Omelia III Domenica d’Avvento

Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi

Uffogliano, 11 dicembre 2016

Is 35,1-6.8.10
Sal 145
Gc 5,7-10
Mt 11,2-11

Scendendo da Pennabilli sono passato veloce accanto ad un giardino; al centro vi ho notato un albero di cachi carico di frutti. L’albero era completamente spoglio e disadorno. I suoi rami penetravano la fitta coltre di nebbia, un po’ appesantiti da una quantità di palline dorate. Sono arrivato sulla piazza ed ho ammirato il grande albero di Natale. Ne ho gioito. Poi, quasi senza volerlo, ho confrontato i due alberi: quello spoglio ma pieno di frutti e quello stracarico di addobbi e di luci artificiali. Inevitabile l’applicazione della metafora alla mia vita: sono albero pieno di fronzoli (solo apparenza), o sono albero carico di frutti? Ognuno – se vuole – giri a sé questa domanda.
Giovanni Battista, prigioniero di Erode ma più ancora dei suoi dubbi, vorrebbe sapere se Gesù è davvero il Messia, colui che aspetta, o soltanto un miraggio. L’austero profeta non si lascia incantare dalle apparenze o dal luccichio dei lustrini… Va al sodo. E Gesù risponde: «Riferite ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono mondati… ai poveri è annunciato il Vangelo». L’albero della Croce, nella sua disadorna nudità, porta appeso il Signore, frutto sbocciato dal grembo di una povera fanciulla di Nazaret e adagiato sulla paglia in una mangiatoia. Ecco il Messia! Un frutto per la vita dell’umanità. Gesù non ha mai promesso di risolvere i problemi della storia coi miracoli. Non ha distribuito “bacchette magiche”. Ha chiesto ai suoi di farsi prossimi, di stare come lievito nella pasta, come sale nell’acqua. Ha promesso qualcosa di più forte ancora: il miracolo del seme, il lavoro oscuro ma inarrestabile del seme che fiorirà (E. Ronchi). Quel seme è il nostro quotidiano “sì” al progetto di Gesù, disponibilità a compiere le opere del Messia; nel fare anche noi ciò che fa Gesù. Atti d’amore nascosti, sofferenze lenite, ponti gettati, ferite fasciate sul corpo e nell’anima, solitudini colmate. Il grande fuoco si attizza con una scintilla accesa in basso e nascosta. «Perciò, se riesco ad aiutare una sola persona a vivere meglio – scrive papa Francesco – questo è già sufficiente a giustificare il dono della mia vita. È bello essere popolo di Dio. E acquistiamo pienezza quando rompiamo le pareti e il nostro cuore si riempie di volti e di nomi» (Evangelii Gaudium, 274).  Ecco il nostro impegno per questi giorni di Avvento.