Omelia nella Domenica delle Palme
Pennabilli (RN), Cattedrale, 24 marzo 2024
Is 50,4-7
Sal 21
Fil 2,6-11
Mc 14,1-15,47
«Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un privilegio la sua uguaglianza con Dio, ma umiliò se stesso…» (Fil 2,5-6).
Così Paolo scriveva ai cristiani di Filippi ed è quello che anch’io propongo a tutti voi in questo giorno che apre la Settimana Santa. Nessuno è così sprovveduto da non essere al corrente dei sentimenti che furono in Gesù, che attraversavano il suo cuore: sentimenti anzitutto di fedeltà alla sua missione, poi il desiderio di affettuosa compagnia in quei momenti di solitudine, ma anche sentimenti di paura, tristezza, angoscia davanti alla Passione, compresa l’impressione – tutta umana – di sentire l’abbandono del Padre. Sì, perché nell’unica persona di Gesù vi sono la natura umana e la natura divina. Non dobbiamo togliere dai Vangeli i sentimenti e le emozioni che Gesù ha provato nel suo cuore umano. Gesù ha conosciuto e vissuto fino in fondo quello che c’è nel cuore e nulla di ciò che è nel nostro cuore gli è estraneo.
«Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Gesù». Vi propongo alcuni esercizi spirituali per vivere al meglio la Settimana Santa. Il primo: proviamo a sintonizzare il nostro orologio sull’orologio della Passione del Signore. Non sarà difficile farlo, quando saremo nei campi a lavorare, nelle fabbriche, per strada, in auto, quando andremo al mercato, quando saremo sui banchi di scuola o dell’università, soprattutto quando ci alziamo la mattina e chiudiamo la giornata, la sera. Oggi, ad esempio, a quest’ora, con i pellegrini che salgono alla città santa di Gerusalemme, cantiamo “Osanna, benedetto colui che viene nel nome del Signore”. Quali saranno stati i sentimenti di Gesù, al di là delle grida dei fanciulli, che agitavano rami di ulivo?
Domani la liturgia ci riferirà l’invito rivolto a Gesù da Maria, Marta e Lazzaro, perché si fermi a casa loro. Maria non baderà a spese per onorare l’ospite: lo profumerà con il preziosissimo nardo. Gesù fu contento di quelle attenzioni. Quanto preziose sono le nostre attenzioni per il Signore! Il Signore si fa mendicante per educarci.
Nei giorni successivi la liturgia ricorda la preparazione della cena pasquale, l’ultima o, meglio, la prima (se la intendiamo come Eucaristia), durante la quale istituirà il sacramento del suo Corpo e del suo Sangue nel pane spezzato e nel vino versato. Sono le ore conclusive del tradimento: Giuda contratta con le autorità il prezzo col quale vendere il Signore.
Giovedì Santo queste le parole di Gesù: «Ho desiderato ardentemente mangiare con voi questa Pasqua». È l’amico che invita l’amico a mangiare la Pasqua con lui. Poi la notte della cattura, la convocazione di un tribunale d’emergenza, organizzato proprio per lui, e l’umiliazione, la tortura, la condanna…
Poi, il Venerdì della Passione del Signore e della Madre, unita con lui, la salita al Calvario, la crocifissione, la morte e poi il grande silenzio del Sabato.
«Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù».
Un altro esercizio: entrare in relazione con Gesù mettendosi nei panni dei personaggi, guardando Gesù con i loro occhi. In noi c’è sicuramente un po’ della pietà delle donne che non abbandonarono Gesù. Verso di loro Gesù prova sentimenti di gratitudine e poi di riconoscenza. Talvolta in noi domina la paura come in Pietro. Quante volte abbiamo rinnegato il Signore; i sentimenti di Gesù per Pietro sono di misericordia, di perdono e sarebbe stato così anche per Giuda se avesse avuto l’umiltà di confessare il tradimento e chiedere perdono. Ci sono ancora tanti personaggi: i sommi sacerdoti, gli anziani del popolo, Ponzio Pilato. Gesù dirà per loro: «Padre, perdonali, non sanno quello che fanno» (Lc 23,34).
Fissiamo l’attenzione sul centurione: nel Vangelo di Marco è personaggio chiave. Se leggessimo il Vangelo di Marco interamente, di seguito, senza stacchi, comprenderemmo che Gesù viene presentato come un grande enigma: «Chi è costui?», si chiedono in tanti. Se lo chiede la gente, spesso sbagliando completamente risposta. Se lo chiedono, addirittura, i parenti di Gesù, quando vanno per portarlo a casa pensando che era fuori di testa. Se lo chiedono i capi del popolo, dicendo che lui agisce «per opera di Belzebùl, il principe dei demoni». Se lo chiedono i discepoli, compagni di strada, che danno risposte incomplete, qualche volta equivoche. Sì, per loro è il Messia, ma un Messia umano e politico. E c’è la domanda centrale e decisiva, sia per la forma sia per l’autorevolezza del personaggio (il sommo sacerdote): «Sei tu il Figlio di Dio?». Siamo nel punto centrale del Vangelo di Marco: «Sei tu il Figlio di Dio, il Benedetto?». E Gesù risponderà in modo inequivocabile: «Io sono il Figlio di Dio». Una risposta che gli costerà cara.
L’evangelista Marco affiderà al centurione, il pagano, lo straniero, la confessione di fede: «Avendolo visto morire in quel modo, disse: “Davvero quest’uomo è il Figlio di Dio”». Proprio in quel momento, in quell’estrema debolezza, in quel totale fallimento, la fede fa riconoscere in lui il Signore. Il centurione romano è la figura del discepolo che riconosce che morire così è solo cosa da Dio. «Scendi dalla croce», gridano attorno a lui. Ma, se scendesse, non sarebbe Dio! Ragionerebbe ancora in termini troppo umani. Solo un Dio non scende dalla croce. E che fa Gesù? Quali sono i suoi sentimenti? Continua a soffrire, continua a pregare, continua ad amare.
«Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù».
Ecco il terzo esercizio, il più importante: dove incontrare Gesù vivo in questa Settimana Santa? Dove si fa visibile, attivo? Nei segni sacramentali. San Leone Magno scriveva a questo proposito: «Tutto ciò che fu visibile del nostro Redentore è passato nei segni sacramentali». Ad esempio, nel sacramento della Confessione. Non dobbiamo guardare a noi stessi, al nostro imbarazzo, alla nostra fatica di mettere in fila i peccati (sono talmente evidenti i nostri egoismi…), ma concentrarci sull’esperienza di tenerezza, di misericordia, di fiducia che viene dal Signore: è necessario lasciarsi amare! Ci si confessa perché si ha bisogno della tenerezza del Signore, di sentirsi dire ancora una volta: «Sei perdonato, sei fatto nuovo, ricomincia!». Poi, il sacramento dolcissimo dell’Eucaristia con cui il Signore si fa presente, agisce, si dona nel pane spezzato. Facciamo Pasqua!