Omelia nella I domenica di Avvento
Lunano, 2 dicembre 2018
Chiusura della Visita Pastorale a Lunano
(da registrazione)
1.
Cari fratelli e sorelle di Lunano,
avete risvegliato in me un sogno, il sogno di Gesù: il mondo unito. Nel sogno non c’è soltanto l’emergere dell’inconscio, quindi del passato, ma il sogno contiene sempre anticipazione e slancio. Sento Lunano, nel mio cuore, come un laboratorio, in cui i cristiani sono in prima linea per realizzare la preghiera di Gesù: «Che tutti siano una cosa sola (ut omnes unum sint)» (Gv 17,21). È il cuore del Vangelo.
Come si fa a fare un mondo unito? Da dove cominciare? Potremmo mandare una lettera al segretario dell’ONU? Incarichiamo i nostri governanti di farsi promotori di nuove iniziative? Il mondo unito lo costruiamo noi adesso, qui, stando insieme; lo costruiamo nella nostra famiglia, nella scuola, nella fabbrica dove andiamo a lavorare. Il mondo unito lo si costruisce attraverso rapporti veri.
2.
Continuate ad avere cara la famiglia.
Oggi entriamo nel tempo dell’Avvento. Gesù, quando è venuto al mondo, era povero, non aveva niente; è nato in un luogo di fortuna, in una grotta; è stato adagiato in una mangiatoia. Si è privato di tutto, ma non ha rinunciato ad avere una famiglia… e che famiglia!
Chiedo tutto il vostro impegno per la famiglia, a cominciare dalla vostra. Certo, la famiglia nasce dal torrente impetuoso che è l’amore tra un ragazzo ed una ragazza, felici di essere insieme e di fare un progetto per sempre, ma quel torrente impetuoso ha bisogno di argini, altrimenti si perde, diventa acquitrino. I cristiani fanno di tutto per tenere unita la famiglia, per proteggerla, per farla sempre più bella.
Penso al sacramento del matrimonio; se ne parla poco. La teologia del matrimonio è bellissima. Mi è capitato di parlarne ad un incontro in modo così esaltante che una coppia di fidanzati mi ha chiesto perché non mi fossi sposato.
Dico sette cose sulla famiglia (sarebbero molte di più).
- La famiglia è cellula fondamentale del vivere sociale: con questa affermazione siamo d’accordo tutti, indipendentemente dall’appartenenza politica. La famiglia è il primo mattone della costruzione sociale.
- È diritto di ogni bambino nascere in una famiglia. Tra i componenti della famiglia è importante creare quella realtà affettuosa che è indispensabile per una crescita sana.
- La famiglia è una indiscutibile risorsa economica. In una famiglia ci si appoggia gli uni agli altri, si condividono le spese.
- La famiglia è un sostegno per chi è fragile. Una delle cose più belle che don Bruno mi ha fatto vivere questa settimana è stato l’incontro con i nonni. Ho visto anche la sofferenza, portata con dignità.
- La famiglia ha il compito della trasmissione dei valori. I valori fondamentali non si imparano sui libri o su Google, si trasmettono con la vita. In questo la famiglia è una grande risorsa. Il più grande filosofo non vale quanto una mamma, quanto un papà.
- La famiglia è convivenza delle diversità. In famiglia le diversità si armonizzano: chi è maschio e chi è femmina, chi ha un’opinione politica e chi ne ha un’altra, chi va in chiesa e chi non ci va… In famiglia si impara a tenere unite le diversità.
- Soprattutto la famiglia è un’invenzione divina. L’uomo e la donna lasciano la loro casa per essere una carne sola e fondare una nuova famiglia (cfr. Gn 2,24).
3.
Don Bruno, questa settimana, mi ha fatto vivere la “Chiesa in uscita”, mi ha fatto sentire cosa vuol dire “avere l’odore delle pecore”, come dice il Santo Padre, accompagnandomi in tante fabbriche. Dobbiamo dire grazie perché il lavoro c’è e ci sono abbastanza prospettive per il futuro per i nostri giovani.
Cosa pensiamo al mattino quando andiamo a lavorare? «Uffa, anche oggi…». «Menomale che è venerdì e per due giorni non vado… ». Quello che si dovrebbe pensare quando si esce di casa, mentre si dà un bacio ad una santa immagine per chiedere protezione, è che si va a lavorare per amore. Ed è Dio che ha voluto che l’uomo sia impresario con lui, quando ha detto: «Ecco la terra, soggiogatela… riempitela» (cfr. Gn 1,28).
Anche Gesù ha lavorato nella casa di Nazaret e ci ha insegnato come affrontare la fatica. Anche gli animali lavorano: le rondini fanno dei nidi bellissimi, capolavori di ingegneria; le api sono straordinarie con la loro organizzazione sociale; i castori intrecciano dighe che sono opere eccellenti. Ma l’uomo, nel lavoro, sa mettere in gioco la libertà, il cuore, l’intelligenza. In fabbrica si lavora insieme, si socializza e, talvolta, si prova nostalgia, come a scuola. Ricordo come, da ragazzo, al primo giorno di vacanza mi mancavano i miei compagni di liceo.
Mi rivolgo ai giovani. Cari ragazzi, quando ci siete ci date una grande gioia. Quando mancate la vostra assenza pesa. Grazie di esserci! Voi chiedete spesso che la Chiesa si aggiorni. Ci sono cose che la Chiesa non può cambiare perché le ha dette Gesù. Gesù ha detto che sarà presente nel pane consacrato, la Chiesa non può dire che è solo un simbolo. Gesù ha detto che dobbiamo perdonare settanta volte sette; anche se si fa fatica a perdonare, non possiamo non avere la tensione al perdono. Così quando ha detto che il matrimonio è indissolubile e che ci si sposa tra uomo e donna, non dobbiamo pensare diversamente seguendo le mode. È il mondo che deve innalzarsi, non la Chiesa smentirsi.
Un invito ai ragazzi: fate atti d’amore. Come si fa a misurare la gradazione d’amore? Qual è il termometro? È il sacrificio. Per un atto d’amore bisogna sempre scomodarsi, fare spazio all’altro. E, se uno ama, non sente il sacrificio.
Concludo ringraziando per questi giorni. Ho capito di più la mia missione, ho capito chi è il vescovo e la grazia della successione apostolica. Un bambino ha detto con i suoi a casa: «Ho capito chi è il vescovo: è l’amico di Gesù». È vero, il vescovo ha una particolare intimità con Gesù (senza clericalismo). E cosa deve dire quando gira per il Montefeltro? Siate più buoni? Deve dire solo questo: Gesù è risorto ed è vivo in mezzo a noi!