Omelia nella Festa del Battesimo di Gesù
Maiolo (RN), 9 gennaio 2022
Is 40,1-5.9-11
Sal 103
Tt 2,11-14;3,4-7
Lc 3,15-16.21-22
La narrazione del Battesimo di Gesù è comune a tutti gli evangelisti, Giovanni compreso, che fa narrare l’accaduto al Battista.
Questi i fatti. Giovanni Battista è al fiume Giordano dove pratica questo segno di purificazione e di conversione. Accorre tanta gente. Giovanni non ha paura: ha uno stile di vita simile a quello degli antichi profeti. Invita alla conversione anche con parole forti e dure. Non teme Erode, a cui contesta le “scelleratezze” e la relazione incestuosa con Erodiade. Questa aperta contestazione al potere causerà guai al Battista. Al fiume Giordano scende anche Gesù, mescolato tra la folla. Gesù non è andato con gli Esseni, puri e duri, che hanno abbandonato la città per ritirarsi in luoghi deserti nella regione del Mar Morto (Qumran).
Perché è così importante il Battesimo di Gesù? Il motivo per cui questo episodio viene narrato è perché costituisce un punto fondamentale nella vita di Gesù: qui inizia la sua missione, viene presentato ufficialmente, accreditato davanti al popolo di Israele che si interrogava sull’arrivo del Messia (cfr. Lc 3,15) – per questo si celebra il Battesimo del Signore dopo l’Epifania – è come una manifestazione: quel bambino nato a Betlemme, cresciuto a Nazaret, che va sulle rive del fiume, è il Messia, è il Signore. Non possiamo che essere stupefatti davanti a lui, così umile, così semplice e così grande. Anche i Magi si erano sbagliati in un primo momento, perché cercavano il Messia nella grande città, Gerusalemme; lo cercavano a palazzo, avevano consultato i sapienti e i sommi sacerdoti, invece Gesù era in un borgo di campagna, a Betlemme, in un rifugio di fortuna, seduto sulle ginocchia di sua mamma, come tutti i bambini.
Mentre Gesù arriva sulle rive del fiume con tutti, viene presentato come il Messia.
Luca aggiunge alla cronaca questi dettagli. C’era tanta folla. Nella pagina precedente Luca ci informa che là erano andati perfino i soldati e i doganieri (i pubblicani), per chiedere come cambiare vita, come rinnovarsi. Gesù va in mezzo a loro, sa cogliere il positivo che c’è nel cuore di ogni persona. Anche nei peccatori c’è una scintilla divina, basta solo che si aprano. Andiamo volentieri al sacramento della Riconciliazione perché il Signore vuol dirci che ci ha creato come un prodigio (cfr. Sal 139,14), che abbiamo un potenziale enorme dentro di noi e che lui crede in noi. Luca è l’evangelista che ci racconterà del figliuol prodigo, della donna silenziosa che va ai piedi di Gesù per chiedere perdono e di Gesù in croce che dice al ladrone pentito: «Oggi sarai con me in paradiso».
Secondo dettaglio di Luca: Gesù pregava. Matteo, Marco e Giovanni non lo dicono. Perché era in preghiera? Voleva indicare a tutti il primo passo per la conversione: la preghiera. La preghiera intesa come rapporto col Padre. Niente di più semplice e di più decisivo. Quando un peccatore si mette in preghiera, si mette in relazione, non guarda più se stesso, alza lo sguardo, si sente amato, si sente stimato; allora darà il meglio di sé. La fiducia sblocca, fa sbocciare. Un’altra sottolineatura di Luca: al fiume Giordano, in mezzo alla folla, ai soldati e ai doganieri accade la prima Pentecoste. Negli Atti degli Apostoli ci verrà raccontata la mattina in cui nel Cenacolo ci fu l’effusione clamorosa dello Spirito Santo, il Big Bang che ha dato origine alla Chiesa. Con questa gioia nel cuore continuiamo la celebrazione eucaristica con la professione di fede nella forma battesimale per ricordare quando, nel nostro Battesimo, lo Spirito Santo è sceso su di noi.