Omelia nella Festa della Presentazione di Gesù al Tempio

Valdragone (RSM), Casa San Giuseppe, 2 febbraio 2022

XXVI Giornata mondiale della Vita consacrata

Ml 3,1-4
Sal 23
Lc 2,22-40

A quaranta giorni dal Santo Natale ecco la Festa della Presentazione del Signore al Tempio. «Alzate, o porte, la vostre fronte, alzatevi soglie antiche ed entri il Re della Gloria» (cfr. Sal 24,7). Se fossimo stati presenti in quel momento chi avremmo visto entrare attraverso il grande portale del Tempio di Gerusalemme? Avremmo visto una mamma, Maria di Nazaret, e il suo sposo, Giuseppe; avremmo visto un bimbo, neonato; avremmo visto un giusto, Simeone, e una donna anziana, Anna. Persone semplici. Ma, con gli occhi della fede, attraverso di loro, accade qualcosa di straordinario. Siamo nel cuore del Vangelo. Lo si dice di tante pagine, ma qui c’è l’attesa e c’è l’incontro; c’è lo splendore e la forma che quello splendore ha preso; c’è il desiderio e c’è il compimento. Il Figlio del Dio vivente entra nel suo Tempio. Nessuno se n’è accorto. Eppure, è accaduto qualcosa di straordinario, unico: Lui, la “pietra angolare” (cfr. 1Pt2,6-7), viene accolto nel Tempio fatto di pietre.
Mi vengono in mente – sono passati poco più di ventiquattro mesi dal pellegrinaggio diocesano in Terra Santa – le pietre del Muro Occidentale, là dove oggi si ritrovano gli ebrei per celebrare e implorare il “Santo, Benedetto Egli sia”, come dicono. Guardando quelle pietre, la mente attraversa il tempo e la storia. E noi, che siamo qui oggi, siamo invitati ad essere pietre vive di una Chiesa aperta al mondo, alla gente del nostro tempo. È stato bello stamattina, quando proprio uno degli eremiti ci ha fatto capire che la fraternità è la dimensione fondamentale della vita religiosa e, prima ancora, di ogni vita cristiana. “Pietre vive” della Chiesa (cfr. 1Pt 2,5), pietre sconosciute e spesso invisibili al mondo, pietre senza apparenza né splendore, direbbe il profeta Isaia (cfr. Is 53,2), ma poco importa. Dobbiamo essere e stare al nostro posto. Se manca una sola pietra, tutto può crollare.

Vi invito a volgere il vostro sguardo a Simeone e ad Anna. Ciò non ci allontanerà dal Signore, presentato al Tempio da Maria e Giuseppe. Simeone ed Anna sono degli anziani che l’attesa non ha invecchiato nel cuore. Le prove della vita (di Anna si dice che è stata sposata sette anni, quindi è vedova e una volta la condizione di vita di una vedova non era facile, perché non c’erano forme di assistenza), lungi dall’abbatterli, non hanno fatto che accrescere il desiderio di incontrare il loro Signore. L’augurio che faccio a tutti è di non calare di tensione verso il Signore. Come accade agli sposi nel matrimonio, c’è un grande amore all’inizio, un amore che li rende forti, capaci di affrontare le difficoltà e il cammino dei figli, ecc. Può avvenire che l’amore sia sopraffatto dall’abitudine e possa diventare mediocre. La grazia del sacramento è sempre presente.
Le esistenze di Simeone e Anna, rimaste giovani, non si spiegano altrimenti se non per l’intima presenza dello Spirito Santo che è in loro. Il Vangelo di Luca è il Vangelo dello Spirito Santo: Luca è l’evangelista della Pentecoste ed è colui che ci racconta come lo Spirito ha plasmato la prima comunità cristiana. La vita di Simeone ed Anna è animata dallo Spirito. Simeone è anziano, Anna ha 84 anni, eppure lo Spirito Santo li rende attenti a percepire il nuovo, a cogliere la presenza del Signore che viene. Simeone ed Anna hanno scritto ante litteram la Sequenza di Pentecoste: «Veni, Sancte Spiritus, et emítte caelitus lucis tuae rádium», perché ci sono quasi tutti gli appellativi con i quali noi identifichiamo lo Spirito Santo, la Terza Divina Persona. Hanno proclamato con tutto il loro slancio colui che è detto Consolatore perfetto: “consolazione d’Israele”, riposo: «ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola», sorgente e luce delle genti, colui che purifica, riscalda, guarisce, raddrizza… Chissà quante volte Simeone ed Anna, frequentatori affezionati e devoti del Tempio, hanno meditato il testo del profeta Malachia riguardante il Signore terribile e potente che entra nel suo Tempio. «E subito entrerà nel suo Tempio il Signore che voi cercate; l’angelo dell’alleanza che voi sospirate, ecco, dice il Signore degli eserciti». Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire?». Senza l’aiuto dello Spirito Simeone ed Anna non avrebbero potuto riconoscere in quel cucciolo d’uomo il Signore che prende possesso del suo Tempio. Simeone ed Anna oggi ci fanno da maestri, ci insegnano a vivere permanentemente in compagnia dello Spirito Santo. Cosa dobbiamo fare per convivere con lo Spirito Santo? Simeone ed Anna ci insegnano innanzitutto ad ascoltare la sua voce dentro di noi. Prima delle preghiere, chiediamo che lui ci introduca, ci faccia varcare quella soglia. Quando intingiamo la mano nell’acquasantiera, pensiamo all’acqua del Battesimo; ricordiamo quando Gesù ha gridato: «Dal seno di chi crede sgorgherà l’acqua che zampilla» (Gv 7,38). Invochiamolo di frequente durante la nostra giornata: «Vieni Santo Spirito!», durante una riunione in cui si fatica a trovare un accordo, «Santo Spirito fa’ che io dica una parola buona»… Manteniamo dentro di noi una conversazione con lui. Facciamo l’esercizio di imparare i sette doni dello Spirito Santo e, a seconda dell’opportunità, invochiamoli. Lo Spirito diventi il «dolce ospite dell’anima», come dice la Sequenza di Pentecoste. Dello Spirito si va dicendo che è il grande sconosciuto, per la nostra ignoranza, però non si dica che è estraneo. Lo Spirito non ci lascia nell’oscurità, ma ci guida verso la luce interiore dove si può incontrare Gesù.
Gesù entra nel Tempio di Gerusalemme, è accaduto. Adesso il Tempio dove entra è la mia persona e la persona di mio fratello e di mia sorella. Con la presenza coltivata dello Spirito Santo la nostra attesa non sarà delusa.