Lettera aperta…

Rigenerazione
Un pensiero mi ha attraversato la mente. É stato come un lampo, ma l’ho subito scacciato. Questo il dubbio: ce la farà la piccola e nobile Repubblica di San Marino a superare questa crisi, la crisi morale di cui tutti sussurrano, di cui ci informa la stampa?
Una parola ha preso il posto di quel pensiero importuno, la parola rigenerazione.
Talvolta, in passato, s’è tenuto nascosto il male, oggi viene messo in luce. E questo non è, di per sé, un segno positivo? Non dall’esterno, ma dall’interno può avvenire il cambiamento.

E chi ha sbagliato? Ammettiamolo, non sono pochi quelli che ne hanno goduto vantaggi. C’è invece chi si è sentito tradito nella fiducia accordata ad un sistema di cui era all’oscuro. Un’altra cosa è incontrovertibile: in tanti ci siamo disinteressati. “Chi crede di stare in piedi – direi con San Paolo – badi di non cadere”.
 
Rigenerazione vuol dire anzitutto saper trarre profitto dai propri sbagli e ripartire.
È giusto che chi ha sbagliato finalmente si riscatti, riconoscendo l’errore, e dando prova della nobiltà dell’animo che probabilmente non è venuta meno e restituisca.
 
Rigenerazione è mostrare ai giovani la politica come servizio al bene comune, far ritrovare la fiducia nella gente che teme per il futuro ed educare a nuovi stili di vita necessariamente più sobri, ma forse più felici.
 
Rigenerazione significa anche disponibilità al perdono; e perdono non è far finta di niente, al contrario! Comporta da una parte umiltà e dall’altra premura per la verità. Detto meglio: “caritas in veritate”.
In una grande scuola media della nostra Repubblica è stato messo un cartello con una scritta a grossi caratteri: “Meglio una sconfitta pulita, che una vittoria sporca”.
 
Rigenerazione è un appello alla responsabilità per tutti e a ciascuno per la sua parte. Insieme per il bene comune, diversi per le convinzioni, collaborativi nella convivenza delle ragioni. In tutti gli schieramenti ci sono tante persone che vogliono il bene della comunità.
Non dimentichiamo i padri storici della Repubblica, gli ideali comuni, i germi di vita nuova che sono stati messi dentro di noi e le prospettive aperteci dai due grandi papi che ci hanno fatto visita. I cattolici ci stanno, mentre ribadiscono i valori a cui non sono disposti a rinunciare. Non vale dire: viveteli liberamente, ma teneteli per voi! I cattolici amano troppo la loro città per rinchiudersi nelle sagrestie: desiderano, senza arroganza, proporre ciò che, secondo ragione, ritengono il meglio per la società. È un atto di amicizia!
Si può ripartire: non è troppo tardi per restituire alla comunità quanto è stato tolto, per restituire la speranza.

+ Andrea Turazzi, vescovo