Omelia alla Giornata sacerdotale durante il pellegrinaggio USTAL a Loreto

Loreto (AN), Basilica della Santa Casa, 30 luglio 2021

Gal 4,4-5
Magnificat Lc 1,46-55
Lc 1,26-38

All’epoca ero troppo giovane per capire la portata del dibattito che, dentro e fuori il Concilio Vaticano II, andava infiammando i teologi. Era l’inizio degli anni ‘60. Qualcosa era arrivato anche a noi studenti del Seminario.
Questo il dibattito: scrivere un documento intero del Concilio sulla Madonna oppure dedicarle un capitolo alla fine del documento fondamentale, la costituzione dogmatica sulla Chiesa? Parrà una questione solo tecnica e secondaria. In realtà, la decisione avrebbe orientato la fede della Chiesa circa il “posto” di Maria nella vita, nel culto e nella teologia della Chiesa stessa. A partire dal XVII secolo ci fu tutto un movimento mariano che ha fatto devotamente a gara a chi inventava un titolo inedito in onore della Madonna, o lanciava una nuova festa, o ne affermava un privilegio in più. Lo sforzo del Concilio, invece, si rivolse a ridimensionare gli aspetti devozionali per ricollocare la Madre del Signore all’interno della storia della salvezza, accanto al Cristo, e quindi all’interno della Chiesa: la Madonna è il membro più eccelso, il modello più perfetto, ma non al di fuori, né al di sopra della Chiesa. Maria brilla dello splendore del Verbo incarnato. Ciò che il Concilio insegna di Maria, Vergine, Madre di Dio, non è stato per nulla sminuito, ma semplicemente inserito in una prospettiva che sottolinea, senza equivoci, la sua condizione di creatura, di redenta, di membro del Corpo Mistico.
Riguardo alla Madonna, il Concilio ha tenuto in gran conto l’esigenza di un ritorno alla sobrietà delle Scritture. Così facendo, ha reso la figura della Madonna più grande e più vicina allo stesso tempo. È avvenuto come quando si restaura un quadro togliendo gli strati di tempera più recenti che formano quasi una crosta: l’immagine riappare nello splendore dei suoi colori originali, voluti dall’artista. Penso al restauro della Madonna di Montegiardino (RSM), uno dei quadri più belli che abbiamo sul nostro territorio.
«È la prima volta – disse Paolo VI alla fine dell’ultima Sessione del Vaticano II – che un Concilio ecumenico presenta una sintesi così vasta della dottrina cattolica circa il posto che Maria Santissima occupa nel mistero di Cristo e della Chiesa». È questo il motivo per cui sacerdoti, catechisti, educatori, quando parlano di Maria, partono sempre da quanto di lei si dice nel Nuovo Testamento. È un nuovo modo di parlare di Maria, più essenziale, meno indulgente al sentimentalismo (non che non ci voglia il sentimento…). Si potrebbe dire che il Nuovo Testamento abbia percorso tre tappe successive.

Nel primo momento – in un primo strato del Nuovo Testamento – tutta l’attenzione è concentrata su Gesù, il Cristo. La Madonna è annunciata come colei che genera: «Quando venne la pienezza del tempo Dio mandò suo Figlio, nato da una donna» (Gal 4,4). Appena un accenno, neppure il nome, ma un accenno preziosissimo: la grandezza di Maria sta nell’essere la Madre del Signore.

Nello strato successivo della formazione del Nuovo Testamento si mette in luce Gesù nel suo ambiente; la sua prima predicazione registra una crisi: una parte degli ascoltatori non crede a Gesù, fra questi anche un gruppo di suoi parenti. Gli autori dei Vangeli sono preoccupati di illustrare quali siano i veri legami con Gesù: non quelli della carne e del sangue, ma quelli della fede, di chi ascolta la sua parola e fa la volontà del Padre. In questo contesto Maria viene indicata come la Madre di Gesù, prima discepola. Apparentemente ci sono dei testi sulla Madonna che sembrano riduttivi. «Gesù, qui fuori ci sono tua madre e i tuoi fratelli», dicono i discepoli a Gesù. E lui, volgendo lo sguardo a loro, dice: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? Chi fa la volontà del Padre mio è per me madre, fratello, sorella…». Non è un ridimensionamento di Maria, ma è dire la sua grandezza di discepola. Maria ha concepito il Signore, prima che fisicamente nel suo grembo, nel suo cuore con il suo “sì” alla chiamata del Signore.

