Omelia nella II domenica del Tempo Ordinario
Monte Cerignone (PU), 17 gennaio 2021
1Sam 3,3-10.19
Sal 39
1Cor 6,13-15.17-20
Gv 1,35-42
È cominciato il tempo liturgico che chiamiamo “ordinario”. Meglio sarebbe dire che inizia il nostro cammino “quotidiano” alla ricerca di Gesù. Ma come incontrarlo?
Giovanni Battista l’ha indicato ai discepoli con questa espressione: «Ecco l’Agnello di Dio!». La parola “Agnello” non indica solo “l’animale-simbolo”, ma nelle Scritture significa anche “servo”. Ecco, allora, un doppio richiamo: l’Agnello pasquale che salva, che può essere mangiato, che nutre (cfr. l’Agnello dell’Esodo); il Servo di Dio, cantato nei quattro “Carmi del Servo sofferente” di Isaia, soprattutto nel quarto («attraverso le sue piaghe saremo risanati» Is 53,5). Ecco chi è Gesù!
C’è tanta autobiografia nel Vangelo di questa domenica. Penso sia così anche per molti di voi. Giovanni Battista indica Gesù che passa, ma tutto il brano è fatto di continui richiami al movimento, agli sguardi, agli inviti, agli appostamenti, agli inseguimenti: è vita.
Si incomincia con l’inseguimento dei due discepoli del Battista: Andrea e il discepolo innominato (ma dal contesto del quarto Vangelo si evince che si tratta di Giovanni). I due vedono Gesù solo di spalle. Al lettore non sfugge il richiamo all’esperienza di Mosè (cfr. Es 33,18-23) che chiede di vedere il volto di Dio, ma questo non gli è dato: non è possibile a nessuna creatura umana. Chi vede il volto di Dio non resta in vita… Ma quando il Signore sarà passato davanti alla rupe ed avrà coperto con la mano la “fenditura nella roccia”, Mosè potrà vedere le sue spalle. Così anche “quei due” all’inseguimento di Gesù potranno conoscerlo solo dopo che Lui è passato. Questo accade anche a noi: lo conosciamo dopo che lo abbiamo seguito ed abbiamo visto quello che ha fatto nella nostra vita.
Ma qui c’è una novità, una “sorpresa”: Gesù si volta! In questo “voltarsi” è sintetizzata tutta la vicenda di Gesù: Dio si fa vedere! “Voltarsi” non significa solo “girarsi”, ma anche “farsi volto”. Gesù è Dio che si lascia vedere, guardare, “inchiodare” con la nostra osservazione: “voltandosi” si consegna, entra nel nostro limite… E tutto per incontrarci!
Gesù rivolge ai due una domanda: «Che cosa cercate?». È una domanda sul desiderio: «Qual è il vostro desiderio più profondo?». Gesù si propone come compimento del nostro desiderio. Dio non ci è nemico, non ci propone cose assurde, ma vuole partire dal meglio che c’è in noi. Nei Salmi si chiede: «Mostraci il tuo volto, Signore» (cfr. Sal 27,8; 31,21; 90,8; 17,5 ecc.). Questa la risposta dei due: «Maestro, dove dimori?». Non chiedono tanto un’informazione topografica, un indirizzo con tanto di numero civico, ma dove “dimora” e “rimane”.
Ancora una volta il lettore di tradizione ebraica non può non pensare al tempio, il luogo della “Dimora”. «Qual è, Signore, il luogo dove io posso stare con te?». Sappiamo che Gesù «viene da Nazaret», dove è vissuto fino ai trent’anni (cfr. Lc 3,23); ha abitato a Cafarnao nel tempo del suo ministero in Galilea (a Cafarnao paga le tasse per lui e per Pietro cfr. Mt 17,27) e a Betania in casa di Marta, Maria e Lazzaro (cfr. Lc 10,38,42; Gv 12,1-11), vicino a Gerusalemme. Nell’Ultima Cena dirà che la sua dimora è «nel seno del Padre», dimora alla quale invita i suoi discepoli (cfr. Gv 14,2-4.11.23, ecc.).
«Che cosa cercate?»: una domanda fatta sulle rive del fiume Giordano, dove Gesù ha appena ricevuto il Battesimo. Quella domanda ritornerà alla fine del Vangelo, nel giardino in cui si trovava il sepolcro di Gesù. Maria di Magdala si ferma, va verso Gesù, pensa che sia il custode del giardino e gli chiede: «Dove hanno messo il corpo del mio Signore?». E Gesù si volta, si fa volto, e le chiede: «Chi cerchi?» (cfr. Gv 20,15). Tutto il Vangelo sta incluso tra queste due domande: la prima ai discepoli lungo il fiume, l’ultima a Maria di Magdala nel giardino. Tutto il Vangelo è un cammino per cercare non “qualcosa”, ma “Qualcuno”.
Riferendomi alla Prima Lettura di questa liturgia, riesprimo così il desiderio di quei discepoli: «Signore, dove dormi? Dove vai quando è notte?». Samuele va a dormire e sente la voce: «Mi hai chiamato? Eccomi». «No, torna a dormire», risponde Eli (cfr. 1Sam 3,5). E il Signore lo raggiunge in quel momento. Anche noi viviamo giornate di buio e di prova. Il Signore ci aiuta a stare con lui. Ma dov’è la sua casa?
Come si vede nella replica di Gesù, non c’è una raccomandazione sul comportamento, sul galateo, ma un invito: «Venite e vedrete» (Gv 1,39)!
Da questo punto in poi c’è uno “spazio vuoto”: non viene detto dove sono andati, che cosa hanno visto, che cosa hanno sentito. È voluto. Giovanni chiede al lettore di fare la sua parte e di colmare – per così dire – quello “spazio vuoto”. Il testo è laconico: «Essi videro dove Gesù dimorava». Tutto qui. Dove Gesù li ha portati perché «stessero con lui» sarà la causa del loro entusiasmo e del fuoco contagioso che si sprigionerà da quell’incontro. È il fuoco della missione! È un incontro che custodisce un mistero.
Gesù conduce chi sta con lui dentro se stesso. Si tratta ancora di movimento, ma molto più di un “movimento locale”. Quando avremo fatto come i due discepoli il cammino verso la conoscenza di noi stessi, incontreremo veramente Gesù. Prendendo consapevolezza della nostra indegnità e della nostra inadeguatezza per stare accanto a lui, conosceremo la misura della sua misericordia e del suo amore. Il luogo dove il Signore ci invita ad abitare non è altro che la carità!
Giovanni, l’autore del quarto Vangelo, ricorda l’ora di quell’incontro: ha lasciato un segno indelebile nella sua vita. Il desiderio, l’incontro, quello spazio di tempo e… infine, il cambio del nome a Simone. Il tempo è dato per la nostra maturazione.
Vi invito a ritornare, durante la settimana, su questi interrogativi; quelli di Gesù: «Quali sono i tuoi desideri più profondi? Qual è il momento in cui mi hai incontrato?», e poi i nostri: «Signore, dove dimori? Dove dormi?». Voglio stare con te.
Buon cammino, buon tempo!