Omelia nella celebrazione di chiusura del Centenario di Fatim
Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi
Santuario del Cuore Immacolato in Valdragone, 13 ottobre 2017
Et 8,3-8.15-17
Gv 2,1-12
Immagino di girare in mezzo a voi chiedendo a ciascuno: «Perché sei venuto qui stasera?». Azzardo qualche risposta. Qualcuno risponde «perché oggi è il 13 ottobre», ricordando l’ultima delle apparizioni di Fatima, con la consegna dei messaggi e il grande prodigio del sole. Qualcun altro mi dice di essere venuto per mettersi alla scuola di Maria, perchè vuole imparare da lei come si diventa discepoli. Qualcun altro – forse la maggioranza dei presenti – viene per chiedere delle grazie. Come diceva Dante: «Donna, se’ tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia e a te non ricorre, sua disïanza vuol volar sanz’ ali» (Dante Alighieri, La Divina Commedia, Paradiso, Canto XXXIII). C’è anche chi è venuto perché invitato dal Vescovo. Il Vescovo ha convocato tutti; attorno a lui ci sono i sacerdoti, e c’è anche chi è venuto dalle tre del pomeriggio per partecipare ad una “staffetta” ininterrotta di preghiera, mentre molti sacerdoti si dedicavano al sacramento della Confessione.
L’invito del Vescovo e il pregare tutti insieme uniti con lui costituisce un segno, una epifania della Chiesa. Per questo dico «grazie: grazie, per aver accettato l’invito». Penso che anche la Madonna sia contenta e vi ringrazi per aver risposto alla sua chiamata. Permettetemi un’altra domanda: «Perché quando il Vescovo chiama alla formazione, all’impegno sui temi della educazione, della socialità, della presenza della Chiesa nella città non trova altrettanta corrispondenza?». Qualche esempio. Abbiamo avuto la gioia, appena un anno fa, di inaugurare l’Istituto Superiore di Scienze Religiose perché i nostri giovani ci fanno domande impegnative e non possiamo più dire «che si fa così perché si è sempre fatto così»: abbiamo bisogno di acculturarci. Il Vescovo invita ogni anno alle “giornate per la scuola e con la scuola” perché siamo tutti preoccupati per l’educazione. Quest’anno, per la prima volta, abbiamo addirittura fatto capolino nel mondo dello sport. Sono fiero che la nostra Chiesa abbia qualcosa da dire su questi argomenti. Capisco che non si può sempre rispondere agli avvisi che vengono dalla Diocesi… sono tanti e poi ci sono gli impegni di lavoro, di famiglia, ed anche il giusto riposo. Però mi sorge un dubbio: non sarà per caso che per tanti cristiani la fede si limita all’ambito privato e sia vista solo per preparare l’anima al cielo? Preparare l’anima al cielo è sicuramente molto importante, ma non basta. La conversione cristiana esige di considerare tutto ciò che concerne l’ordine sociale e il conseguimento del bene comune. «Nessuno può esigere che noi cristiani releghiamo la religione al segreto intimo della nostra persona, senz’alcuna influenza sulla vita sociale e nazionale, senza preoccuparci per la salute delle istituzioni, senza esprimerci sugli avvenimenti che interessano i cittadini. Chi oserebbe rinchiudere in un tempio oppure far tacere il messaggio di San Francesco d’Assisi e di Teresa di Calcutta?» (EG 183).
