Omelia Natale del Signore: Messa della notte
Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi
Casteldelci, 24 dicembre 2014 ore 22
«Tutti andarono a farsi registrare, ciascuno nella propria città» (Lc 2,2).
Come 2000 anni fa in Palestina, anche qui a Casteldelci, è la notte del censimento. Si va al luogo delle proprie origini. Siamo nati qui. Qui le radici calde e familiari, radici della nostra cultura, della nostra appartenenza ad un popolo che ha espresso frutti di bellezza, di fedeltà alla vita, di virtù. In questa chiesa, al centro dell’antico e suggestivo borgo, abbiamo ricevuto il Battesimo, il sacramento che ci fa cristiani e gli altri sacramenti dell’Iniziazione cristiana. Qui abbiamo imparato le preghiere insieme alla prime nozioni della fede.
Si torna sempre con gioia – è una festa! – alle radici, perché ci si riconosce parte viva di una storia, perché si è protesi al futuro. La nostra è una storia profondamente segnata dalla fede cattolica (siamo qui per questo riconoscimento).
Si tratta di una fede che non vogliamo assolutamente rinnegare, nonostante le distrazioni dovute ad uno stile di vita che spesso condiziona e ci schiaccia sul presente: lavoro, impegni, frenesia, preoccupazioni e vanità.
Coerenza vuole che prendiamo sul serio le nostre responsabilità. È necessario sapere chi siamo, per far tesoro del patrimonio di valori che abbiamo ricevuto e per far rifiorire sotto i cieli della modernità la giovinezza del Vangelo. Un albero dalle radici recise si secca e muore. Come rendere efficace il nostro collegamento vitale con le radici? Le nostre radici “pescano” direttamente nel Vangelo di Gesù. Dovrei dire “pescano” in Gesù stesso, perché il Vangelo è Lui. Ecco la buona novella: «È apparsa la grazia di Dio apportatrice di salvezza a tutti gli uomini» (Tt 2,11). La grazia che è apparsa brilla in modo speciale in questa notte; e questa grazia è Lui, il Signore Gesù. Dio si interessa di noi, e – questa è la novità e la bellezza – si fa uno di noi, per farsi amare e lasciarsi coprire di baci, tanto è piccino; e non tanto per Lui, ma per noi, perché sa che siamo capaci di amare e vuol cavar fuori il meglio di noi. Questa risorsa – la capacità di amare – ci apre al mistero.
In concreto: riprendere la buona pratica della preghiera. Alzarsi la mattina sapendosi svegliati dal bacio di Dio. Chiudere la giornata con la lode e, se necessario, con la richiesta di perdono. E che dire poi della grande preghiera pasquale della Messa della domenica, nella quale Gesù prega il Padre con noi e per noi?
C’è poi da migliorare la conoscenza di Gesù. Se lo amiamo poco è perché lo conosciamo poco. Occasioni e strumenti non mancano. La presenza del Diacono nelle vostre parrocchie è per facilitare tutto questo. Lo ringraziamo.
Vorrei che ognuno, presente qui questa sera, si sentisse accolto, sentisse di essere in casa sua. Come Maria e Giuseppe a Betlemme. Chi frequenta abitualmente la Chiesa fa posto con gioia. Un far posto nel cuore prima di tutto: accoglienza cordiale! E, tutti insieme, sperimentiamo di appartenerci l’uni l’altro, come fili di un unico ricamo. Ci auguriamo che questo diventi sempre più realtà vissuta: tolleranza, perdono, amicizia, collaborazione, edificazione reciproca.
Innalzo con voi al Signore questa preghiera: “Signore, che sappiamo accettare il rischio di spalancare le braccia: così creeremo spazi in noi, ma per l’altro. Le nostre braccia aperte, Signore, dicono il nostro desiderio di non restare soli e il nostro invito perché l’altro si senta a casa sua in casa nostra. Nello scambievole abbraccio nessuno resterà intatto, perché ognuno arricchirà l’altro e ambedue resteranno se stessi”.
Auguri, di vero cuore a tutti!