Omelia nella Festa di San Marino
San Marino Città (RSM), Basilica del Santo Marino, 3 settembre 2023
Sir 14,20-15.4
Sal 47
At 2,42-48
Mt 5,13-16
Eccellentissimi Capitani Reggenti,
Onorevoli Autorità politiche e militari,
fratelli e sorelle,
carissimi tutti,
con la festa dei suoi santi la Chiesa non riconosce al tempo la potenza di distruggere ciò che è stato creato dalla verità, dall’intelligenza e dalla passione per gli uomini.
Oggi noi non siamo qui a ricordare il passato. San Marino non è il passato. Nella comunione dei santi è una presenza. Come ogni uomo che è andato da questo mondo al Padre, continua la sua opera – è stato detto all’inizio di questa liturgia –, un’opera che noi dobbiamo continuare. Anzitutto, riconosciamo la straordinaria esperienza di fede di cui Marino è stato protagonista, perché le sue sorgenti non erano in lui, ma presso il mistero di Dio, nel profondo della morte e risurrezione del Signore Gesù. Abbiamo cantato poco fa con il Salmo: «Le mie sorgenti sono in te città di Dio». Con un personale e affettuoso rapporto con il Cristo, Marino è diventato l’intelligenza di sé e della vita, quell’intelligenza di cui ci ha parlato il libro del Siracide nella Prima Lettura, con un linguaggio pieno di immagini e di suggestioni. Marino è divenuto capacità di carità, di comunione, di solidarietà, proprio come descritto nell’icona della comunità primitiva degli Atti degli Apostoli, e poi è divenuto luce, formando insieme una comunità e un popolo. È questa la ricca tradizione che riceviamo ancora una volta dal santo Patrono e Fondatore. È come se san Marino ci riconsegnasse la sostanza profonda della sua esperienza di cristiano e di uomo, creatore di una Repubblica che ha sfidato i secoli, nella coraggiosa difesa della propria libertà interna ed esterna.
Con doverosa premura, e anche con piacere, annuncio che la figura di Marino, come santo Fondatore e Patrono della nostra Repubblica e come testimone del Vangelo, è oggetto di una iniziativa promossa congiuntamente dalle Commissioni nazionali per l’UNESCO di Italia, Croazia e Repubblica di San Marino. Si sta predisponendo, in queste settimane, la candidatura del manoscritto più antico della Vita Sancti Marini et Leonis nei documenti inseriti nel registro “Memoria del Mondo” dell’UNESCO, che raccoglie e promuove il patrimonio documentario mondiale. Il manoscritto, conservato nella Biblioteca universitaria nazionale di Torino, reca la più antica testimonianza esistente della vita di san Marino e di san Leone, ovvero la narrazione dell’itinerario umano e spirituale che condusse i tagliapietre di Arbe, fra la fine del III e gli inizi del IV secolo, dalla Dalmazia alle coste italiane del Mar Adriatico. Il racconto dell’insediamento sul monte Titano di Marino e la creazione di una comunità secondo gli ideali di fede, laboriosità, convivenza civile, indipendenza, libertà, sono alla base dell’esistenza stessa della Serenissima Repubblica di San Marino. Tali principi, assai avanzati per l’epoca, sono conformi a modelli sociali e politici codificati poi in epoche successive, anticipando orientamenti oggi definiti e raccolti negli atti istitutivi di importanti organismi internazionali delle Nazioni Unite.
La testimonianza di fede di san Marino diventa per noi un’occasione di verifica della nostra fedeltà a quelle radici, ma anche un rilancio della nostra missione. Missione è parola grande, impegnativa, che segna la nostra vita e rinvia al nostro compito, compito di ogni cristiano, mandato da Cristo nel mondo per annunziare, fino agli estremi confini, il suo Vangelo.
Ci uniamo, in questo momento, a papa Francesco che celebra l’Eucaristia in Mongolia, terra lontana per noi, ma terra di fratelli e di sorelle per tutti. Rinnoviamo la nostra opera di pace e di fraternità. È la luce che dobbiamo portare ed è la luce che siamo, secondo le parole del Signore Gesù: «Voi siete la luce del mondo… Voi siete sale della terra». Certo, ci si smarrisce un po’: «Io, luce e sale?». Eppure, il Vangelo ce lo conferma. Non possiamo vivere nel nostro particolare senza aprire quotidianamente le finestre della nostra intelligenza e del nostro cuore alle immani tragedie che accadono nella vita di interi popoli: possiamo vivere in una situazione privilegiata di carattere culturale, sociale, economico e politico, senza sentire il grido di sofferenza di tante persone, di tanti popoli?
Carissimi, all’inizio di un nuovo anno pastorale, dopo la pausa estiva, attrezziamoci per essere sempre più adeguati alla missione affidataci. Avevamo concluso l’Assemblea diocesana, nel giugno scorso, riconfermando il proposito di essere “costruttori di comunità nei cantieri della vita”. In quell’occasione abbiamo raccolto esperienze di vita, pensieri, propositi. Grazie a chi ha voluto condividere, grazie a chi si è messo in ascolto attento, grazie a chi è disposto a riprendere il cammino insieme: Sinodo. Sinodo nella sua fase di discernimento.
Permettetemi un ricordo particolare, un ringraziamento, una benedizione ai miei sacerdoti. Quest’anno, con loro, andremo al cuore della comunione, rimettendo al centro delle nostre comunità, con rinnovato slancio, con consapevolezza e fervore, l’Eucaristia, che è presenza (se ne fossimo veramente convinti, quanto coraggio prenderemmo!), azione (il Signore non è immobile nell’Eucaristia, non è gioiello in cassaforte) ed auto-donazione, permanente e vivificante, del Signore. Un programma di sempre, ma sempre nuovo, da affrontare con rinnovato slancio. Anzitutto: custodire l’integrità della fede; promuovere la santità della vita; custodire l’unità fraterna; vegliare sull’autenticità della devozione: questo chiediamo al Signore, con l’intercessione del nostro Patrono e Fondatore Marino. Così sia.