiana dei primi tempi, l’immagine di Daniele nella fossa dei leoni. Qual è la leonessa peggiore che ci sia? La morte. Ecco perché nell’antifona all’offertorio della Messa dei defunti c’è un bellissimo brano musicale, dove si dice che l’anima viene liberata dalla bocca del leone. Penso che la Parola di Dio questa sera ci suggerisca di coltivare questa mentalità vincente. Prenderemo delle batoste, abbiamo davanti agli occhi tutti i nostri peccati, ma «alzate il vostro sguardo», dice il Vangelo. Che ciascuno di noi esca dalla preghiera “dritto” (come la signora anziana del Vangelo, piegata su di sé, che il Signore rialza), con un “di più” di fede. Il Signore ci libererà dalla bocca del leone, ha bisogno di noi, vuole impegnarci nelle opere della carità. Così sia.