Omelia I Domenica di Quaresima

Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi

Parrocchia della Riconciliazione (Rimini), 14 febbraio 2016

Mio babbo di tanto in tanto, rigorosamente in dialetto ferrarese, tornava con questa domanda: «Perché il Signore non è sceso dalla croce davanti agli occhi di tutti? Sarebbe stato uno spettacolo convincente per tutti!». Non sapeva di usare – lo faceva senza malizia – le stesse parole del tentatore.
Il diavolo, con la grande tentazione nel deserto, mette alla prova Gesù in un momento delicato e di debolezza: sta per iniziare la sua vita pubblica (come si svilupperà? Come finirà?) ed è stremato da quaranta giorni di deserto e di digiuno. Sta per incominciare il cammino verso Gerusalemme e il combattimento. Il diavolo sferra l’attacco, ma non riesce a piegare Gesù. Tornerà al tempo stabilito (l’evangelista adopera un verbo che allude all’azione di chi dopo averla arrotolata, srotola la sua tela o la sua rete). In altre parole, il diavolo metterà alla prova Gesù in un altro momento di estrema debolezza, nel momento della croce. Lo farà per interposta persona. Sono i capi del popolo, i soldati e uno dei ladroni a riprendere, quasi alla lettera, le parole delle tre tentazioni: Se sei il Figlio di Dio, scendi dalla croce.
Il contenuto delle tentazioni, nel deserto come sotto la croce, è il medesimo. Si tratta di una tentazione “vocazionale”, riguarda il modo di interpretare la vocazione di messia. Gesù potrebbe fare il messia con un “pieno” di successi ottenuti con show spettacolari, ma rimane fedele al cammino che il Padre gli ha assegnato. Diavolo, significa divisore. Il tentatore si propone di dividere Gesù dal Padre: «Sei solo; se non pensi tu a te stesso, chi ci pensa?». Gesù vince perché si fida del Padre: farà il messia secondo il suo disegno. Sarà un messia umile e povero. Alla fine sbaraglierà del tutto il nemico restando sulla croce.
E’ molto opportuno, all’inizio di ogni Quaresima, tornare sulle tentazioni di Gesù, pagine drammatiche utili e necessarie per il nostro cammino di fede (stupenda e intrigante la lettura che ne fa F. M. Dostoevskij nella Leggenda del Grande Inquisitore dal romanzo I fratelli Karamazov).
La prova è data per crescere, per rafforzarci e per… vincere! La vita sta davanti a noi come un rigo musicale: dobbiamo scriverci le note del nostro spartito. Se non ci fossero tentazioni, probabilmente, non espanderemo a pieno la nostra personalità, la nostra libertà, le nostre potenzialità. Gli imperatori romani, come tanti altri tiranni della storia, hanno usato il criterio del “panem et circenses” per dominare e narcotizzare i sudditi. Ci sono giovani che finiscono male perché hanno avuto tutto dai loro genitori e gli è stata risparmiata ogni frustrazione.
La tentazione non è peccato: è un’occasione di progresso spirituale. Né il Signore permette che siamo tentati al di sopra delle nostre forze. In ogni caso sentire la tentazione non è ancora acconsentire. Ai santi non sono state risparmiate: talvolta il loro combattimento è stato un durissimo, un corpo a corpo col diavolo.
Ci sono armi per vincere? Sì, e molto efficaci. La prima è il ricorso alle parole di Gesù, da richiamare alla mente mentre siamo tentati. Preghiamo come Gesù ha insegnato nel Padre Nostro: Padre, non farci cadere nella tentazione.