Fede che incide nella storia

C’è una immagine che ha fatto il giro del mondo, anni fa, quando Lech Wałesa firmò quel trattato con il potere politico comunista di Varsavia che sanciva la libertà del sindacato Solidarność e che diede l’avvio a quella rivoluzione senza sangue che è stata la vittoria della fede vissuta sul regime inumano voluto da Mosca e accettato dai «compagni» di casa nostra: è quando il sindacalista cattolico usò, per siglare quell’accordo, una penna con una grandissima immagine della Madonna di Czestochowa. Del resto quella immagine accompagnò tutto il cammino di quel sindacato (e del popolo polacco) nella difesa della propria libertà e dignità. Anche se ora è difficile ritrovarla su internet, rimane l’immagine che è sempre stata sul bavero di Lech, e da qui non si può cancellare.
Quella immagine, che mi accompagna da quei giorni, mi ha fatto comprendere con più intensità e partecipazione il significato di quel gesto grandioso che il nostro Vescovo ha voluto per il centenario della apparizione di Maria SS.ma a Fatima, nel lontano 1917. E, ritengo personalmente, che questa iniziativa vada al pari della storica visita di Papa Benedetto XVI alla nostra Diocesi e alla nostra Repubblica.
In questi tempi pare oramai anacronistico parlare di devozione, perché tale parola sembra avere un risvolto intimistico e sentimentale (pur non essendo tale il suo significato originale).
Parliamo allora di culto mariano, cercando nel «coltivare» e nella «cultura» le radici di questo avvenimento che ci interroga e che si svolgerà il 13 maggio prossimo.
Mi aiuta a ripensare questo gesto una riflessione che ho appreso da Don Giussani: «In una storia in cui Dio si è incarnato, come prova del suo amore per gli uomini, l’essere impegnati nei problemi che il tempo ci pone è la prima forma di carità… Per questo un cristiano non può testimoniare l’annuncio acquietandosi nella facile affermazione della sua fede: la religiosità autentica che Gesù ha portato nella storia umana, e che la sua Chiesa continua a proporci, è profondamente incidente sulla storia». Possiamo così vivere questo atto di consacrazione al Cuore immacolato di Maria come la forma più autentica di amore all’uomo, al suo destino e a tutta l’umanità intera. Maria, la Madre di Gesù, considerata «Auxilium Christianorum» (e qui, in una terra che ha accolto con cuore aperto la presenza della famiglia di San Giovanni Bosco, tale titolo mariano ha ancora più risonanza nei nostri cuori) è all’origine della fioritura, nel nostro popolo, di opere di carità e cultura, di fede integra e compassione caritatevole. Vittoria sul male e sconfitta della riduzione del cristianesimo a ideologia (non per niente gli antichi dicevano «cunctas haereses sola interemisti in universo mundo» – tu hai sconfitto ovunque le falsificazioni eretiche della fede) ecco che da questo gesto tutti attendiamo la ripresa di una vita personale e comunitaria in cui prevalgano il bene, la verità e la misericordia. Non solo, ma guardando a Maria come colei che ha educato Gesù nella sua umanità, Le chiediamo di accompagnarci nel cammino così urgente della educazione dei nostri giovani. Tra loro troviamo tanti segni di speranza e tante esperienze di fallimento.
Sarà Maria, a cui consegniamo la nostra vita e i nostri cari, all’origine di una riscossa, di un sussulto di umanità? Non solo lo spero, ne sono certo, soprattutto vedendo i frutti che la recita del Rosario (come la ripresa della Adorazione eucaristica in molte parrocchie della nostra Diocesi e la presenza oramai decennale delle Monache dell’Adorazione eucaristica) porta nella vita delle nostre comunità.
E chissà se questa rinata esperienza della «devozione» mariana ci farà capaci anche di incontro e testimonianza con i nostri fratelli mussulmani. Questa sarà autentica accoglienza e integrazione.
(don Gabriele Mangiarotti)