Il nostro programma pastorale rilancia lo studio del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa che è una parte integrante delle nostre catechesi, della nostra formazione personale (cfr. Tra la gente con la gioia del Vangelo, Programma e calendario pastorale 2017/18, pag.50). Sogno una Diocesi trapuntata di scuole base di formazione: dal Vangelo alla vita! Questo richiamo non vi appaia incongruente con quello che celebriamo stasera. Maria, a Fatima, si intrattiene con tre bambini e parla loro della Russia. Loro non sanno neppure che esiste la Russia, ma la Madonna mette loro in cuore il mondo, la società. Ricordiamo il canto di Maria, il Magnificat. Ad un certo punto Maria canta colui che disperde i potenti ed esalta gli umili, che ricolma di beni gli affamati e rimanda i ricchi a mani vuote (cfr. Lc 1,52-53). La liturgia della Parola stasera ci ha condotto ad ascoltare la preghiera di Ester, figura di Maria che prega per il popolo. La vicenda di Ester è ambientata nei sontuosi palazzi del Re di Persia. Un libro, quello di Ester, scritto per tempi difficili come i nostri. Ricordo brevemente la vicenda di Ester. La splendida regina Vasti si rifiuta di comparire davanti al Re che vuol mostrare al popolo e ai capi la sua bellezza. A corte i saggi dicono che il rifiuto di Vasti è molto grave. Conformemente alle leggi del tempo il Re decide che la regina deve essere deposta e che un’altra fanciulla dovrà essere eletta alla dignità regale. Viene bandito un concorso di bellezza: la più bella sarà regina al posto di Vasti. Anche la piccola Ester viene iscritta dallo zio che l’ha presa a casa sua da quando è rimasta orfana e sola. Il Re, quando la vede, rimane conquistato dalla sua bellezza e la vuole al suo fianco: lei, che è piccola e umile, viene elevata a regina. Intanto, a corte, un potente ministro sta organizzando un programma di sterminio degli Ebrei, il popolo a cui Ester appartiene. Lo zio di Ester riconosce come provvidenziale l’elezione della nipote e le dice: «Il Signore vuol servirsi di te per salvare il suo popolo». C’è veramente una grande somiglianza col destino di Maria che il Signore sceglie per salvare l’umanità. La liturgia di oggi ci fa vedere la provvidenziale intercessione di Ester presso il Re come quella di Maria presso il Signore che l’ha voluta come tenerissima madre e regina presso di lui, accanto a noi. Non fu così anche alle nozze di Cana, come narrato nella lettura evangelica che ci è stata impartita questa sera? La premura di Maria spostò in avanti le lancette dell’ora di Gesù. Conosciamo bene le battute del dialogo tra Maria e Gesù: «Non hanno più vino». Maria sa che nella vita di ognuno il bene può venir meno, come il vino delle nozze. L’amore sulla terra è a rischio; la diminuzione, il venir meno, il tramontare sembrano una costante delle esperienze umane. Maria, a Cana, non si rassegna e sente che le cose possono andare diversamente: dal debole al forte, dal poco al tanto, dall’acqua al buon vino. Gesù, infine, interverrà: sarà il suo primo miracolo. «Non hanno più vino». E Maria ingiunge ai servi: «Fate quello che lui vi dirà». Con questa parola di Maria concludo domandando a me e a voi: «Che cosa vuole il Signore in questo preciso momento?». Anche San Marino, che fino a pochi anni fa costituiva una sorte di oasi felice, si è trovata a fare i conti con fenomeni prima sconosciuti come la disoccupazione e la crisi del sistema bancario e finanziario che rischia di travolgere il paese. Imprese, famiglie, singoli sono in forte sofferenza, anche in questi giorni, per questa situazione. Alle istituzioni, agli imprenditori, ai vertici del sistema bancario è chiesta una dimostrazione di grande responsabilità sociale, nella consapevolezza che quando si fanno scelte in ambito economico e finanziario si vanno a toccare, talvolta persino in modo drammatico come in questi giorni, la vita e il futuro delle persone e delle famiglie, che noi stasera vogliamo ricordare nella preghiera e a cui vogliamo esprimere la nostra vicinanza. La fedeltà al Vangelo ci impegna tutti, ognuno secondo il suo ruolo, ad anteporre agli interessi particolari il bene comune, avendo il coraggio di osare strade nuove di collaborazione, anche al di là degli schieramenti: lavoriamo tutti per il bene di tutti. La Repubblica sammarinese è un bene di tutti. Ci vuole anche il coraggio della riconciliazione tra componenti diverse della politica e del lavoro insieme nel solco dei valori trasmessici dal Santo Marino e dalla migliore tradizione della nostra Repubblica. «Non hanno più vino». «Fate quello che lui vi dirà». Stiamo a vedere!