Omelia nella Festa del Lavoro
Gualdicciolo (RSM), 1° maggio 2023
Gen 1,26-2,3
Sal 89
Mt 13,54-58
Oggi festeggiamo san Giuseppe Lavoratore. Ci piace pensare che l’aureola che lo avvolge incoroni il lavoro e i lavoratori. Tutti i lavori e tutti i lavoratori.
Festa del Lavoro. Sappiamo come è nata questa ricorrenza: da grandi sofferenze e da grandi tensioni agli inizi dell’industrializzazione (il 1 maggio come festa dei lavoratori è nato negli USA nel 1887: commemorazione delle vittime dei sanguinosi scontri di Chicago; in Italia è entrato ufficialmente tra le festività civili nel 1946; la festa è stata ripresa anche dalla Chiesa nel 1955; fu Pio XII che istituì il 1 maggio la memoria di san Giuseppe Lavoratore, perché tale data potesse essere condivisa a pieno titolo dai lavoratori cattolici). La Chiesa ha visto nella questione operaia un segno dei tempi (un kairòs, un tempo di grazia) ed ha avviato un dialogo importante per lei e per ogni lavoratore, suggellato da una lettera enciclica, la Rerum novarum di Leone XIII (quest’anno, proprio in questi giorni, si ricorda il 60° di un’altra enciclica, di respiro universale, scritta da san Giovanni XXIII, la Pacem in terris, indirizzata ai cattolici, ma anche a tutti gli uomini di buona volontà).
La Chiesa ha ripreso a sfogliare il “Vangelo del lavoro”, segnato dal peccato ma redento dal Signore, il “figlio del carpentiere”: così chiamavano Gesù (cfr. Mt 13,55; Mc 6,3; Lc 4,22; Gv 6,42).
Oggi si fa festa al lavoro, che in questi giorni apprezziamo ancor più. Il lavoro, benché costi fatica e sudore, ancorché debba misurarsi con la resistenza che gli fa la natura, nonostante l’attrito della materia che non si lascia piegare facilmente, è per l’uomo possibilità di trasformazione del mondo, di modificazione della realtà, di esplorazione in ogni campo. Con l’onesto lavoro l’uomo produce quello che serve alla sua vita, traffica i talenti che ha ricevuto, trasmette cultura, prolunga le possibilità della comunicazione. «Dio disse – così le parole della Genesi – facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla faccia della terra» (Gn 1,26).
La Genesi prosegue raccontando come il Creatore affidi all’uomo il giardino: «Riempite la terra, soggiogatela…».
Sì, proprio nel lavoro, nell’iniziativa, nell’impresa l’uomo esprime uno dei profili che lo rendono “a somiglianza di Dio”, gran lavoratore: Dio è sempre all’opera! Come non festeggiare il lavoro? Come non metterne in evidenza, oltre alla necessità e utilità, la bellezza? Perfino i bambini, quando giocano, fanno mestieri. Conosco bambini camionisti straordinari e… bambini che giocano a fare il prete! Conosco anche uomini e donne che lavorano con tanta passione: il loro lavoro sembra un gioco.
Il lavoro non è soltanto utile e necessario, ma anche bello, perché in esso si manifesta la vocazione dell’uomo creato “ad immagine di Dio”, somigliante a Dio. Ecco perché ogni uomo ha diritto al lavoro. Una delle piaghe più gravi della nostra società è la mancanza di lavoro. È calata la disoccupazione (secondo dati recenti), ma si tratta di un lavoro inclusivo e sicuro? La mancanza del lavoro offende la dignità della persona, perché smentisce la vocazione dell’uomo, creato ad immagine di Dio Creatore.
C’è una parola che in questo giorno mi sembra importante. Ci riguarda tutti. È da mettere in luce: è la parola solidarietà. A noi è più congeniale la parola carità: siamo fratelli, i nostri destini sono intrecciati. Io posso stare bene se anche tu stai bene: principio dell’economia sociale. L’economia liberista, in cui ognuno fa tutto per sé, scientificamente non è una buona economia. Un’economia buona è quella che fa crescere gli altri e, di conseguenza, la propria impresa. C’è interdipendenza nei nostri destini.
Festa del Lavoro, ma anche giornata di intensa preghiera. L’intensità della preghiera è segno di responsabilità, solidarietà e partecipazione. Pregare per dare un senso umano-divino al lavoro, per dare un’anima alla fatica di ogni giorno, perché sia assicurato e tutelato il lavoro di tutti. «Rendi salda, Signore, l’opera delle nostre mani»: così abbiamo cantato nel Salmo e così continuiamo a fare!
Consentitemi un ultimo passaggio. Ciò che Iddio Creatore manifesta fin dal principio, e cioè la connessione persona-lavoro, viene messo in risalto in modo unico da Gesù Cristo, come dimostra la pagina evangelica appena letta: Gesù, il Figlio di Dio, ha lavorato. Il lavoro non è disdicevole. Gesù appartiene al mondo del lavoro, del lavoro artigiano, come Giuseppe, suo padre putativo. Questa testimonianza resa da Gesù al lavoro trova conferma particolare nell’insegnamento e nella pratica di uno dei più grandi apostoli, san Paolo, che si faceva un vanto del suo lavoro e grazie ad esso poteva svolgere liberamente il ministero (cfr. 2Ts 3,8).
Vorremmo che questo 1° maggio parlasse davvero a tutti e dicesse la verità. Una Festa del Lavoro è davvero tale solo se si accresce il grado di dignità delle persone, se si accompagna con strumenti solidali chi non ce la fa, se non ci si arrende ad un’occupazione povera e precaria. Ecco cosa vorremmo sentirci dire domani; ecco cosa speriamo davvero per il 1° maggio; ecco perché continuiamo ostinatamente a festeggiarlo.
Concludo con la preghiera a san Giuseppe: «Salve, custode del Redentore, sposo della Vergine Maria. A te Dio affidò il suo figlio. In te Maria ripose la sua fiducia. Con te Cristo diventò uomo. O santo Giuseppe, mostrati padre anche per noi, e guidaci nel cammino della vita. Sostienici nella fatica del lavoro quotidiano. Ottienici grazia, misericordia e coraggio, e difendici da ogni male. Così sia».