Omelia III Domenica di Pasqua
Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi
Uffogliano, 9 aprile 2016 – Faetano RSM, 10 aprile 2016
Un gruppo di apostoli, dopo tre anni con Gesù, è tornato alla propria casa, alle barche e alle reti. Quelli che erano del gruppo di Gesù, sono tornati sulle rive del lago a pescare. Pietro non si è riavuto completamente dal triplice rinnegamento, dal suo venerdì santo. Sta nudo sulla barca come Adamo davanti al suo peccato. Gli apostoli non riconoscono Gesù sulla riva; non è una questione di distanza o di nebbia mattutina. Semmai di lontananza del cuore “lento a credere”.
Anche a noi, come a Pietro e agli altri, succede di restare bloccati sotto il peso di un fallimento, di un errore o di penare, senza vedere risultati tangibili, per il nostro impegno ecclesiale o sociale, per il nostro impegno famigliare (può succedere, ad esempio, di vedere lo svaporare della tenerezza, il progressivo allontanarsi di un figlio, ecc.). E’ notte. La barca è vuota. Il racconto evangelico ci riferisce di Giovanni che sa vedere con gli occhi della fede il prodigio della rete piena di pesci, è lo stesso apostolo che “vide la tomba vuota e credette”. Giovanni riconosce Gesù e lo fa riconoscere agli altri: «E’ il Signore!». Allora tutto cambia. Cambia il cuore degli apostoli. La luce succede alla notte. La presenza all’assenza.
Questa settimana ci proponiamo una più intensa vita sacramentale: considerare l’importanza dei sacramenti, riceverli, creare le condizioni per una fruttuosa recezione, conservarne la grazia. E’ il modo più concreto di vivere la Pasqua. I sacramenti sono segni efficaci della presenza di Gesù risorto: nel Battesimo ci fa suoi; nella Cresima dona lo Spirito “senza misura”; nella Confessione il perdono; nell’Eucaristia se stesso come nutrimento; nel Matrimonio e nell’Ordine la chiamata al dono di sé; nella santa Unzione la guarigione. Tutto ciò che fu visibile del nostro Redentore è passato nei segni sacramentali. Nelle domeniche del tempo pasquale la parrocchia vive con gioia le tappe dell’iniziazione cristiana dei più piccoli: un cammino che riguarda tutti. Tutta la comunità è coinvolta: la generazione di nuovi cristiani è affare di tutti!
Propongo la meditazione dei versetti finali dell’apparizione del Risorto sul lago di Galilea che riportano il dialogo fra Gesù e Pietro (tra le pagine più belle del quarto vangelo). Suggerisco due piste. La prima. Gesù è risorto; ha attraversato l’oscura valle della morte che tanto inquieta ed incuriosisce. E’ risalito dagli inferi, misterioso tunnel dell’altro mondo. E’ entrato nella gloria. Ormai la sua umanità è trasfigurata nella beatitudine, ma viene nuovamente tra i suoi. E lui che fa? Potrebbe comparire tra i filosofi che amano disquisire sull’immortalità dell’anima (ha precise informazioni!). Potrebbe manifestarsi ai potenti che l’hanno condannato e prendersi la rivincita per l’onta subita… E lui che fa? Va in cerca degli amici. E li raggiunge sulle rive di un lago in tenuta da pesca. Gli sta a cuore la relazione, la relazione interpersonale. Domanda all’amico: Mi ami? La relazione resta anche oltre la morte. Sarà così anche per noi. Vorrei dirlo ancora allo sposo che in questi giorni piange la sua sposa ancora giovane. In Dio la ritroverà. Quel legame così speciale sarà ritrovato, seppure in nuova modalità. Seconda pista di meditazione. Sono andato a verificare, direttamente sul testo greco (la lingua dei Vangeli) la sequenza dei verbi adoperati nel dialogo Gesù – Pietro. Tre volte Gesù reclama amore. E si mette in ascolto del discepolo: Mi ami più di tutti? «Amare» qui è detto con un verbo forte (il verbo dell’agape), il verbo dell’amore assoluto ed è rafforzato da quel più di tutti che aggiunge una pretesa di esclusività. Pietro, consapevole del triplice tradimento, vola basso e risponde con un altro verbo che significa più amicizia che amore, un verbo meno impegnativo: Certo, Signore, ti voglio bene. Gesù per la seconda volta formula la domanda, ma tace il più di tutti. Al ti voglio bene ribadito da Pietro, Gesù si adegua alla timidezza dell’amico e per la terza volta chiede: Mi vuoi bene? Si avvicina al cuore incerto del discepolo, ne accetta il limite, abbassa le esigenze dell’amore per amore. Umiltà di Dio!
Nel vangelo di Matteo il primato è conferito a Pietro in un contesto solenne di professione di fede (cfr Mt 16,13-20), in Luca nella notte pasquale (cfr Lc 22,31-34), in Giovanni in questo momento di confidenza e di amore: “Mi ami tu?”.