Omelia nella Festa di San Marino
San Marino Città (RSM), Basilica del Santo Marino, 3 settembre 2021
Sir 14,20-15.4
Sal 47
At 2,42-48
Mt 5,13-16
Eccellenze, Autorità civili e militari,
carissimi tutti,
ogni anno ci viene riproposta una pagina stupenda del libro del Siracide. Protagonista è l’uomo che cerca la sapienza. Si potrebbe dire che parla del santo Marino e di ciascuno di noi: chi non cerca la sapienza? Questo cercatore viene descritto nell’atto di inseguirla in tutti i modi: come un segugio che si apposta sui sentieri, spia, sta ad ascoltare, tende l’orecchio… Sorpresa! Ad un certo punto, è la sapienza che gli va incontro. La sapienza viene descritta con i tratti di una madre, perché è premurosa, ha la dedizione di una vergine sposa. La cerchiamo davvero ogni giorno come la cerca il protagonista di questa pagina, come l’ha cercata san Marino? Nella preghiera iniziale abbiamo chiesto di crescere nella consapevolezza di essere continuatori della sua opera.
Abbiamo bisogno di sapienza. Le vie che dobbiamo percorrere sono tutte in salita e piuttosto ardue. Emergono fatti che non sono che la punta di un iceberg. Metto davanti al nostro santo Marino e, attraverso lui, al Signore qualcuna delle problematiche che oggi ci mettono alla prova.
Le migrazioni: non sono un fatto emergenziale, ma un fenomeno di strutturale mobilità umana legata a vari fattori che ostacolano il diritto di vivere nella propria terra; un fenomeno destinato a ridefinire l’aspetto politico, identitario, culturale. Quale soluzione? La si può trovare solamente insieme, facendo appello alla coscienza internazionale. L’interdipendenza – ci ricorda papa Francesco – ci obbliga a vedere il pianeta come patria e casa comune e l’umanità come un popolo. Ce lo ricorda il Vangelo appena proclamato: siamo chiamati ad essere luce per sconfiggere le ombre di un mondo che tende a chiudersi. Preghiamo per le sofferenze e il dolore del popolo afghano; siamo col fiato sospeso in attesa dei prossimi sviluppi: situazione complessa per l’intreccio di tribù ed etnie diverse, condizionata dalla nuova ricchezza delle terre rare e dalla coltivazione e i traffici di droga.
Un’altra emergenza: siamo ancora coinvolti nella pandemia da Covid-19. 4 milioni di decessi, 200 milioni di contagi. I numeri sono approssimativi… se pensiamo a tanti paesi dove i calcoli sono impossibili. In Africa solo l’1% della popolazione è vaccinato. Non è che un esempio. Siamo sulla stessa barca. C’è una cultura da conquistare giorno per giorno per arrivare al “noi”.
Ci sono, poi, problematiche che affiorano nella società – a San Marino, in Italia e nel mondo – gravi interrogativi di carattere etico-antropologico, quali aborto, eutanasia e nuove frontiere sperimentali sull’uomo. È l’essere umano che è in gioco e il rapporto-alleanza che Dio ha stabilito con lui.
Ci sono cattolici impegnati sul fronte sociale, sui diritti umani e sui grandi temi dell’ecologia. Alcuni cattolici accentuano l’attenzione alla salvaguardia dei valori etici non negoziabili; talvolta sembra che tra le due prospettive affiori un solco. Agli uni e agli altri sento il dovere di ribadire come il Vangelo dell’amore di Dio per l’uomo, il Vangelo della dignità della persona e il Vangelo della vita sono un unico e indivisibile Vangelo. Non ci si può considerare cattolici e non riconoscere che la vita umana è sacra perché, fin dal suo inizio, comporta l’azione creatrice di Dio e rimane per sempre in una relazione speciale con il Creatore, suo unico fine. Solo Dio è il Signore della vita, dal suo inizio alla sua fine naturale. «Prima di formarti – dice la Sacra Scrittura – nel grembo materno ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce ti avevo consacrato» (Ger 1,5): l’esistenza di ogni individuo, fin dalle sue origini, è nel disegno di Dio e non ne uscirà mai, perché la vita va oltre, è per sempre.
Sono davanti ad un’assemblea del santo popolo di Dio che deve essere rassicurato su questi temi alla luce della Parola del Signore. Per il credente, come per il non credente, ci sono altrettanti argomenti di ragione che portano a non ammettere che anche un solo momento del meraviglioso processo della vita possa essere lasciato in balia dell’arbitrio dell’uomo.
Considerare, discernere e agire su questi temi di società è parte essenziale della fede cristiana e nostra “identità umana”. Si tratta di dare un’anima al sociale. Il nostro impegno non può essere ridotto a pratiche formalmente funzionali. L’indice di sviluppo oggi non si valuta solo dall’economia, ma soprattutto dal rispetto dei diritti umani, dal rispetto dell’altro: il diverso, il fragile, il nascituro…
Permettetemi di riprendere l’appello che ho pronunciato alla città di San Leo nella festa del Patrono. Mi riferisco all’attuale situazione pastorale delle nostre comunità: «Dobbiamo riprendere con rinnovato entusiasmo le attività pastorali dopo le chiusure e le restrizioni. Le nostre chiese, pur con le necessarie precauzioni, ora sono spalancate. Altrettanto le sale di comunità per gli incontri e la catechesi. Invito tutti, ragazzi, giovani e adulti, a riaccostarsi alla vita pastorale ordinaria. Ora è il tempo di riprendere la vita consueta, senza buttare via quello che c’è stato di bello, nonostante tutto, come i collegamenti online, le liturgie domestiche in famiglia e tra famiglie… L’incontro e la relazione sono sostanza dell’esperienza cristiana, non sono un dettaglio. Vedo l’esitazione di alcuni e la dispersione di tanti. Metto in conto anche la pigrizia e il disamore. Qualcuno si aspettava uno slancio di fede e un accrescimento di fervore in tempo di pandemia. Un’ingenuità? La pandemia, invece, ha evidenziato i segni profondi della secolarizzazione, ha smascherato l’abitudine e l’andazzo. Ebbene, ritorniamo. Dalla dispersione all’unità: essere popolo di Dio. Chi ha fede più solida aiuti i più deboli, i genitori accompagnino i figli al rientro, le associazioni mostrino la vitalità e l’audacia del loro carisma. Questo momento storico assomiglia al ritorno del popolo di Israele dopo l’esilio. L’invito al ritorno fu descritto con accenti lirici dal secondo Isaia (cfr. Is 40). Ma i profeti post-esilici, molto realisticamente, non hanno risparmiato parole severe a chi si è attardato, o peggio, adattato nel contesto dell’esilio. Il profeta Aggeo se la prende per quanti, pur rientrati nei confini, pensano ai loro affari o trascurano la casa di Dio (cfr. Ag 1,2-7). Ripartiamo. Riprendiamo. Ricominciamo. Non è questione di numeri, ma di qualità, di fervore!
A tutti rilancio le parole evangeliche: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà rendere salato? […] Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte».
La Repubblica di San Marino, che ha una tradizione millenaria, può essere «casa costruita sulla roccia», sui valori del Vangelo: cura dei più deboli, amore-amicizia nella reciprocità, visione dell’uomo come realtà capace di amare, di ricominciare, di perdonare, di accogliere i più deboli, con l’apertura ai valori dello Spirito: onestà, verità, fiducia…
Marino, uomo santo, che vuoi l’uguaglianza, la libertà, nello spirito della fraternità per tutti: prega per noi.