Nel terzo strato, a partire dalla comunità di Gerusalemme, si è sentita l’esigenza di incorporare all’annuncio di Gesù anche il racconto delle sue origini umane. Sono i cosiddetti Vangeli dell’infanzia. Nel Vangelo di Luca la Madre di Gesù ha un’enorme importanza: brilla il suo “sì”, risplende l’adombramento dello Spirito Santo su di lei, come un tempo sull’arca durante l’esodo. Luca poi, aprendo il racconto degli Atti degli Apostoli, pone la presenza orante di Maria nel Cenacolo, partecipe alle vicende della Chiesa nascente, madre dei discepoli del Signore (Gv 19,25-27).
Gli scritti giovannei – Vangelo ed Apocalisse – collocano la Madre di Gesù nel mistero della “sua ora”, quella della morte e risurrezione. In questo mistero, con un procedimento di inclusione, Maria è posta all’inizio e alla fine della vita pubblica di Gesù, a Cana quando anticipa “l’ora” di Gesù e sul Calvario. Nell’Apocalisse Maria è la donna vestita di sole. Oso chiamarla Cielo di Dio.
A volte tra i cristiani serpeggia l’obiezione che la Bibbia dica troppo poco di Maria e che sarebbe stata la pietà popolare a sviluppare e imporre dogmi e determinate forme di devozione, sancite poi dall’autorità della Chiesa. Occorrono alcune precisazioni. Non c’è una verità mariana a sé stante, si tratta sempre di verità relative a Cristo o alla Chiesa. Il dogma della incarnazione, ad esempio, include Maria Madre di Dio, quello dell’Immacolata Concezione è dentro al grande dogma della redenzione, quello dell’Assunzione di Maria al Cielo dentro alla grande verità della risurrezione della carne. Non tutto quello che la fede dice di Maria è formulato esplicitamente nelle Scritture, ma ad esse fa riferimento, appoggiandosi alla lettura che ne hanno fatto la Tradizione, i Padri e la Liturgia. La Scrittura, ad esempio, non afferma espressamente l’Assunzione, tuttavia, insieme alla Tradizione, mostra Maria unita alla persona e all’opera del Salvatore; da questa sua unione deriva la sua partecipazione al trionfo glorioso di Cristo. Altrettanto dobbiamo dire dell’Immacolata Concezione di Maria, una qualità implicitamente affermata nel Vangelo, quando riferisce le parole dell’angelo: «Ti saluto (rallegrati), o piena di grazia, il Signore è con te… Hai trovato grazia presso Dio» (Lc 1,28.30). Nella Tradizione della Chiesa il comune senso della fede ha riconosciuto in Maria una incomparabile innocenza e santità, arrivando ad acquisire anche la certezza della sua esenzione dal peccato originale. Maria è figlia di Adamo e nostra sorella, congiunta con tutti gli uomini, bisognosi di essere salvati. Anche lei è stata redenta da Cristo, ma redenta in modo ancor più sublime: «Non viene tirata fuori dal fango come noi; è preservata dal cadervi» (CEI, La verità vi farà liberi, Catechismo degli adulti, n.764).
Siamo qui questa mattina nella casa di Maria, qui dove il Verbo si è fatto carne, dove il Cielo si è unito alla terra. Maria è il punto di tangenza fra il Cielo e la terra, quasi sacramento dell’incontro con Dio e inizio della Chiesa sacramento. Mentre accarezziamo le pietre della Santa Casa, annerite dal tempo, così eloquenti nella loro povertà, così avvolte dal silenzio, rinnoviamo il nostro “sì” (ognuno sa a che cosa riferirsi). Affidiamo alla carità della Madre del Signore ogni nostra preoccupazione, le sofferenze di questi giorni difficili, il desiderio di una ripresa, anzi di una rinascita. La vogliamo pregare con qualcuna delle parole di Dante Alighieri: «Vergine Madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d’etterno consiglio, tu se’ colei che l’umana natura nobilitasti sì, che ‘l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura. Nel ventre tuo si raccese l’amore, per lo cui caldo ne l’etterna pace così è germinato questo fiore. Qui se’ a noi meridïana face di caritate, e giuso, intra ‘ mortali, se’ di speranza fontana vivace. Donna, se’ tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia e a te non ricorre, sua disïanza vuol volar sanz’ali» (Dante Alighieri, Divina Commedia, Canto XXXIII del Paradiso). Così sia.