Omelia nella I domenica di Quaresima
Pennabilli, Cappella del Vescovado, 1° marzo 2020
Gen 2,7-9; 3,1-7
Sal 50
Rm 5,12-19
Mt 4,1-11
«Avete ricevuto uno spirito da figli» (Rom 8,15).
Mi propongo di ripetere ogni giorno l’annuncio più bello e robusto che ci sia: ho ricevuto uno spirito da figlio! Non tutti siamo padri o madri, fratelli o sorelle, mariti o mogli… ma tutti siamo figli. Se esistiamo è perché qualcuno ci ha generati. Una esperienza ovvia e per questo dimenticata. Veniamo dai nostri genitori e, in ultimo, da Dio che ha messo in noi – unici fra tutte le creature – il suo stesso Respiro. Dio è Padre! Noi suoi figli, «e lo siamo realmente» (1Gv 3,1). Da qui discende l’antropologia della nostra inviolabile dignità e della comune dipendenza filiale: dipendenza che dona vita, fa crescere e conduce alla felicità (cfr. Sal 17,36). L’orgoglio talvolta ne oscura la giusta comprensione. L’affidamento al Padre va purificato da equivoci: sentimenti di paura, di ansia, retaggio di esperienze non felici nel rapporto padre-figlio. Col Salmo 131 possiamo cantare: «Io sono tranquillo e sereno come un bimbo svezzato in braccio a sua madre (Dio è anche madre!), come un bimbo svezzato è l’anima mia». Eppure, siamo tentati di pensare: sono solo; se non mi do da fare, chi pensa a me? La prima forma della tentazione è sostituire il Padre con le cose: «Dì che queste pietre diventino pane… ». La seconda è quella del “pinnacolo del tempio”, la tentazione che demolisce la fede con la sua caricatura: «Chiedi a Dio un miracolo: buttati giù…». La terza è quella del potere: «Prendimi come tuo dio e avrai tutto il potere del mondo. Abbandona il Dio che dice beati i poveri, che si propone di conquistare il mondo con la follia della croce e l’ingenuità dell’amore». Le tre tentazioni sono un attacco frontale alla fede nel Dio Padre annunciato da Gesù. E sbagliarsi su Dio è il peggio che possa capitare. Il racconto delle tentazioni ci riporta al supremo comandamento: «Ho posto davanti a te la vita e la morte, scegli! Ma scegli la vita» (cfr. Dt 30,19). L’inganno consiste nel far credere che bastino alla nostra vita e al nostro futuro un pezzo di pane, un po’ di potere, di successo, e così cancellare la nostra fame di cielo e di bellezza. Camminiamo con l’abbraccio forte del Padre.
Qualche tempo fa sono andato in una famiglia per portare la Comunione ad una cara nonnina. Era a letto. Una donna esile, con qualche dente sopravvissuto che il sorriso fa intravvedere. Da quel che si poteva intuire, meno di un metro e mezzo di altezza. Parlavo con la figlia, che mi confidava le difficoltà dei figli (uno studente e l’altro disoccupato) e del ménage famigliare. Evidente la preoccupazione. Intervenne la nonnina – pensavamo che non sentisse – ed esclamò con la sua vocina: «Ma ci sono io!». Ingenuità e simpatia di questa uscita…
Mi ha fatto pensare al Padre invisibile ma presentissimo, l’Onnipotente che sente il pianto di un bambino nel deserto (cfr. Gn 21,17). È il Dio di cui ci parla Gesù! È il Dio che Gesù ha sempre presente (cfr. Gv 11,42). Così si vincono le tentazioni! Non siamo soli.