Omelia nella III domenica di Pasqua
Valle Sant’Anastasio (PU), 18 aprile 2021
At 1,12-14
Salmo da Lc 1,46-55
1Pt 2,4-10
Lc 24,35-48
Secondo la tradizione l’evangelista Luca era medico ed è, tra gli evangelisti, quello che descrive più dettagliatamente le malattie e i riferimenti al corpo; è l’unico che, quando racconta la Passione, annota che Gesù «suda sangue», perché i capillari sulla fronte si rompono nel momento dell’angoscia del Getsemani.
Quando san Luca scrive di Gesù Risorto deve tener conto di una problematica di quel tempo: le comunità di provenienza greco-romana ammettevano tranquillamente la risurrezione dell’anima; anche i filosofi, basti pensare a Platone, accompagnavano a sepoltura i defunti dicendo che andavano «nell’Ade», ad indicare un’altra vita, una vita di tipo diverso (cfr. Iliade, Eneide). Per questo san Luca, nel suo Vangelo, si preoccupa di dirci che di Gesù non è sopravvissuta solamente l’anima, ma è risorto veramente nel suo corpo. Ecco perché chiama a raccolta i cinque sensi (vista, udito, olfatto, tatto, gusto). L’udito: Gesù parla, lo si può ascoltare. E poi dice: «Toccatemi!», mostrando le sue ferite nelle mani e nei piedi. Nel Vangelo secondo Giovanni, Tommaso viene chiamato ad introdurre il suo dito nella ferita del costato. «Ascoltatemi, guardate, toccate!», ripete Gesù. Ma i discepoli sono ancora perplessi e soprattutto impauriti, pensando che si tratti di uno spirito che è comparso d’improvviso.
Per persuadere definitivamente gli apostoli, Gesù chiede qualcosa da mangiare. Gli preparano del pesce arrostito: Gesù mangia. In altre redazioni del Vangelo è scritto che «ne diede anche a loro», quindi hanno mangiato Gesù e gli apostoli. Il mangiare ha una forte valenza simbolica: mangiare insieme vuol dire fraternità, vuol dire fare famiglia; mangiare significa anche che abbiamo bisogno di qualche cosa per vivere, non siamo autosufficienti.
Gesù si mostra “mendicante” della nostra fede, del nostro amore. È stupefacente che a schiodare gli apostoli dai loro dubbi sia la cosa più semplice, più normale: la consumazione di un pasto fatto insieme. Ma c’è un modo ulteriore con il quale Gesù persuade i suoi discepoli: è quando apre a loro il cuore. Qui intervengono i sensi interni. Gesù apre il loro cuore a comprendere le Sacre Scritture. Dietro le parole che leggiamo nelle Sacre Scritture, c’è la Parola, cioè il Verbo incarnato. Inoltre, Gesù compie quanto era stato detto nelle Sacre Scritture. Tutto l’Antico Testamento non è altro che una preparazione a Gesù. Qualcuno chiama l’Antico Testamento “quinto Evangelo”, un Vangelo scritto prima, perché in esso si parla di un Messia sofferente che prende su di sé i nostri peccati, le nostre difficoltà, «come agnello mansueto condotto al macello» (Is 53,7). Gesù, quando dice «pace a voi» (Gv 20,19), in fondo consegna se stesso, perché lui è la pace.
Gesù ci indica la strada che dobbiamo percorrere per poterlo conoscere, incontrare. Una l’ho già detta: sono le Sacre Scritture, il Vangelo. Vi invito a rimettere al centro il Vangelo, a tenerlo a portata di mano, a metterlo su un cuscino con un fiore davanti come si fa con una santa immagine, a leggere anche solo una pagina al giorno, o una frase, perché nel Vangelo incontriamo Gesù. C’è un altro modo per incontrarlo: l’Eucaristia. Gesù si fa presente nel dono di un pane spezzato: «Prendete, mangiate, è il mio corpo dato per voi…» (Lc 22,19). Ecco perché è così importante la Messa domenicale. Infine, c’è un’altra presenza del Signore: è il prossimo, soprattutto quello in difficoltà. Gesù ha detto: «Avevo fame, mi avete dato da mangiare; avevo sete, mi avete dato da bere; ero malato e siete venuti a visitarmi…» (Mt 25,35-36). E gli risponderanno: «Quando mai ti abbiamo visto affamato, assetato, malato…?» (Mt 25,37-38). Gesù dirà: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatta a me» (Mt 25,409.
Potremmo fare questa preghiera: «Gesù, non ti vediamo con i cinque sensi come hanno potuto fare i primi testimoni; a noi offri una conoscenza di te con i sensi interni, il principale è la fede: noi ti crediamo». Quando leggiamo il Vangelo, quando viviamo la Parola, quando facciamo la Comunione, quando compiamo un atto d’amore proviamo tanta gioia dentro di noi, sentiamo una particolare presenza.