Omelia della XXV Domenica del Tempo Ordinario
Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi
Falciano (RSM), 20 settembre 2015
Sap 2,12.17-20
Sal 53
Giac 3,16-4,3
Mc 9,30-37
Gesù sta annunciando sommessamente, ma con schiettezza, il suo destino agli amici più cari, ma l’annuncio rimbalza come su un muro di gomma. Quegli amici, infatti, sono alle prese con le loro beghe: precedenze, carriera, classifiche: Chi è il più grande tra noi? Si aspettano allora che Gesù li sgridi. E invece Gesù non solo non proibisce né demonizza il desiderio di voler essere “il primo”, ma lo incoraggia. Solo rivela una via nuova e diversa per realizzarlo: non a spese degli altri, ma a favore degli altri: Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo e il servo di tutti. E Gesù dà un esempio: compie un gesto di sorprendente tenerezza e di delicata pedagogia. Mette un bambino nel mezzo, lo abbraccia e – possiamo immaginare – gioca con lui: “tutto il Vangelo racchiuso in un abbraccio” (E. Ronchi).
Pagina provvidenziale per l’inizio della vita pastorale in diocesi, nelle parrocchie, nei gruppi, dopo l’estate. In altra pagina del Vangelo – l’abbiamo letta nella settimana scorsa – troviamo Gesù, ancora una volta, alle prese con i bambini: li osserva attentamente mentre giocano sulla piazza e paragona i suoi ascoltatori a quei ragazzi che non si lasciano coinvolgere nel gioco dei coetanei. Mancano di accoglienza e disponibilità.
E noi siamo accoglienti? Partecipiamo al “gioco” che impegna la comunità o preferiamo starcene neghittosamente ai “bordi del campo” a guardare e, Dio non voglia, a criticare? La diocesi ogni anno aggiorna il suo programma, collega le iniziative ad un tema, ripropone cose di sempre e cose nuove. Anche se non è possibile prendere parte ad ogni proposta, portiamo tutto nel cuore e nella preghiera. Intanto facciamo il punto sulla nostra disponibilità all’accoglienza. Sono ormai trascorse un paio di settimane dopo l’invito di papa Francesco alle nostre comunità per farsi carico dei profughi: un movimento che di giorno in giorno si fa più travolgente, una questione che mette in crisi l’Europa. L’appello del papa ci ha scosso; ci si sta interrogando concretamente; si attendono linee d’orientamento.
Gesù ci chiama a “giocare” con lui, con lo slancio dei ragazzi. Giovanni, nel Prologo, annuncia che Dio: A quanti l’hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli. E di loro, in un altro passo, viene detto che accogliendo i fratelli, hanno accolto degli angeli senza saperlo (cfr Eb 13,2).
L’accoglienza è un atteggiamento concreto fatto di ascolto attento a chi parla, di disponibilità a comprendere e, soprattutto, di servizio gratuito: «il tuo problema è il mio problema; mia la tua gioia, mio il tuo dolore; sono con te…». Un programma irraggiungibile? Ci aiutiamo. Una persona mi confidava la sua delusione per non essersi sentita accolta e capita, proprio in parrocchia, nella sua parrocchia. Ho provato a minimizzare quelle disattenzioni come “scivolate”, semplici cadute di stile. Ma nel cuore ho esclamato: «Mio Dio, che la parrocchia non diventi una pista di pattinaggio!!!».